Arace: ora una sinistra di cambiamento e concretezza

Con la nascita dell'associazione Si Può, ad Avellino si cercherà di sperimentare nuovi perorsi politici.

«Facciamo politica per cambiare concretamente la realtà che viviamo, non per ragionarci sopra e poi darci ragione da soli». Ad affermarlo è Nadia Arace, capogruppo di Si Può al Comune di Avellino, che sabato sarà impegnata nell’assemblea fondativa dell’omonima associazione. Un appuntamento che coinvolge diverse forze politiche (Sinistra italiana, Possibile e Rifondazione) con l’obiettivo di costruire un percorso comune.

Con la consigliera abbiamo discusso delle prospettive della sinistra in città e nel Paese.

Arace, la lista ed il gruppo consiliare Si può diventa un vero e proprio progetto politico. Ci si prepara per le prossime scadenze elettorali in città?

«Abbiamo mantenuto fede all’impegno assunto nell’ultima campagna elettorale di costituire un luogo comune nel quale far confluire le esperienze maturate. Lo facciamo, avviando una fase costituente pubblica. Sarà una forza aperta alla società civile. Un percorso che anche altre realtà nell’alveo della sinistra stanno effettuando. Evidentemente avevamo visto giusto: le convergenze si costruiscono nella pratica quotidiana sul territorio, affrontando i problemi concreti, senza però derogare ai principi ideali, a partire dall’attenzione verso gli ultimi e gli invisibili. Questo non significa ovviamente non dare importanza alla rappresentanza, che consideriamo una opportunità per incidere nei processi decisionali delle istituzioni».

Guardandosi intorno sembra prendere quota la dimensione del civismo. E’ così?  

«Il nostro esperimento non annulla le storie politiche di ognuno. Il progetto è uno spazio condiviso nel quale le differenze non scompaiono. Non è un contenitore che serve ad occultare le identità. Contemporaneamente infatti continuiamo i percorsi nelle nostre comunità di riferimento. Siamo inoltre pronti a dialogare e confrontarci con le diverse iniziative che si muovono nell’area progressista. I segnali di dinamismo che emergono in città vanno giudicati positivamente, significa che non è soltanto un deserto».

Altri progetti politici unitari, sul piano locale e nazionale, come Leu invece sembrano arenarsi. Come mai?

«Liberi e uguali è ormai alle spalle di tutti noi. La risposta alla complessa e delicata fase storica che stiamo vivendo, con un governo composto da forze politiche che giocano pericolosamente con la rabbia delle persone, speculando sui disagi e sulla disperazione, per mero calcolo elettorale e per alimentare carriere personali, in una fase in cui in tutta Europa si fanno largo spinte retrive o nell’America di Trump si afferma la logica dell’esclusione e dell’omologazione, non si può più pensare che la sinistra si rilancia semplicemente con una nuova sigla».

Dunque, in quale direzione bisognerebbe muoversi?

«Non è un problema di consenso della sinistra politica, o non solo quello, ma anche e soprattutto una profonda crisi culturale, di riferimenti, di partecipazione democratica, di diritti. I sistematici attacchi alla scuola pubblica hanno lasciato il segno. E’ la convivenza civile che è venuta meno, l’idea di solidarietà. L’orizzonte progressista si è quindi frantumato».

Anche nel Pd, almeno in parte e non senza contraddizioni, è iniziata una riflessione sul modello politico, sulla strategia, sulle alleanze, oltre che sulla leadership, che si intende seguire. La proposta di Nicola Zingaretti è recuperare i valori riformisti e progressisti, non senza una critica serrata alla linea di Renzi. Le vostre strade potrebbero incrociarsi, in una sorta di campo allargato?

«La debolezza politica non può essere la ragione che spinge a creare un’alleanza. Non hanno senso le scelte unicamente volte alla sopravvivenza, soprattutto quando si consumano processi della portata di cui dicevamo. In ogni caso, la premessa indispensabile ad un qualunque ragionamento, non potrebbe che essere una seria ed impietosa disamina critica degli errori commessi, delle politiche liberiste degli ultimi governi, della macelleria sociale che hanno determinato, del renzismo e della linea politica dell’indistinto, intrapresa dal Pd».

Quali dovrebbero essere i riferimenti della sinistra?

«Di sicuro non le scelte di convenienza, le mediazioni al ribasso o peggio ancora la rincorsa della destra sul suo terreno come ha fattp il Pd. Al contrario penso sia tempo di ritrovare e rafforzare punti fermi, sperimentando con coraggio nuovi percorsi. Serve una critica radicale all’esistente, un radicalismo che non significhi isolamento ed elitarismo».

Una delle critiche che da alcune parti viene mossa nei confronti della sinistra è che ormai sarebbe distante dalle esigenze popolari.

«La sinistra non deve dimenticarsi di segmenti della società che sicuramente sono stati trascurati. Troppo spesso le organizzazioni della rappresentanza politica e sindacale si sono attardate su strumenti, categorie e analisi che non rispondevano più alla realtà, alle trasformazioni in atto. C’è un precariato esistenziale che è assolutamente trasversale e diffuso. I luoghi delle contraddizioni e dei conflitti non sono più soltanto la fabbrica, ma anche i call center, le redazioni dei giornali, il mondo delle professioni creative. C’è una regressione dei diritti spaventosa. Bisogna difendere le conquiste del passato e procedere verso nuovi obiettivi. Dobbiamo guardare ai bisogni insoddisfatti, dalla sanità ai trasporti, che rendono minano la vivibilità quotidiana dei cittadini».

 

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