“MEFITIS” di Gennaro Vallifuoco ad Avellino: viaggio nell’identità ancestrale

Curata da Generoso Bruno ed Augusto Ozzella, sarà visitabile nel Complesso Monumentale dell'Ex Carcere Borbonico di Avellino dal 5 al 29 marzo. Il programma

La mostra “MEFITIS” di Gennaro Vallifuoco sarà visitabile nel Complesso Monumentale dell’Ex Carcere Borbonico di Avellino dal 5 al 29 marzo. A cura di Generoso Bruno ed Augusto Ozzella, non vuole essere solo «una personale concezione artistica, ma anche cultura e tradizioni locali, colte citazioni letterarie, miti e leggende che hanno attraversato la Storia e continuano a sfidare il Tempo», spiegano gli organizzatori. Il percorso espositivo è composto da circa 70 opere inedite, realizzate tra il 2007 ed il 2022. A scandire la visita è il componimento sonoro ideato da Marco Messina e Sacha Vinci, basato sul rumore dei fuselli lignei usati per il tombolo e le registrazioni audio effettuate presso la sorgente mefitica.


“MEFITIS” di Gennaro Vallifuoco ad Avellino mostra sull’identità ancestrale. La locandina

«Noi artisti europei dell’area mediterranea abbiamo una grande responsabilità: l’appartenenza ad una Storia importante e ad una Memoria ancestrale», dichiara Gennaro Vallifuoco. «E quando l’artista non riesce ad agire all’interno di questa responsabilità, rischia di essere superficiale, pur prestando attenzione alla realtà ed al linguaggio dell’epoca in cui vive. Penso che ‘MEFITIS’ sia una mostra multilinguistica, perché ha la capacità di mettere in sincrono la Storia antica e i nuovi media».

IL MITO DI MEFITIS. Mefitis era una dea italica, associata storicamente al lago di origine sulfurea nella Valle di Ansanto, un luogo avvolto da misterioso fascino. Questo piccolo lago, che ribolle per le emissioni di gas sulfureo, è indicato da Virgilio nell’Eneide come uno degli accessi agli Inferi. Il forte legame tra le opere in mostra ed il territorio che la ospita è esplicitato, inoltre, dalla scelta dei materiali. L’artista accosta il fango e l’argilla, ricavati proprio dalla Valle di Ansanto, al filo bianco del ricamo delle Pizzillare della Scuola di Tombolo di Santa Paolina. Vallifuoco sperimenta nuovi percorsi artistici, usando legni, tela di juta e di lino, asfalto e guaina liquidi, smalti, terracotta maiolicata e foglia d’oro. «L’artista, individuando in Mefite la porta di collegamento tra il sensibile e l’oltremondano, muove la sua elaborazione attraverso linee di contrasto di luce e ombra», sottolinea Generoso Bruno, critico d’arte e curatore dell’esposizione. «Più il segno si avvicina alla verità della materia, più difficile appare la sua codifica nell’infinita scomposizione dei piani pittorici».

UN EVENTO CULTURALE ED ARTISTICO DOPO IL BUIO DELLA PANDEMIA. «MEFITIS rappresenta per CosmoArt il primo evento dell’anno dopo una lunga fase in cui il mondo dell’arte è stato fermo a causa della pandemia», dichiara Augusto Ozzella, organizzatore dell’evento. «Mi auguro che MEFITIS possa segnare anche il termine di un periodo cupo, in cui le restrizioni hanno impedito la fruizione dell’arte dal vivo. Penso che questa mostra aggiunga un ulteriore tassello alla ricerca artistica di Gennaro Vallifuoco, a cui mi lega un rapporto di amicizia e collaborazione professionale che prosegue da anni».


IL PROGETTO
  • Gennaro Vallifuoco

    MEFITIS rappresenta la porzione più recente della ricerca di Gennaro Vallifuoco. L’artista, individuando in Mefite la porta di collegamento tra il sensibile e l’oltremondano, muove la sua elaborazione attraverso linee di contrasto di luce e ombra. Più il segno si avvicina alla verità della materia, più dicile appare la sua codifica nell’infinita scomposizione dei piani pittorici. Durante il lungo percorso produttivo, Vallifuoco progressivamente si allontana dall’idea metafisica, dal gioco di simmetria e dal limite determinato dalla rappresentazione dell’opera che in sé stessa si conclude. È il fluire della pittura, nella sua possibilità di completamento, che si apre allo sguardo dell’osservatore come continua ridefinizione negoziale di un perimetro di relazione. Come irriducibile nucleo di verità, la ricerca muove dagli Xoana conservati presso il Museo archeologico di Avellino. L’artista, nella rappresentazione delle forme, trova come elementi primordiali della materia plasmata, il fango e l’argilla raccolti in Valle d’Ansanto e il filo bianco del ricamo come sottilissima linea di collegamento tra l’avvicendarsi dei cicli vitali. In alcuni episodi – come supporto povero – i legni accolgono i toni combusti di una pittura agita per segni elementari dove anche l’oro degrada, per eetto di un’alchimia inversa, al suo stato nativo. Le opere più mature del ciclo MEFITIS, invece, consegnano Vallifuoco ad una nuovissima tensione analitica dove l’artista procede verso la ridefinizione della propria azione processuale e destrutturando la propria sintassi pittorica, traccia inedite traiettorie di segno e di senso. L’elemento archeologico rifondato oltre ogni cronologia, divenuto oggetto del presente si pone al servizio della sua
    potenziale trasformazione. Vallifuoco, nell’era postmediale della produzione artistica, attraversa concettualmente il locus come “rapporto singolare; eppure, universale” (A. Rossi, 1966) in cui l’intera ricerca – la sua elaborazione e la sua produzione – pur operando in maniera congiunta al contesto si pone al di là della sua geolocalizzazione. La sostanza matrilineare porta l’artista campano ad accostare Mefite al culto primigenio della Grande Madre cercando nella tessitura e nel ricamo quella pratica che in tutte le culture custodisce e sovraintende alle occasioni rituali del ciclo vitale e del suo rinnovamento. Con MEFITIS, oltrepassando le forme più convenzionali della rappresentazione, Vallifuoco lavora ad una produzione diretta di realtà. Per l’artista è la stessa interazione umana a divenire materia dell’opera; su questa premessa mette in forma la relazione con le Maestre e le allieve della Scuola del Tombolo di Santa Paolina. Ognuna delle Pizzillare ha donato all’opera almeno settanta ore di lavoro. In un procedimento compositivo di oltre quattrocento ore, l’intesa sulle scelte di produzione e il grado di autonomia del contributo creativo sorreggono la relazione tra l’artista e la comunità delle ricamatrici. L’opera, incarnata nella sua relazione costituente, trova la sua cartografia nei Cartoni del lavoro e nei fili del Tombolo la sua sintetica manifestazione. Il rumore dei fuselli – gli utensili lignei necessari all’intreccio dei fili – assieme alle audioregistrazioni effettuate presso la sorgente mefitica, trasmutati in componimento sonoro da Marco Messina e Sacha Vinci, oltre ad incardinarsi nella ripetizione dei frame video installati, costituisce la traccia sonora dell’intero percorso espositivo. In tutta l’elaborazione del ciclo MEFITIS, il lavoro di Gennaro Vallifuoco si identifica nel suo procedimento. L’opera vive nella sua premessa quanto nella sua percezione, attraversando come fatto universale il segno e la sua narrazione.


IL CURATORE
  • Generoso Bruno: Critico e curatore indipendente. Laureato in Storia e Critica d’Arte. Ha scritto, occupandosi di cinema e di arti visive su quotidiani e periodici a dffiusione nazionale. Attualmente collabora con alcune riviste scientifiche e di settore. Ha pubblicato, nel catalogo della mostra EtruSchifano (2018) presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (Roma), lo studio Mater Matuta: Riscoperta di un ciclo. All’Imago Museum (Pescara) nel catalogo della mostra Warhol / Schifano tra pop art e classicismo (2021) è autore del testo Schifano / Warhol. Approssimativamente e – attualmente in uscita – per la mostra Joseph Beuys Difesa della Natura. Facciamo presto! (2022) il saggio Ich glaube an Joseph Beuys [Io credo in Joseph Beuys].

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