“Al contrario” di Giuseppina Torregrossa

Il senso di diversità ha sempre creato una sorta di disagio esistenziale e di incertezza al dottor Giustino Salonia, medico condotto che giunge in quella stazione di Malacavata che era un avamposto di frontiera, nella desolazione di una Sicilia sperduta, avendo opposto un ostinato silenzio alle domande dei suoi compagni di viaggio

“Al contrario” di Giuseppina Torregrossa. Il senso di diversità ha sempre creato una sorta di disagio esistenziale e di incertezza al dottor Giustino Salonia, medico condotto che giunge in quella stazione di Malacavata che era un avamposto di frontiera, nella desolazione di una Sicilia sperduta, avendo opposto un ostinato silenzio alle domande dei suoi compagni di viaggio. La sua natura è caratterizzata da una profonda irrequietezza e da un impulso che tuttavia lo spinge a fare l’opposto di ciò che sarebbe ragionevole o almeno opportuno: la maggior parte dei suoi problemi gli veniva da quel suo essere “al contrario”. Egli era stato costretto dalla moglie Gilda ad accettare quell’incarico, quella ragazza mite che si era improvvisamente trasformata in una “virago” e gli aveva chiesto i soldi per il corredino del figlio che aspettavano.

La sua era stata quasi una fuga per sottrarsi alle richieste della donna e, all’arrivo nel paese, si era sentito solo in un posto che non conosceva e dove sarebbe vissuto per un po’. Cercò un alloggio temporaneo, ma l’indifferenza che i “viddani” nutrono nei suoi confronti lo amareggia. Un giorno viene chiamato a curare una ragazza, Concetta, che rischia di morire per un aborto illegale e comincia a rendersi conto che “quelle tragedie erano figlie della miseria e della solitudine” e che i contadini obbedivano ad abitudini tradizionali, come quando non si separavano dagli animali, pur andando incontro a malattie causate dalla promiscuità con essi. Il dottor Giustino comincia ad intrattenere una relazione con Concetta: “troppo solo e bisognoso di attenzioni lui, troppo smaniosa lei di curarlo” e inizia ad aprire il suo cuore ai suoi pazienti, che ora amava e da cui era ricambiato: la lotta contro la malattia lo aveva elevato al grado di guerriero ed essi provavano per lui una fiducia ai limiti della devozione, lo andavano a chiamare a tutte le ore.

Intanto Gilda, sua moglie, a Palermo rimandava la partenza di anno in anno con scuse e pretesti, si rendeva conto che per lei il futuro era un’incognita ed era tentata dal libretto dei risparmi del marito, con cui avrebbe potuto condurre una vita più consona ai suoi desideri. Aveva cominciato a dedicarsi alla sua passione, la musica e suonava il violino alle feste: la solitudine era diventata uno spazio di libertà, si sentiva attratta da un giovane, ma tra loro vi erano solo sguardi e sorrisi. All’improvviso la consapevolezza di non riuscire a dare a sé e a sua figlia Giovannella, detta “Nennella” un avvenire sicuro, decide di partire e sente che non sarebbe più tornata indietro e ”mise la parola fine al romanzo della sua giovinezza”.

L’incontro tra la bambina e il padre è denso di aspettative, perché lei era curiosa di incontrarlo e di dargli un volto. Giustino stranamente provava un affetto inaspettato nei confronti della figlia, ma le si rivolgeva con burberi rimproveri: era in perenne tensione, era arrabbiato con se stesso, la sua volontà era debole e non aveva il coraggio di attuare la sua decisione di vivere con Concetta, pur amandola. Per Gilda, intanto era difficile ricacciare indietro i ricordi e si rende conto di aspettare un bambino, ma non riesce ad amarlo veramente, nemmeno quando lo avrà tra le braccia. Un aiuto insperato le verrà da Primarosa, una ragazzina generosa e determinata, sfruttata dalla madre, che fugge col fidanzato e viene accolta a casa sua per aiutarla col bambino. Primarosa, nonostante la vita difficile e le angherie che aveva subito, quando si accorge di aspettare un bambino, si sente felice: aveva trovato nella maternità l’antidoto alle umiliazioni che aveva patito nella sua giovinezza.

Giustino scopre di avere il cuore a destra, cioè “al contrario” e si convinse di poter fare tutto quello che gli passava per la testa e senza dare conto a nessuno; l’incontro con il federale, un ricco proprietario terriero che si approfitta dei finanziamenti pubblici e lo spinge a mettersi in affari con lui, convincendolo che “quando si ha in mano la salute della gente, si ha un potere illimitato”. Il fascismo era una tentazione per la sua natura ribelle, ma non accetta la sua proposta. Nel paese vi era la convinzione che “chi non possiede
terra, non conta niente” e Giustino decide, anche stimolato dalla moglie, di acquistare un terreno, ma deve sottostare alle prepotenze e agli imbrogli di don Ettore, un signorotto del luogo che voleva imporre la propria volontà sugli altri e usare la fragilità del dottore per il suo tornaconto.

Significative sono le figure di alcune donne, come la “Sattura”, la Nazzarena, Filomena, la levatrice, che diceva che “le relazioni, anche quelle con i figli, hanno bisogno di cure”, la stessa Primarosa, che, in una società, come quella contadina, in cui le donne non avevano alcun valore, tanto che spesso non venivano curate ed era come se i mariti rappresentassero l’ago della bilancia, riescono a convincere le donne a lavorare nei campi per non far perdere il raccolto, a causa dell’assenza degli uomini che erano partiti per la
guerra; dopo un iniziale smarrimento, le donne avevano scoperto una forza che non conoscevano e che si manifestava soltanto se erano tutte unite. Intanto Giovannella torna a casa per le feste, aveva frequentato la scuola, accolta in casa della zia, ma il contatto con la miseria di quella casa la metteva a disagio e riesce a non tornare a Palermo, perché durante la guerra le scuole non avevano riaperto.

L’incontro tra Gilda e sua suocera – il dottor Giustino era partito volontario per la guerra – crea qualche problema, ma a poco a poco la vecchia signora riesce a creare un
rapporto affettuoso con lei e i suoi figli. Per divertirli, dice per scherzo di parlare con i morti, ma la notizia si sparge in paese e le paesane cominciano a crederle e a chiederle consigli, tanto da diventare una figura importante. L’arrivo nel ’43 in Sicilia degli americani sconvolge gli equilibri. Gilda ritrova in un soldato il giovane che aveva amato tanti anni prima a Palermo, perché ”la voce racchiude l’essenza di ogni uomo ed è quella che amiamo”. Gilda conosce il sapore dell’amore, ma poi decide di lasciarlo: la sua vita è ormai
cambiata.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI