Gerardo Bianco commemorato alla Camera dei Deputati

Nell'aula di Montecitorio che lo ha visto protagonista per quarant'anni l'omaggio del Parlamento ad un esponente di primo piano della Dc e delle istituzioni democratiche della Repubblica

Gerardo Bianco, tra i fondatori de L'Ulivo. Docente universitario e scrittore, ha pubblicato tra l'altro "La Balena Bianca. L'ultima battaglia 1990-1994" e "La parabola dell'Ulivo. 1994-2000".

Il Presidente della Camera Lorenzo Fontana ha commemorato nell’aula di Montecitorio Gerardo Bianco. Rinnovando, anche a nome dell’Assemblea, le espressioni della partecipazione al dolore dei familiari dell’onorevole irpino recentemente scomparso, ne ha ricordato la figura, invitando, quindi, l’Assemblea ad osservare un minuto di silenzio.

Gli interventi

ENRICO LETTA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Grazie per aver ricordato la militanza politica, i ruoli istituzionali e la passione di una personalità di straordinaria intensità, che ha lasciato una traccia profonda nella politica italiana. Gerardo Bianco è stato per tutti questi anni un punto di riferimento per tanti di noi. La comunità delle democratiche e dei democratici si stringe attorno alla sua famiglia, ne ricorda l’esemplare personalità, il percorso politico sempre lineare, l’impegno straordinario. Un uomo dalla profonda cultura che ha vissuto a cavallo di questo secolo, ha inciso, ha lasciato segni profondi nella vita del nostro Paese. Come lei ha ricordato, non è stato solo – come alcuni giornali hanno voluto sinteticamente raccontare – un democristiano, un democristiano DOC, no, questo è un modo troppo semplice per definire una personalità che è riuscita a rappresentare al meglio quella storia politica e poi è riuscita, dopo, quando si è entrati nella seconda Repubblica, a costruire con impegno scenari che sono ancora quelli che governano quest’Aula parlamentare e la politica italiana. L’ha fatto con coraggio, assumendosi grandi responsabilità, sempre capace di sorprendere, mai banale, mai a guardare dall’alto in basso, sempre in grado di stare con tutti, con la rara capacità che in politica hanno pochi, cioè quella di far prevalere l’ascolto sulla parola, la capacità di ascoltare, la capacità di interagire con tutti coloro con i quali entrava in contatto. È stata una personalità, signor Presidente, la voglio ricordare così, la persona di Gerardo Bianco, capace di tenere insieme polarità diverse e portarle sempre verso una sintesi più avanzata, sempre così, è riuscito a non far mai sì che queste sintesi avanzate fossero profezia solitaria, sempre, che fossero un disegno collettivo, insieme alle tante persone con le quali ha condiviso i passaggi più difficili, più coraggiosi e più complessi della vita politica. Era profondo in tutte le sue argomentazioni, ma riusciva a essere sempre ironico, alle volte scanzonato; ognuno di noi avrà sempre il ricordo del suo sorriso, accanto alla profondità delle sue parole. Era in grado, come lei ha appena detto, di vivere le istituzioni in tutta la sua profondità, di difenderle, ma allo stesso tempo è stato in grado di vivere politicamente con intensità anche fuori dalle istituzioni, dimostrando a ognuno di noi che si può far politica anche fuori dalle istituzioni, riuscendo a lasciare un segno, come lui l’ha lasciato. È stato allo stesso tempo – e voglio terminare su questo – attaccato alla sua terra e profondamente europeista. Il suo passaggio al Parlamento europeo, che lei ha voluto giustamente sottolineare, è stato, per come io l’ho conosciuto, una delle attività, uno degli impegni politici che più ne aveva marcato la sua grande curiosità e il suo grande impegno per gli scenari che in quegli anni stavano cambiando. Infine, termino con i due aggettivi che mi sento di esprimere con maggiore forza: è stato allo stesso tempo un uomo politico libero e coraggioso, come deve essere chi fa politica, pensando soprattutto alle idee che ha, al bene comune, all’interesse del Paese e dell’Europa. Questi sono stati i punti cardinali della bussola che ha guidato Gerardo Bianco. La nostra comunità si stringe attorno a lui e ai suoi familiari e vorrei che il suo ricordo, il ricordo del suo straordinario impegno politico e dei valori che l’hanno guidato possa essere anche per tutti noi uno stimolo ancora maggiore a fare bene, ognuno di noi, il nostro dovere.

