L’umanesimo di Moro, Enzo De Luca: la storia ne conferma l’attualità dopo 44 anni

Il dirigente irpino del Partito Democratico ricorda con una riflessione l'assassinio dello statista avvenuto il 9 maggio 1978

“L’esigenza irrinunciabile del dialogo oltre ogni differenza culturale sono la cifra dell’umanesimo di Moro”, di cui oggi si ricorda l’assassinio. Il corpo senza vita dello statista fu ritrovato il 9 maggio 1978 in via Caetani, nel cuore di Roma, nella tarda mattinata di una giornata che ha segnato la storia d’Italia e d’Europa. Il senatore Enzo De Luca legge “l’attualità del pensiero moroteo e della sua lezione democratica, mentre assistiamo sgomenti alle migliaia di vittime innocenti e dalla distruzione di città e villaggi provocati da una insensata guerra ai confini dell’Unione”. Di seguito le sue considerazioni, rese attraverso alcune brevi dichiarazioni.

Il Presidente del Consiglio italiano, Aldo Moro, a Bruxelles per un decisivo Consiglio Europeo del 1976. Si decisero le prime elezioni europee a suffragio universale

Dopo 44 anni riscoprire l’umanesimo di Moro è tragicamente necessario

Dichiarazioni di Enzo De Luca | Direzione Nazionale del Partito Democratico

Enzo De Luca, componente della assemblea nazionale del Partito Democratico

Dopo 44 anni dobbiamo riscoprire il significato e constatare la attualità dell’umanesimo di Moro. Gli eventi tragici che minano la sicurezza dell’Europa in questi mesi di guerra ripropongono l’attualità del pensiero e dell’opera dello statista, assassinato dalle Brigate Rosse dopo 55 giorni di prigionia, il 9 maggio 1978. La vita e la morte di Aldo Moro continuano indissolubilmente ad intrecciarsi con i destini del Continente, non più diviso a Berlino da una ‘guerra fredda’, ma ora tragicamente ferito tra Kiev e Odessa da un atroce conflitto che ne insanguina il confine. Aldo Moro fu ucciso per sradicare dalle istituzioni italiane ed europee la sua profonda convinzione che la democrazia e la pace sono il frutto esclusivo dell’incontro, del dialogo, della condivisione. Quando fu rapito e poi assassinato, alla fine degli anni ’70, Moro stava producendo il massimo sforzo per creare in Italia un ponte tra due ‘Europe’, tra due mondi che si erano trovati separati e antagonisti dopo la seconda guerra mondiale. Era un tentativo di composizione, il suo, iniziato nel nostro Paese molto tempo prima, nel decennio precedente, con il coraggioso progetto di allargamento della responsabilità di governo. Non si trattava di raccogliere tra le opposizioni ulteriori consensi parlamentari alla maggioranza incardinata sulla Dc, ma di far collaborare per il bene comune nel solco dei valori costituzionali e repubblicani le diverse componenti culturali, sociali e politiche, con l’obiettivo di rafforzare nel suo percorso la giovane democrazia italiana. Il Moro Presidente del Consiglio nel 1963 non ignorava i rischi di quel tentativo. “Su un castello di carte è possibile costruire un ulteriore piano, ma occorre agire con la massima delicatezza e trattenendo il respiro, sennò crolla tutto”, spiegava allora il progetto del primo Centrosinistra, nell’ottica di un consolidamento dell’equilibrio democratico. I ponti di Moro uniscono ancora oggi un Continente che in Ucraina difende i fondamenti democratici internazionali posti alla base della convivenza pacifica dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Fu assassinato pochi mesi prima di vedere la prima elezione a suffragio universale del Parlamento europeo per cui si era impegnato, ma Moro ha lasciato dietro di sè molte pietre miliari. Con i Trattati di Roma ha gettato le basi di un’Europa unita nella pace e nella coesione. Con la Conferenza sulla Sicurezza, la Cooperazione e l’Atto finale di Helsinki ha acceso i riflettori sui temi oggi fondamentali, quelli dell’immigrazione e della politica comune a partire dal Mediterraneo, saldando interessi e valori. Dietro questa faticosa ma inarrestabile paziente opera di costruzione, c’è l’umanesimo di Moro, che riscontro in queste ore nel pensiero di un filosofo amico. Trovo pertinente la riflessione sul tema della complessità di Mauro Ceruti, insignito del premio Nonino proprio su questo. Intervistato da La Repubblica, Ceruti ricorda che il destino di ognuno è intrecciato a quello di tutti gli altri. Sono d’accordo con lui quando dice che “l’unica soluzione per affrontare la complessità è l’umanesimo planetario”, cioé “la consapevolezza che le sfide del presente si possono affrontare soltanto uniti, come specie”. In questo quadro, la prospettiva nell’Ovest e nell’Est, in Europa e in Italia, resta quella indicata da Aldo Moro. Serve più politica e non meno politica per superare la crisi che vivono le istituzioni internazionali e nazionali, i partiti e la democrazia. Questo anniversario è l’occasione per rileggere gli scritti che costituiscono l’eredità morale di Aldo Moro, una lezione fondamentale per costruire 44 anni dopo la sua morte una prospettiva di vita per tutti nella pace. Nel suo tempo aveva messo a fuoco lucidamente i problemi che i nodi irrisolti di una transizione democratica perpetua avrebbero prodotto nei decenni. Occorre trovare le ragioni della solidarietà e della cooperazione, declinando queste aspirazioni alla libertà e alla pace nella realtà del momento. “Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con le sue difficoltà”, ha detto, tra l’altro, Aldo Moro. “Ognuno può essere protagonista attivo di un Noi che diventa comunità”.


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