“Quel che c’e’ nel mio cuore” di Marcela Serrano

E’ la storia di una donna, Camila, che cerca di uscire da una vita sconvolta da un dolore terribile ed entra nella vita di un’altra, Reina, nel suo mondo, nel suo prendere a cuore la vita, come una lotta, a contatto con la violenza, con l’amore, con la conoscenza di problemi che lei aveva

“Quel che c’e’ nel mio cuore” di Marcela Serrano. E’ la storia di una donna, Camila, che cerca di uscire da una vita sconvolta da un dolore terribile ed entra nella vita di un’altra, Reina, nel suo mondo, nel suo prendere a cuore la vita, come una lotta, a contatto con la violenza, con l’amore, con la conoscenza di problemi che lei aveva. Camila era sempre abituata a reprimere le proprie emozioni, ma comincia ad acquisire maggiore consapevolezza del proprio terribile dolore e della sua difficoltà a reagire : “io sarei stata il ricordo vivente del bambino che se n’era andato”.

Quel che c’e’ nel mio cuore di Marcela Serrano

Gustavo, suo marito, si era trasformato in padre e lei nella sua sposa bambina e si era trovata a fronteggiare un aspetto che lei non conosceva: la sua condizione di figlia e il suo atteggiamento nei confronti della vita. La fuga dalla sua realtà attraverso la possibilità di fare un reportage sul Chiapas fu un modo forse per salvarsi, poiché lei si sentiva come un burattino disarticolato. L’arrivo a San Cristobal de las Casas e l’incontro con Reina, amica di sua madre, che la considera una sorta di “sorella cilena” la fa immergere in una realtà assolutamente nuova per lei. Reina viene investita da una macchina in modo
grave, ma non si riesce a risalire ai colpevoli: hanno cercato di ucciderla, a causa del suo impegno politico e rivoluzionario contro la dittatura. Camila fa la conoscenza degli amici di Reina e Ninoska, la loro “madre universale” e nasce un legame con Luciano che la chiama “la donna dai capelli rossi”. Ed il rapporto con sua madre, ricreato attraverso Reina, ricercato nei mille particolari di una vita diversa, nel volere sentirsi protagonista e nell’averne paura. Il difficile rapporto di Camila con sua madre Dolores viene in un certo senso attenuato attraverso il prendersi cura delle gatte di Reina, mentre lei è ricoverata in ospedale: è come se, nonostante avvertisse che“la sola esistenza di Reina sia un perenne rimprovero alla sua”, si sforza di avvicinarsi ai problemi sociali, prova ribrezzo per la mancanza di libertà e comincia a lottare contro le ingiustizie che si perpetravano ai danni degli indigeni, che non erano mai trattati come esseri umani e le donne che hanno vergogna di tutto e di tutti. Comprende di essere molto cambiata, di sentirsi parte della storia del proprio Paese e che ”questa città mi è entrata nella carne senza il mio consenso e non voglio abbandonarla”: diventa anche sprezzante del pericolo, recandosi in un’altra città per consegnare un messaggio, in mezzo a gente sconosciuta, senza la protezione di nessuno. Viene rapita e rinchiusa in un nascondiglio, prova una sensazione di irrealtà, nell’ umiliazione e sporcizia della sua condizione, scopre in se stessa molto coraggio, finchè viene liberata. Si sente in colpa per essersi salvata, mentre apprende che Reina è stata uccisa e ciò ha scatenato un’ondata di proteste che avevano oltrepassato i confini della città e
della nazione e ciò ha portato alla sua liberazione.

E la sua storia è simile a quella di mille altre donne, che devono fare i conti con i sentimenti che complicano a volte l’esistenza, ma che la rendono vera. E Camila, alla fine, diventa parte di quel mondo, crea con gli altri una rete di rapporti diversi, pericolosi e autentici, ma soprattutto solidali, riesce a ricoprire con la coperta del suo dolore e gli impulsi del suo risveglio durante la prigionia. L’esperienza che ha vissuto le fa capire l’importanza di vivere momento per momento e finalmente si lascia andare all’amore per Luciano che “aveva messo in comunicazione gli spazi visibili con quelli invisibili,
strappandola dal cimitero per vivi in cui vagava il suo cuore”. E alla fine ritorna da Dolores, sua madre, il
suo contatto, anche se a lungo respinto, col mondo e riconosce il suo ruolo nella propria vita, il suo trait–union con la vita che aveva scelto di vivere; decide di raccontare la storia di Reina Barcelona…”una donna
che quando dormiva, si raggomitolava tutta e ricacciava in gola le lacrime” , concludendo con “ecco quel
che c’è nel mio cuore”, come usano dire le donne maya quando concludono una storia.

A cura di Ilde Rampino

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