È oramai una necessità per la stabilità e la sicurezza dell’Italia e del Vecchio Continente proiettarsi verso gli Stati Federati d’Europa. Il Cav. Dott. Pietro Vasaturo, europeista, allievo e poi collaboratore del compianto Prof. P. Sarli -storico – IUO di Napoli, ne spiega le ragioni nella riflessione che segue.

Pietro Vasaturo

VERSO GLI STATI FEDERATI D’EUROPA: UNA NECESSITÀ PER LA STABILITÀ E LA SICUREZZA (di Pietro Vasaturo).  Negli ultimi anni, la guerra in Ucraina e la crescente instabilità geopolitica hanno messo in luce tutte le fragilità dell’Unione Europea. Con la recente rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, il quadro internazionale ha subito un’ulteriore svolta, costringendo l’Europa a fare i conti con la propria autonomia strategica. Di fronte a queste sfide, la soluzione non può che essere una maggiore integrazione, fino al superamento degli egoismi nazionali e alla creazione degli Stati Uniti d’Europa.
L’Italia e il ruolo della leadership politica. In questo contesto, il governo italiano, con Giorgia Meloni al comando, ha cercato di mantenere una posizione moderata e pragmatica, evitando scivoloni ideologici. Tuttavia, se l’Italia vuole avere un ruolo centrale nel futuro europeo, è fondamentale che la premier coinvolga tutti i leader di partito in un dibattito costruttivo e condiviso. L’unità politica è essenziale per dare forza e credibilità alle azioni italiane in Europa e sulla scena internazionale. Per quanto attiene all’Italia, questa drammatica situazione non può essere motivo di scontro per aumentare i consensi elettorali. Un atteggiamento del genere potrebbe avere effetti simili a quelli di scelte politiche divisive che hanno portato a isolamento e instabilità istituzionale, come nel caso della Brexit o delle crisi di governo che hanno segnato la storia recente del nostro Paese.
Adeguare la difesa senza creare allarmismi. Un altro punto cruciale riguarda la difesa. In un mondo sempre più instabile, l’Europa deve necessariamente rafforzare le proprie capacità militari, ma senza alimentare il timore di un’escalation. Parole come “riarmo” possono generare diffidenza e divisioni, mentre un approccio più cauto, parlando di “adeguamento delle forze armate”, potrebbe favorire un consenso più ampio. Inoltre, è essenziale chiarire un concetto che troppo spesso viene lasciato nell’ambiguità: l’Europa e l’Italia non sono in guerra con la Russia. Questo principio si ricollega a una regola fondamentale della diplomazia: nessun popolo in difficoltà deve essere umiliato pubblicamente. Né la Russia di Putin, con i suoi secoli di esperienza diplomatica, né la millenaria cultura politica della Cina né la grande cultura americana ricorrerebbero mai a una strategia di schiacciamento morale di una Nazione in difficoltà. La diplomazia, per definizione, deve mantenere un equilibrio anche nelle crisi, come i Romani ben sapevano: ai popoli vinti o dissidenti non veniva mai inflitta un’umiliazione pubblica, a meno che non fossero animati da un odio inconciliabile verso Roma, tale da giustificare la loro completa distruzione.
Il vero vincitore: la Cina. Mentre l’Occidente si concentra sul contenimento della Russia, chi sta realmente guadagnando terreno è la Cina. Pechino, con una strategia silenziosa ma inesorabile, sta consolidando la propria egemonia economica e politica, approfittando delle debolezze politiche dell’Europa e, forse, degli Stati Uniti. Questo deve far riflettere i leader europei: senza una politica unitaria e un’azione comune, il Vecchio Continente rischia di rimanere schiacciato tra le superpotenze globali. Non bisogna enfatizzare troppo l’episodio dell’incontro tra Trump e Zelensky nello Studio Ovale. L’America non mira all’isolazionismo: lo ha già sperimentato in passato e ne ha pagato le conseguenze. Anche la Russia, del resto, conosce questa lezione storica: chi viene aggredito, alla fine, vince. La Seconda Guerra Mondiale ne è la dimostrazione: i russi, con milioni di perdite, hanno respinto i nazisti dal loro territorio. Anche in Italia, durante la guerra, l’Esercito (tra l’altro male armato) non voleva combattere contro Paesi amici con cui eravamo stati alleati solo pochi decenni prima, eppure il coraggio dei partigiani ha dimostrato che chi è invaso lotta fino alla fine per la libertà, anche con mezzi militari minimi. Non bisogna ricadere negli errori del passato, vedi gli effetti del Trattato di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918 o il Trattato di Versailles firmato il 28 giugno 1919 (per citarne solo alcuni). Il loro effetto fu la pace immediata, ma l’inizio di rancori tali da portare al secondo conflitto mondiale. La storia insegna, mai mortificare troppo i popoli vinti. L’amicizia con gli USA non viene messa in discussione dal cambio di politica post-elettorale degli stessi, così come gli stessi certamente non credono veramente di staccarsi dal vecchio continente. In particolare, bisogna tenere conto che Secondo il censimento degli Stati Uniti del 2010, circa 17,2 milioni di americani si sono identificati come italoamericani, rappresentando il 5,5% della popolazione totale. Tuttavia, alcune stime suggeriscono che il numero effettivo possa essere più elevato, arrivando fino a 26 milioni, considerando anche coloro che possiedono solo parzialmente origini italiane.
Litigare fa anche bene, minacciarsi non è bene. Questo vale anche per la Russia. Ci mancano i rapporti culturali ed economici con un popolo da sempre amico. I contrasti vanno risolti con il dialogo ed il reciproco rispetto. Vale anche per la Cina, quella non solo di Marco Polo. Ricordate, il pianeta Terra è molto piccolo e non sapremmo dove andare (per ora).
Una sfida da raccogliere. L’Unione Europea si trova a un bivio storico. Continuare con la frammentazione attuale significa condannarsi all’irrilevanza. Procedere verso una vera unione politica, economica e militare potrebbe invece garantire all’Europa un futuro di stabilità e prosperità (salvaguardando la sovranità di ogni Paese membro che ne fa o farà parte, Turchia, Jugoslavia e paesi dei Balcani, Albania, ecc.. ,). Ma per farlo serve coraggio, visione e una classe politica capace di superare gli interessi particolari a favore di un bene comune più grande. La formula, a mio giudizio, più realizzabile è: “Federazione degli Stati Uniti d’Europa”. Spesso l’Italia è stata considerata la Cenerentola dell’Unione Europea, ma questa percezione è stata alimentata da Stati che, pur avendo problemi strutturali più gravi, sono riusciti a celarli abilmente grazie a una comunicazione politica efficace. Questo atteggiamento ha spesso relegato il nostro Paese a un ruolo marginale, ma oggi più che mai è necessario ribaltare questa narrazione e rivendicare un ruolo centrale nella costruzione del futuro europeo. Gli Stati Federati d’Europa non sono più un sogno utopico, ma una necessità storica. La vera domanda è: chi avrà il coraggio di guidare questo processo?


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Brexit, Cina, Donald Trump, Giorgia Meloni, Napoli, Nato, Occidente, Pechino, Pietro Vasaturo, Stati Uniti d’America, Unione Europea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verso gli Stati Federati d’Europa: una necessità per la stabilità e la sicurezza

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