Bancarotta e autoriciclaggio in Valle Caudina, 2 arresti e un’interdittiva

SEQUESTRATE 2 SOCIETÀ CHE OPERANO NEL SETTORE DEI RIFIUTI (NOMINATO IL CUSTODE GIUDIZIARIO) E OLTRE 6 MILIONI DI EURO. La Guardia di Finanza del Gruppo Benevento ha eseguito tre ordinanze cautelari personali del Gip, di cui una in carcere, una ai domiciliari e un divieto di esercitare imprese per un anno. Sono accusati a vario titolo di reati tributari dalla Procura sannita

Due persone sono state arrestate questa mattina con l’accusa di bancarotta e autoriciclaggio in Valle Caudina, nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Benevento. In particolare, la Guardia di Finanza del Gruppo Benevento ha dato esecuzione a tre ordinanze cautelari personali, di cui una di custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari e una misura cautelare del divieto di esercitare imprese o di ricoprire uffici direttivi delle persone giuridiche per anni uno, emesse dal Gip di Benevento, nei confronti di 3 persone accusate di bancarotta fraudolenta (documentale e dissipativa), autoriciclaggio e reati tributari. I provvedimenti giungono al termine di una intensa attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, che ha sollecitato le misure.

Guardia di Finanza in azione

SEQUESTRATE 2 SOCIETÀ CHE OPERANO NEL SETTORE DEI RIFIUTI (NOMINATO IL CUSTODE GIUDIZIARIO) E OLTRE 6 MILIONI DI EURO. Nell’ambito dell’indagine per bancarotta e autoriciclaggio, i militari hanno eseguito anche altre misure cautelari nei confronti di tre società della Valle Caudina ed operanti, per la maggior parte, nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti, in particolare il sequestro preventivo nei confronti di due società con la contestuale nomina di un amministratore giudiziario ed il sequestro preventivo del denaro costituente il profitto del reato fino alla concorrenza di €.6.220.510,36 nei confronti dell’altra.

Procura della Repubblica di Benevento

LE INDAGINI. Le indagini preliminari, svolte dalla Guardia di Finanza, corroborate anche da attività tecnica – fa sapere attraverso una nota la Procura di Benevento – hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei legali rappresentanti delle società implicate, unitamente ad altri due soggetti, risultati essere meri prestanome, in ordine alle seguenti circostanze. Secondo quanto sostengono gli inquirenti, due di essi, nella loro qualità di amministratori di fatto della società, già operante nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti con numerosi appalti pubblici in Campania ed in diverse regioni del sud Italia, dichiarata fallita dal Tribunale di Benevento con sentenza del 17.6.2020, ed altro soggetto, nella qualità di amministratore unico della citata società, dissipavano i beni aziendali della società fallita, determinando l’insorgenza di un passivo fallimentare di circa €. 80.000.000,00, non comprensivo delle istanze di ammissioni tardive, a fronte di un attivo di poco più di €. 18.000.000,00, distraendo, per quanto accertato dagli investigatori, somme di denaro per complessivi €. 9.157.077,52 dal 2014 al 2018 a favore di altra società sempre a loro riconducibile. Per la Procura ciò avveniva in parte mediante fittizi noleggi di automezzi documentati da fatture per operazioni inesistenti ed in parte mediante l’utilizzo del mastrino “fornitori c/anticipi”, in realtà mai eseguiti, per giustificare contabilmente i movimenti finanziari ed inoltre, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, o di recare pregiudizio ai creditori, in parte occultavano, sottraevano o comunque omettevano di tenere i libri e le altre scritture contabili obbligatorie, con particolare riferimento al Registro dei beni ammortizzabili ed i libri sociali, mentre con riferimento ai periodi d’imposta dal 2013 al 2020 tenevano le scritture contabili in modo lacunoso tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società dichiarata fallita.

LE ACCUSE DI MANCATO VERSAMENTO DELLE RITENUTE IRPEF E DI RICICLAGGIO. I soggetti, nella citata qualità di amministratori di fatto delle società oggetto di indagine, in altro procedimento sempre curato dallo stesso organo di P.G., sono accusati anche di aver omesso il versamento di ritenute I.R.P.E.F. negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015 e il versamento di Imposta sul Valore Aggiunto negli anni 2012, 2013 e 2014 per complessivi €. 8.881.741,62, procedendo successivamente al riciclaggio dei proventi illeciti nel circuito legale, in modo da ostacolarne concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa, attività oggetto del presente procedimento. Infine, gli amministratori di fatto di una delle società e l’amministratore unico della stessa risultano indagati per non aver versato le somme dovute a titolo di imposte e debiti previdenziali per le annualità 2017 e 2018, utilizzando in compensazione, mediante la presentazione di deleghe di pagamento Modello F24 nell’anno 2019, crediti inesistenti per €. 3.405.496,36 in violazione dell’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000. Fin qui le accuse formulate dalla Procura a carico degli indagati.

 

 

 

 

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