“Ovunque proteggici” di Elisa Ruotolo

La storia di una famiglia, in cui il passato “doveva avere qualche scrupolo a farsi vivo” si insinua nelle vicende come un filo spezzato che sembra fluttuare in un labirinto di menzogne e di mezze verità

“Ovunque proteggici” di Elisa Ruotolo. La storia di una famiglia, in cui il passato “doveva avere qualche scrupolo a farsi vivo” si insinua nelle vicende come un filo spezzato che sembra fluttuare in un labirinto di menzogne e di mezze verità. Il luogo che diventa teatro di tutte le vicende è Villa Girosa, definita dal protagonista “un gigante ingrato e infermo” che vede scorrere le vite di tanti i personaggi diversi, in preda ad un disagio interiore, Loreta, Agata, Matteo, Ettore, ragazzo difficile e dal respiro malato che sperimentava erbe e infusi, Rosaria, con la sua stranezza di leggere spedita dopo poco più di un mese di scuola e le sue sensazioni strane di
preveggenza, era chiamata la Bambina, Domenico, il bambino senza paura, che parte per l’America in cerca di avventure e di fortuna, considerato dal padre un figlio traditore, il Vecchio Girosa, in cerca di una pace che non riesce a trovare, si recava all’istituto, dove vi erano ragazze abbandonate che andavano a servizio ed erano chiamate “malavena” per l’oscurità delle loro origini, ma anche gli scatti imprevedibili di Rachele che non lo aveva mai perdonato per il suo abbandono e in cuor suo non comprende la sua convinzione che
riprendersi una figlia in un altro ruolo significava aver rimediato, l’aggressività di Tommaso, incurante dei fratelli, ma portato ad ogni rovina contro chi dicesse male di un infelice e il forte legame con la sua sorella gemella.

L’elemento che caratterizzava la famiglia Girosa era la vocazione allo sperpero, ma vi era in tutti una sofferenza latente di “gente senza amore”, che viveva con il ricordo del molto che avrebbero potuto avere e in presenza del poco che avevano conservato: vi era un’inafferrabile ansia di provare cose nuove, come se non si fossero ancora sfamati di vedere, una brama imperscrutabile di vivere al di là delle regole, una vena di follia che serpeggiava nella famiglia nei ”giorni maledetti” che li portava lontano, perché la loro realtà la sentivano limitata, andando continuamente per il mondo in cerca di qualcosa che non sapevano neanche loro, in un cammino senza ritorno, denso di continua inquietudine. Struggenti erano state le storie intrecciate e disperate di Nivio, Francesca e Nicola, che si stancava sulle parole “come un cuore debole posto di fronte a una salita”, il sentimento forte e la passione che li univa e li divideva.

Scorrendo le pagine di questo meraviglioso libro, si avverte profondo il senso della paternità, anche se non legittima, come dice uno dei personaggi, ”la terra è così carica di figli che cresceremo quelli degli altri” e dell’amore che si esprime attraverso l’accoglienza, come faceva Mariano, indossando la sottana da prete e in seguito serbando intatto un segreto. Mariano ha contatto con i pazienti dell’ospedale psichiatrico e difende la verità scabrosa di Nivio legata alla sua fuga: egli, disperato, si era confidato con lui e, mentre parlava, “la voce gli inciampò in gola come un lastrico di sassi vecchi”.

Il rapporto di Lorenzo, il protagonista, con suo padre era stato sempre difficile, intrecciato tra le menzogne, i segreti, i silenzi e le sue fughe, ma egli si rende conto che il senso di estraneità tra loro si era toccata nel dettaglio di un giorno, quando entrambi bambini erano arrivati a Villa Girosa, ”pronti a ferirsi con i cocci di un’orfanezza”. L’affermazione del protagonista “Blacman era mio padre” e perentoria, ma al contempo densa di incertezze, accompagnata dal continuo sospetto che egli l’avesse rubato ad una famiglia normale,
quando lo faceva sparire nel carrozzone, egli si sentiva catapultato in un mondo che non era il suo. Un ricordo intenso e vivo era quando egli gli lasciava la mano e lo faceva procedere da solo, come se quello fosse il suo destino. Il giorno in cui aspettavano invano il ritorno della madre, ma lei non si fece viva per molto tempo, suo padre lo guardò in silenzio e si mise a riscaldare “il cucinato del giorno prima”, mentre il suo pensiero divenne una pesantezza proprio sotto il cuore.

Non si era mai sentito amato da lui, era come se non riuscisse ad afferrarlo e ricorda il momento in cui il terremoto aveva distrutto la sua casa e creato una frattura col passato: a dodici anni fu come se per lui iniziasse una nuova vita “dal disordine di pietre che
mi fece orfano per sempre”. Col trascorrere degli anni, divenuto ormai adulto, sente il bisogno di cercare suo padre e significativo è il suo primo incontro con Giovanni, il cui mondo aveva la fragilità dei sogni, tra le ombre del cinema che poi riveleranno una verità inaspettata, seguita da ”giorni fatti di legna troppo umida per bruciare nel ricordo”. Si
rende conto che la verità aveva due facce, ognuno aveva raccontato la verità di due vite completamente diverse, sia Blacman che Domenico nelle sue lettere. Suo padre Blacman aveva scoperto che suo padre aveva rubato i soldi messi da parte e li aveva utilizzati per ubriacarsi: era nata una lotta tra loro e suo padre era caduto ed era morto. L’aiuto chiesto a Domenico aveva costretto il figlio a cambiare completamente la propria vita e ad occuparsi di Nicola che non dava le giuste proporzioni alla realtà e “stava al mondo senza
filtri né protezione”. Accade qualcosa che mette in pericolo Nicola e Blacman entra in una spirale negativa a contatto con gente di malaffare, ma riesce a salvare l’amico dall’agguato perpetrato ai danni della sua famiglia, lo nasconde e lo porta in Italia, assumendo un’altra identità.

E’ un percorso difficile, quello che il protagonista compie, a poco a poco facendo pace con il suo passato e ripensando a quella paternità che neanche lui aveva sentito nei confronti di sua figlia Ester, che in seguito a un problema di vista era stata costretta, sin da piccola, a portare una benda sull’occhio che la rendeva e la faceva sentire diversa dagli altri,
diventando vulnerabile ai dispetti e alla cattiveria degli altri. A 18 anni se ne era andata di casa, anche a causa del difficile rapporto col padre e in seguito si dedica a rieducare cani killer, come se volesse liberarsi della cattiveria altrui. Alla fine il protagonista riesce a ricucire un rapporto con sua figlia e le parole della ragazza: ”Sei convinto di volerci provare, papà?” gli fa rendere conto che mai come in quel momento gli sembrava di avere davanti tanta strada e finalmente un varco di luce.

A cura di Ilde Rampino

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