GIANFRANCO ROTONDI (FDI). Signor Presidente, per me è molto difficile parlare oggi, perché sono qui, sono entrato in politica per essere stato ammesso a 15 anni nella corte più eccentrica e singolare della politica di quella che si chiama Prima Repubblica: la compagnia di amici di un intellettuale prestato alla politica che ha cambiato la politica senza smettere di essere una personalità straordinaria di intellettuale e corrispondente ai tratti che lei ha splendidamente ricordato, di mitezza, di umanità, di cordialità. Quarantacinque anni di amicizia mi consentirebbero di parlare a lungo, ma starò nei minuti che lei mi accorda. Potrei raccontarle cose che sicuramente piacerebbero ai colleghi più giovani, perché la figura di Gerardo Bianco andrà conosciuta e ricordata a lungo e raccontata. Onorevoli colleghi, potrei raccontarvi di don Bonifacio e donna Maria Bianco, nobiltà terriera del Sud, che mandarono questo figlio bravo a studiare a Milano alla Cattolica, dove conobbe e intrecciò rapporti con provinciali che si chiamavano De Mita, in parte corregionali o co-meridonali come Misasi che, con Enrico Mattei, diedero impulso a scelte destinate a condizionare la Democrazia Cristiana; potrei raccontare del sodalizio con un grande che lui ha sempre onorato, Fiorentino Sullo, con cui questa covata di giovani realizzò sintesi coraggiose e poi intrecciò i ferri di una polemica rovente che fece dire al grande Giorgio Bocca: cosa avrà mai la magia di questa politica che strappa queste intelligenze vocate alla buona lettura e alla letteratura e le consegna a palchi di paese, dove spiegano concetti complessi a popolazioni che forse non le seguono fino in fondo? È un tempo lontano, ma vicinissimo, se pensiamo alle scelte che Gerardo Bianco ha fatto e ne potrei raccontare tante. Preferisco, per valorizzare questi pochi minuti, tenermi solo su quella che è la testimonianza che lo definisce e lo consegna all’immortalità in quest’Aula, dove è stato protagonista fino alla fine; mi viene spontaneo guardare verso i banchi del centro, dai quali nell’ultima legislatura punteggiava i dibattiti con le citazioni mai presuntuose, sempre pertinenti e ironiche che animavano la vita parlamentare. Bianco è stato il difensore del Parlamento, sempre. Certo, come lei ha ricordato Presidente, ha fatto scelte politiche che sono state importanti ed io cito anche quelle che non ho condiviso: l’Ulivo, la fondazione del Partito Popolare e, soprattutto, mi inchino a un maestro che ha consentito all’allievo di avere un’opinione diversa, senza che smettesse di essere allievo.
È stato maestro fino alla fine, ricordandomi, anche nell’ultima conversazione, che il primo dovere che noi abbiamo come parlamentari è difendere il Parlamento, come lui ha fatto. Lo fece nella Democrazia Cristiana. Noi ci riuniamo in una saletta che si chiama Aldo Moro e si chiama così perché Moro lì spiegò l’opportunità di votare la fiducia al Governo Andreotti di solidarietà nazionale a cento parlamentari della Democrazia Cristiana che non la volevano votare ed erano guidati da Gerardo Bianco che esprimeva – si diceva che erano i peones, i cento, la maggioranza silenziosa – un’opinione diversa. Grandezza di Moro, che si inchinava di fronte a peones ad illustrare, ma grandezza di Gerardo Bianco che difendeva la libertà del Parlamento rispetto anche a un’indicazione di partito; il Parlamento autonomo dal partito, come quando fu eletto per volontà dei parlamentari capogruppo del primo partito, contro la volontà della segreteria del partito. Se noi avessimo un’oncia del coraggio civile che ha avuto Gerardo Bianco, questo Parlamento non sarebbe divenuto in alcune legislature quello che, ahimè, purtroppo, talvolta è stato: una cinghia di trasmissione della volontà dei partiti. E anche nel suo ultimo incarico di presidente degli ex parlamentari, lui ha prestato il suo sorriso bonario a una battaglia a difesa della dignità e della libertà del Parlamento, ben sapendo che la furia demagogica – ben concertata da direttori d’orchestra e corifei del circo mediatico – che attraversava il dibattito civile nel Paese, aveva la sola finalità di tagliare le unghie a questa Assemblea, perché i forti sono già forti, e chi parla qui non parla a nome dei forti, ma dei più deboli, e quindi tutte le battaglie antipolitiche e antiparlamentari sono sempre battaglie contro i più deboli. Presidente, questa penso sia la lezione più grande del presidente Bianco.
Io non gli ho mai dato del “tu”, pur quando me lo ha chiesto, l’ho sempre chiamato presidente. Penso di doverla ringraziare, perché il suo gesto di accogliere qui la salma, con la camera ardente visitata da tanti colleghi, e programmare subito questa commemorazione archivia una stagione, diciamo, di leggerezza non casuale, che abbiamo avuto in passato, nel rispetto della nostra stessa storia. E quindi è un auspicio bellissimo, che fa coincidere questo momento doloroso, forse, con una inversione di tendenza, di cui il presidente Bianco sorriderà dal paradiso. E quindi io, che non gli ho mai dato del “tu”, voglio, a nome del gruppo parlamentare e penso di tutti i colleghi, concludere dicendo solo: grazie, Gerardo.

MICHELE GUBITOSA (M5S). Giovedì scorso ci ha lasciato un grande politico irpino, un esimio rappresentante della nostra terra, dalla quale provengo. L’onorevole Gerardo Bianco è stato un uomo di eccelsa cultura, ha sempre difeso le istituzioni con tutto se stesso e ha dimostrato negli anni coerenza e visione. Quando ho avuto l’opportunità di ascoltare i suoi interventi sono sempre rimasto affascinato dalla sua capacità oratoria, dalla sua interpretazione dei cambiamenti del mondo e dal suo profondo attaccamento alla sua terra, l’Irpinia, che non gli ha mai fatto mancare profondo affetto e ammirazione. Il suo riconosciuto rigore morale e la sua grande passione per la politica hanno, infatti, sempre rappresentato un esempio per chi si è avvicinato alla cosa pubblica e per tutti i cittadini che lo hanno conosciuto e stimato. Ho incontrato l’onorevole Bianco qualche mese fa, mentre passeggiava in via Campo Marzio: ho avuto un piccolo e piacevole confronto con lui, ed ho riscontrato una lucidità straordinaria nel rappresentare l’attualità politica e nell’anticipare quello che sarebbe poi avvenuto. Se ne è andato un uomo straordinario, interprete della vita pubblica nazionale, un nobile pezzo della nostra storia personale e collettiva, un grande irpino, che ha sempre difeso gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, sfidando tutte le logiche clientelari. Lo ricorderò sempre con profonda commozione e porgo le mie condoglianze, a nome del gruppo MoVimento 5 Stelle, ai suoi affetti più cari.

Gerardo Bianco, esponente del Popolarismo nella Dc, nel Ppi, ne La Margherita e nella Rosa per l’Italia

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