Scompare la famiglia ad Avellino. Crollo delle nascite in Irpinia: 3 neonati ogni 5 decessi

PERSI 28 ABITANTI IN 10 ANNI. SENZA I 9MILA STRANIERI PRESENTI SALDO PEGGIORE. «L’alto tasso di disoccupazione giovanile è un ostacolo alla natalità e alla crescita», scrive la Cgil in una nota, lanciando l'allarme del decremento demografico. Fiordellisi: senza correttivi scomparirà un'intera provincia.

Crollo delle nascite in Irpinia: solo tre nascite ogni cinque decessi. In dieci anni sono morti 5000 residenti mentre sono nati solo 3000 irpini. Associato alla fuga dei giovani il risultato è di una provincia che in dieci anni ha perso 28mila abitanti.

Lo riferisce la Cgil di Avellino, che sottolinea come il dato sarebbe ancora peggiore senza gli stranieri. Grazie alla popolazione di immigrati presenti, circa 9mila, 1480 dei quali sono i rifugiati che vivono nei centri Sprarr, il saldo negativo resta al di sotto delle trentamila unità perse.

Il problema non è solo la fuga di chi decide di andare via, ma la condizione di povertà di chi resta. I giovani non possono formare famiglie. La diminuzione della popolazione non avviene solo per l’emigrazione, ma per la incapacità del territorio di offrire i mezzi di sussistenza.

Il segretario provinciale della Cgil, Franco Fiordellisi

«L’alto tasso di disoccupazione giovanile è un ostacolo alla natalità e alla crescita, che senza correttivi determinerà un impoverimento di natura previdenziale nel futuro, che rischia di pregiudicare la tenuta sociale del Paese», scrive Fiordellisi in una nota. Rispetto a questa situazione, non bastano strumenti di assistenza al reddito, serve lavoro.

«Bene gli interventi tampone per dare dignità con un reddito, ma chiediamo che si lavori per nuovi ammortizzatori sociali, per contratti di solidarietà espansivi che, a fronte di riduzioni orarie di lavoro, determinino l’ingresso di giovani e neo laureati nel mondo del lavoro anche con apprendistato. Per tutto questo, sono necessari investimenti pubblici per creare lavoro dignitoso».

La fuga resta comunque un problema di fondo. «In Irpinia vanno via ogni anni circa 2mila giovani tra i 15 e 34 anni: è un vero dramma, un allarme sociale», ricorda Franco Fiordellisi. «I dati sull’emigrazione giovanile restituiscono un quadro preoccupante: in Irpinia, siamo passati da 439mila 565 residenti nel 2008 a 411mila 634 nel giugno 2018 compresi i poco più di 9mila stranieri e tra questi i 1480 immigrati rifugiati che vivono negli Sprar e nei Cas, con un differenziale negativo tra mortalità (circa 5mila anno) e natalità (3mila anno)».

Per la Cgil «lo spopolamento ai limiti della desertificazione è causato dal fallimento dei programmi di industrializzazione seguiti al terremoto del 1980 e di tutta la classe politica che ha governato i nostri territori». La mancanza di reddito è il problema vero di un territorio dove non è più possibile per i giovani progettare una famiglia. «Una provincia in cui la disoccupazione giovanile supera il 50% e dove in tantissimi, quando non stanno preparando le valige per andare via, sopravvivono con lavori in nero o precari. Migliaia di persone a cui sono stati rubati i sogni, a cui è impedito vivere in maniera propositiva, stabile e di qualità in questo territorio».

Per tutte queste ragioni, prosegue la Cgil «si dovrebbero fare investimenti ben sopra la soglia del 34% legata alla popolazione residente. La domanda di lavoro che c’è, anche se scarsa per l’Italia, per il Sud risulta quasi inesistente, ma chiarito questo è fondamentale scommettere sulle giovani generazioni. Dobbiamo dare elementi utili ad affrontare l’innovazione, potenziare le capacità digitali, abilità 4.0, di tutte queste elevate competenze si parla molto, ma riguardano ancora una quota assolutamente minimale e parziale del sistema produttivo».

Secondo Fiordellisi «servono politiche industriali, investimenti, sostegno alla qualità del lavoro e al suo riconoscimento sociale ed economico. Come nel passato, le proposte del Governo non affrontano il nodo vero della mancanza di lavoro e di una seria politica di investimenti per il Mezzogiorno».

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