Alto Calore, Ciarcia: “Senza ricapitalizzazione la prospettiva è il fallimento”

Il nuovo amministratore unico dell'azienda idrica non ha dubbi sulla strada da seguire per il risanamento dei conti della società pubblica. L'appello ai sindaci, in vista della prossima assemblea. Il nodo della gestione del servizio sarà affrontato successivamente. Diverse le opzioni in campo.

Michelangelo Ciarcia, amministratore unico dell'Alto Calore Servizi, gestore idrico in Irpinia e gran parte del Sannio

Acs: senza la ricapitalizzazione la prospettiva è il fallimento.

«Siamo giunti ad uno snodo fondamentale per le sorti dell’Alto Calore». Il presidente dell’Acs, Michelangelo Ciarcia, non ha dubbi sulla strada che è necessario imboccare per avviare il risanamento finanziario dell’azienda: una ricapitalizzazione di 25 milioni di euro. Il provvedimento sarà discusso e votato dai sindaci nella prossima assemblea dei soci, che si terrà agli inizi di novembre.

Presidente, qual è la situazione dell’azienda?

«Particolarmente compromessa. C’è una notevole esposizione debitoria che si trascina da molti anni. Per poter andare avanti bisogna effettuare un aumento di capitale. In caso contrario ci sarà il collasso. Le banche ci chiuderanno le linee di credito e bisognerà mettere in liquidazione l’azienda. Bisogna, dunque, mettere da parte tutte le divisioni ed andare nella stessa direzione».

Il sindaco del Comune di Avellino ritiene però insostenibile la sua proposta per le casse dell’ente. Come risponde?

«Ho qualche ragionevole dubbio che possa essere così. In questi giorni sto cercando di spiegare ai sindaci soci dell’Acs che, nonostante le difficoltà delle amministrazioni locali, è possibile compiere questo sforzo. La quota dovrà essere versata soltanto il prossimo anno, avendo tutto il tempo di programmarla in bilancio, ed è possibile farlo anche a rate. In caso contrario, ripeto, non c’è che il fallimento e per i Comuni sarebbe sicuramente peggio».

Ci spieghi…

«Gli enti soci dell’Acs vantano dei crediti, anche consistenti, che sono da tempo congelati, e che in futuro sarà possibile recuperare. Se l’azienda dovesse essere liquidata queste somme andranno perse ed i Comuni dovranno inserirle in bilancio come voci negative».

La sede dell’Alto Calore, in corso Europa ad Avellino

Non c’è, dunque, nessuna alternativa?

«Direi proprio di no».

In caso di via libera alla proposta, come si procederà?

«Stiamo approntando un piano di risanamento triennale, che ci porterà in un condizione molto più agevole, tenendo conto che l’attività di esercizio si chiude in pareggio. La massa debitoria è notevole e non potremo estinguerla nel giro di qualche anno, ma alleggeriremo notevolmente la situazione. In questo lasso di tempo è previsto il pensionamento di 100 dipendenti, che comporterà il risparmio di 5,5 milioni di euro. Ridurremo la spesa del principale costo d’esercizio, l’energia elettrica. Per gli interventi di riqualificazione delle reti, invece, è in arrivo uno stanziamento dalla Regione di 60 milioni di euro in tre anni. Infine, è previsto anche un aumento tariffario».

Bisognerà poi decidere in quale direzione muoversi per la gestione del servizio idrico.

«Sì, certamente. Una azienda in difficoltà avrebbe pochi margini decisionali e non sarebbe affatto appetibile come partner in una qualunque operazione. Affrontata la questione finanziaria perciò potremo compiere la scelta più opportuna. A decidere saranno i soci. Ci sono diverse ipotesi: mantenere gli assetti attuali, vendere il 49 per cento delle quote ad un privato come Acea, costituire una nuova società con soci pubblici o privati o cedere l’attività di gestione, il che comporterebbe lo sdoppiamento dell’oggetto sociale e, quindi, la necessità di duplicare la società. Sarebbe un po’ un ritorno al recente passato. Vedremo».

 

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