“Sonata per Miriam” di Linda Olsson

E’ Adam il protagonista di questo struggente libro che torna a Cracovia, il luogo in cui è cominciata la sua vita, la città in cui è nato e dove stranamente si sente in pace, circondato dalla vita e dai suoni

“Sonata per Miriam” di Linda Olsson. Un desiderio profondo di riannodare i fili del passato che si è perso tra le brume del tempo ed è stato spezzato dalla morte di sua figlia Miriam: la visione improvvisa di un quadro e il suono di quelle parole scritte, che rievocavano il suo nome, messe lì quasi a caso e sussurrate a bassa voce, che spalancano una porta nel buio. E’ Adam, il protagonista di questo struggente libro che torna a Cracovia, il luogo in cui è cominciata la sua vita, la città in cui è nato e dove stranamente si sente in pace, circondato dalla vita e dai suoni. I ricordi tornano a fiotti, celati dalla voce di sua figlia che continuava a sentire, nel suo cuore: “Papà, fatti un’avventura”. Aveva cominciato a creare musica per nascondere il silenzio e, un anno dopo quel sabato della morte di Miriam, riscopre il carattere evocativo degli oggetti e dei profumi, perché in un certo senso la sua perdita era diventata una risorsa per lui. La sua vita veniva risucchiata via e ciò che rimase fu il silenzio.

Linda Olsson, Sonata per Miriam. La copertina

Nel viaggio che Adam compie, per ricostruire il suo passato, avverte una moltitudine di emozioni. Racconta il suo primo incontro con Cecilia, molto giovane, di cui si era innamorato subito, la sua passione per la pittura; lei dipingeva”perché doveva”, non poteva farne a meno e il sentimento profondo che li aveva uniti, fino a quella scelta atroce e innaturale che Cecilia lo aveva costretto a fare: avere lei o la bambina. Adam aveva scelto sua figlia, l’aveva chiamata Miriam e si era presa cura di lei per anni, fino a quel terribile incidente. Rimane in lui tuttavia la consapevolezza che le mancanze che avevano funestato la sua vita, in un certo senso egli le aveva trasmesse a sua figlia: insieme a lei si erano ricreati una nuova vita, ma “le aveva cancellato il passato”, tacendole il segreto della sua nascita: “mia figlia non ha mai avuto una madre”.

Fondamentali sono gli incontri con persone la cui esistenza in qualche modo si è intrecciata con la sua vita, come Moishe Spiewak, che vive in un mondo tutto suo, circondato dai suoi fantasmi e si dedica con passione al gioco degli scacchi; si sente un superstite della crudeltà del mondo, perché è riuscito a salvarsi, pur essendo ebreo, aiutato dal padre di un suo alunno. L’incontro con Clara Fried, l’autrice di quelle frasi, gli apre un’altra dimensione: nonostante la cecità della donna, le parole che gli rivolge sembrano colmare il vuoto in cui aveva vissuto tutta la vita, senza avere la più pallida idea di dove fosse venuto, aveva trovato una porta che dava sul suo passato ed era pronto ad aprirla, attraverso le parole della donna: ”lascia che le racconti una storia”.

Il racconto che fa Clara della sua vita lo colpisce in maniera profonda e lo emoziona:
una bambina che adorava suonare il pianoforte, perché la musica catturava ogni dettaglio della sua vita. Suo fratello Adam, che lei adorava, era muto e si esprimeva solo attraverso le note del suo violino che rappresentavano il prolungamento delle sue mani. Aveva un carattere misterioso ma anche vulnerabile: era scomparso, un giorno era stato portato via, mentre lei desiderava che esistesse un modo per farlo restare. Wanda, la madre di Adam, gli diceva che non doveva mai guardarsi indietro e gli aveva lasciato una scatola d’argento, delle foto e molti soldi, ma non “una chiave per il passato”, lo aveva allevato nel silenzio e non gli aveva mai parlato in polacco, perché voleva tacergli il male che aveva sofferto durante la guerra. Adam viene a conoscenza di una storia molto triste, di amore e di dolore e del rapporto tra Wanda e Marta, sua sorella e il mistero per quel cognome diverso da quello certificato dalla sua nascita.

Adam si trasferisce nella casa in cui è nato e in cui la sua vera madre è morta: attraverso le lettere mai aperte che ha trovato, riannoda i fili spezzati del passato: legge le parole di Marta che raccontano che Wanda, sua sorella le è stata sempre vicina e l’ha sostenuta nelle difficoltà. Apprende tuttavia un particolare, un segreto mai rivelato: Wanda lo ha preso con sé e lo ha portato in Polonia per salvarlo, fornendogli così un ”passaporto per la sopravvivenza”. Alla fine è come se tutto tornasse alle origini: Adam, dopo diciannove anni, va a trovare Cecilia nella sua isola, dove si è rifugiata e in cui ha trovato la sua pace, perché è legata al ricordo di suo padre: per lei la presenza di Adam diveniva reale nei ricordi e, quando si rincontrano e Adam le parla della loro figlia e del dolore per la sua morte, si abbracciano.

A cura di Ilde Rampino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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