La sede del Comune di Avellino e la Torre dell'Orologio, simbolo della citta capoluogo

Da quasi mezzo secolo, da quando nei primi mesi del 1970 fu tra i primi crocevia italiani della collaborazione istituzionale tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, la città di Avellino ha proposto nel suo Consiglio comunale un laboratorio politico di respiro nazionale.

Una tradizione che pare confermarsi anche con questa tornata elettorale amministrativa, stando all’esito del primo turno.

In anticipo rispetto al quadro generale, come accadde per esempio nel 1970 con l’Alleanza Democratica e nel 1995 con il Centrosinistra de L’Ulivo, Avellino tiene a battesimo il prototipo di uno schieramento destinato ad affermarsi nel Paese come soggetto riformista, europeo ed atlantista, fondato sulla continuità dei principi democratici costituzionali in contrapposizione con le esperienze cosiddette anti sistema, che attualmente costituiscono la maggioranza di governo nel Parlamento Italiano.

Ad Avellino lo schieramento è nato dalla convergenza delle varie articolazioni del vecchio Centrosinistra intorno ad un Partito Democratico ritrovatosi nella sfida elettorale oltre le divergenze interne. Analizzando liste ed eletti in pectore si nota che in larga parte si tratta di esponenti della società civile con trascorsi più o meno recenti da amministratori locali, in larga parte collegati alla storia de L’Ulivo, del Partito Popolare, dei Diesse, dell’area socialista, ambientalista e riformista.

In buona sostanza, con questo voto si è riaggregato nelle persone il Pd delle origini, a dieci anni dalla sua fondazione ‘per la difesa e la riqualificazione della democrazia rappresentativa nel Paese’.

È quanto l’ex premier Paolo Gentiloni auspica accada a livello nazionale, attraverso la costruzione di un fronte repubblicano in grado di riproporre nei principi e nella prassi una cultura di governo innovativa negli obiettivi, solidale e responsabile nei confronti dei cittadini e dei partner e interlocutori europei e internazionali, affidabile nella sua continuità con il solco tracciato dai Costituenti in Patria e nel Continente.

Il tentativo messo in atto ad Avellino, salutato dal favore di un elettorato che ha tolto consenso alle forze gialloverdi a vantaggio del polo democratico e popolare, risulta già maggioritario al primo turno, come dimostra il 53 per cento abbondante raccolto dalle liste, in attesa di verificarne l’esito definitivo al ballottaggio per la elezione del Sindaco.

Esso dimostra con evidenza la imprescindibilità dell’unitarietà in questo campo politico, al di là di una legittima dialettica che non può valicare il confine tra politica e istituzioni.

Se il candidato Nello Pizza otterrà dagli avellinesi il mandato ad amministrare la città, dovrá farlo occupandosi dei problemi, proponendo soluzioni su cui costruire il consenso nel Consiglio comunale, ricercando le necessarie solidarietà politiche.

Alle forze che lo hanno sostenuto competerà rafforzare il quadro di indirizzo politico, ampliare le prospettive della compagine amministrativa ispirandone con le idee e il dibattito l’azione riformatrice e il confronto istituzionale. Ma non dovranno interferire nelle scelte, riservandosi il diritto di giudicare i risultati nei tempi e nei modi stabiliti dal percorso democratico.

Nella genesi di questa alleanza sui valori c’è già la separazione delle funzioni.

A supporto di un Sindaco chiamato ad avvicinare opinione pubblica e politica, cittadini e istituzione, c’è un Consiglio comunale – già eletto dal corpo elettorale – destinato a volare alto, a scrivere la storia di Avellino nel prossimo decennio, per contribuire a rilanciare dalle zone interne il Mezzogiorno.

Sullo sfondo il percorso politico che il fronte repubblicano, a partire da un Pd che ne sarà certamente il perno centrale,  dovrà compiere ad Avellino, a Roma e nel Paese, se vorrà riportare l’Italia dei Costituenti al tavolo europeo per la nuova fase dell’Unione.

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