Mancano i numeri per dichiarare il dissesto al Comune di Avellino. Al momento non ci sarebbe il supporto dell’Ufficio di Ragioneria, né la disponibilità di una maggioranza in Consiglio per votarlo. I segni di cedimento evidenti nello schieramento che sostiene il Sindaco Vincenzo Ciampi completano il quadro di una amministrazione che appare evidentemente giunta al capolinea.

A piazza del Popolo tra pochi giorni il Consiglio dovrà prendere atto del rendiconto di gestione, che certifica una esposizione da fronteggiare. Ma con ogni probabilità i gruppi ratificheranno le indicazioni dell’Ufficio, che secondo indiscrezioni avrebbe già pronto un piano per spalmare l’ammontare da coprire in un periodo inferiore ai vent’anni, comunque superiore ai quindici anni. Se questa fosse la linea definitiva, il Comune di Avellino sconfesserebbe totalmente quello che si era descritto come l’esito del voto, presentato agli elettori come la svolta politica che avrebbe consegnato la città di Avellino alla responsabilità di una squadra politicamente responsabile nella sua azione di riassetto radicale di ciò che era stata l’esperienza precedente.

Il palazzo degli uffici in piazza del Popolo, sede della amministrazione comunale di Avellino

Alla vigilia del lungo ponte dedicato alla commemorazione dei defunti e alla festa di Ognissanti è trascorsa improduttiva l’ultima giornata di lavoro pieno disponibile in questa settimana, visto che domani gli uffici chiuderanno poco dopo l’ora di pranzo. E l’amministrazione prosegue sui temi finanziari esattamente come aveva cominciato, cioè senza assumere responsabilità concrete.

IL RICORSO AL DISSESTO NON È  DISCREZIONALE. Alla base dello stallo c’è il merito della questione, il dissesto finanziario, introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano con l’articolo 25 del Decreto Legge 2 marzo 1989. Anche se in seguito questo istituto si è modificato, seguendo un’evoluzione che lo ha portato a trovare il maggiore equilibrio possibile fra i diritti dei cittadini e i diritti dei creditori dell’ente, esso può essere dichiarato solo in presenza di condizioni precise stabilite dalla legge. In particolare, l’art. 244 del Testo Unico D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che «si ha dissesto finanziario quando il Comune non è più in grado di assolvere alle funzioni ed ai servizi indispensabili» oppure «quando nei confronti dell’ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio, né con lo strumento del debito fuori bilancio». Affermare che non si possa fronteggiare l’esposizione con il mezzo ordinario è da dimostrare e poi da sostenere con i numeri in Consiglio comunale. Per questo, è impensabile immaginare di poter arrivare a dichiararlo senza il coinvolgimento del Consiglio Comunale prima di andare in aula, così come appare evidente che, senza un preventivo confronto aperto a tutte le forze, il Consiglio dovrà necessariamente sposare la linea degli Uffici, frutto di una analisi tecnica delle cifre reali presenti nel documento finanziario approntato dal commissario prefettizio, nel patrimonio dell’ente, nelle sue potenzialità in termini di riorganizzazione della spesa, delle entrate e dei flussi.

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