Provincia di Avellino. La sede nello storico Palazzo Caracciolo di piazza Libertà

A quaranta giorni dal voto per rinnovare le elezioni provinciali il Pd irpino appare lacerato al suo interno. In particolare ad Avellino si respira una tensione crescente dovuta alla mancanza di un confronto tra le diverse componenti. Pur avendo sulla carta i numeri per eleggere un proprio candidato, grazie ai meccanismi del voto ponderato e alla maggiore rappresentanza nelle istituzioni locali, per ora le varie anime sembrano impegnate a consumare partite autonome, occupando spazi. In queste ore i giornali vicini alla Destra e al Movimento Cinque Stelle, a partire da Il Fatto Quotidiano, parlano di aria di smobilitazione nel popolo dei Democratici. Sarebbe l’effetto di una causa maturata nel dicembre 2016, la mancanza di una leadership dotata di una visione precisa di cosa fare.

A Roma come ad Avellino non regge più la soluzione tampone di una segreteria ponte per tentare di guadagnare tempo prima di assumere decisioni. La gente chiede chiarezza sull’assunzione di responsabilità.

Se a livello nazionale Maurizio Martina non incarna la leadership in grado di parlare al Paese, essendogli preclusa la possibilità di svolgere un ruolo concretamente rappresentativo del suo partito tale da consentirgli di assumerere autorevolmente impegni, a livello locale non è tanto diverso. Il muro alzato dal congresso tra due parti, rischia di ridimensionare definitivamente la caratura di una forza politica chiamata a difendere molte delle sue rappresentanze chiamate al voto di primavera per i Comuni.

LA LOTTA TRA LE NUOVE CORRENTI EMERGENTI. In queste ore l’ex Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi è intervenuta nel dibattito suscitato dal Presidente del suo partito, Mario Orfini. «Sono contraria a questa ipotesi di scioglimento del Pd», ha detto rispondendo alle domande nel corso de “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24. Più che sciogliere il partito, ha proseguito, «dobbiamo smetterla di litigare al nostro interno e forse dovremmo sciogliere le correnti, non il Pd». Queste parole sembrano rendere adeguatamente anche la situazione sul terreno in Irpinia. Se si può leggere in corso un confronto generazionale contro le ragioni di retaggio politico, l’impressione è che c’è chi voglia tenere il partito diviso con l’unico scopo di far prevalere alcuni equilibri rispetto ad altri, ma anche di cristallizzare posizioni di vantaggio maturate con il crollo delle rappresentanze.

Lo schema vale a Roma come in periferia, ma ad Avellino il giochetto rischia di consegnare le chiavi del consenso alle forze emergenti ormai al governo del Paese.

Questo cruento campo di battaglia dentro il Pd irpino è celato bene in queste ore da due schermi risultati fin qui molto efficaci. Da un lato, la lunga crisi al Comune di Avellino, culminata nel congelamento della sfiducia contro il Sindaco, dall’altro un gruppo dirigente sprovvisto dei numeri sufficienti per poter assumere iniziative. In entrambi i casi, prevale il non fare. La crisi di Ciampi e il contenzioso giudiziario seguito al congresso Pd offrono il pretesto di buone ragioni per evitare il superamento delle divisioni, che riporterebbe le componenti minoritarie su posizioni non decidenti.


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Il titolo dedicato da Nuova Irpinia Settimanale alla apertura dei Popolari di De Mita verso il Pd in vista delle provinciali

SENZA LINEA. Il risultato è l’immagine di un partito che non sa dove andare e con chi costruire ponti per aumentare il consenso reale sul territorio.

I tentativi di porre rimedio a livello nazionale come nel contesto locale non hanno sortito esito. Sembra si stia giocando il secondo tempo della lotta fratricida che ha portato i Democratici irpini a perdere l’intera deputazione locale per la prima volta dalla nascita de L’Ulivo ventitré anni fa. In vista del 4 marzo, per le poche candidature disponibili si era creato un discreto affollamento di pretendenti, apparentemente ridotto dall’esito disastroso risultato del voto politico. In realtà gli stessi attori restano in campo direttamente o indirettamente nel tentativo di mantenersi nella scia utile per poter cogliere l’attimo decisivo al momento giusto.

Tutto questo pone a forte rischio la possibilità di stringere accordi elettorali in grado di garantire un successo a Palazzo Caracciolo, a vantaggio dei trasversalismi che già nel 2013 fecero perdere al Sindaco di Avellino Paolo Foti la presidenza della Provincia, a vantaggio del sindaco di Ariano Domenico Gambacorta.

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