“La lettera perduta” di Jillian Cantor

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo di narrativa ebraica della scrittrice pubblicato nel 2017 e ambientato nell'Austria del 1938

“La lettera perduta” di Jillian Cantor. I due tempi della narrazione – l’Austria del 1938 e Los Angeles del 1989 – costituiscono un ponte ideale, attraverso cui si dipanano le vicende di personaggi, densi di passione. Il rapporto di Katie con suo padre, reso difficile e in un certo senso interrotto da una malattia, l’Alzheimer, “sindrome del tramonto”, poiché le condizioni di chi ne è affetto, peggiorano dopo il tramonto, si sviluppa attraverso le pagine e pagine piene di francobolli che suo padre collezionava. Lei condivideva questa sua passione, accompagnandolo spesso nei mercatini a cercare qualcosa di particolare che potesse interessargli. La costante paura della perdita di memoria di suo padre la spinge a rivolgersi al filatelico Benjamin Grossman per far analizzare tutto il materiale per trovare la famosa “gemma” di cui suo padre era alla continua ricerca, un francobollo per lui preziosissimo. Talvolta, durante le sue visite nella casa di riposo in cui è ricoverato, Katie si trova davanti una persona non sempre vigile, che la scambia per sua madre Rissa o per l’infermiera e per lei è dura vederlo presente solo a tratti, le sembra che “niente abbia un senso” e che solo quei francobolli potrebbero aiutarla a comprendere suo padre per ricostruire un loro passato condiviso, rimanendogli vicino in modo che egli non svanisca del tutto insieme ai suoi ricordi.

Katie scopre a poco a poco il mistero che si annida nella vita di suo padre, nella sua giovinezza: “un tempo ero un’altra persona”, le dice un giorno, indicandole un francobollo austriaco della seconda guerra mondiale su cui è raffigurato un”Edelweiss”, un fiore, simile alla stella alpina, che rappresenta la tenacia e la determinazione. Benjamin si appassiona alla storia che si nasconde dietro quei francobolli, i cui particolari cominciano ad affiorare pian piano: un volto di donna, tratteggiato dalle mani tremanti del padre di Katie, i cui occhi chiari e i capelli biondi non le ricordano nessuno, il turbamento che egli mostra quando Katie accenna alla possibile vendita della collezione fanno scaturire nella donna mille interrogativi, finchè lei trova una lettera, risalente al periodo della seconda guerra mondiale, indirizzata a una certa “Fraulein Faber”. Come tessere di un mosaico spezzettato, il passato a poco a poco riprende vita e Katie riscopre il legame che intercorre tra suo padre e la famiglia di Frederick Faber. Quel giovane. Kristoff, suo padre, accolto in quella nuova famiglia,  non si era sentito più orfano, né tutto solo, come se quelle persone fossero ormai qualcosa di suo e lui appartenesse a loro. Quel lavoro di incisore che il suo maestro gli trasmette e che per lui diventerà una vera passione, rappresenterà tuttavia un banco di prova quando Frederick Faber è costretto a fuggire, a causa della sua origine ebrea. Lascia tutto a Kristoff e quando il giovane gliene chiede la ragione, egli risponde: “Preferisco regalarti tutto, finchè mi appartiene ancora”: un profondo senso di appartenenza al suo lavoro e ai suoi valori. I tedeschi chiedono a Kristoff di incidere per loro i francobolli del Reich tedesco: egli è costretto a farlo e disegna l’Austria che aveva amato. Attraverso le ricerche portate avanti da Benjamin, Katie riesce a mettersi in contatto con la minore delle sorelle Faber, Miriam, che le racconta la storia di sua sorella Elena, il grande amore di Kristoff, impegnata a combattere i tedeschi con il suo amico Josef. Elena l’ha sempre protetta e quando hanno la possibilità di fuggire a Londra con il “Kindertrasport”, la accompagna verso la salvezza, ma salta giù dal treno quando era a un passo dal salvarsi lei stessa.

Struggente è il tentativo di Katie di riallacciarsi al passato del padre, ricordando la venerazione con cui egli accendeva le candele in occasione della festa ebraica dello Shabbat, pur non essendo ebreo: erano i ricordi che lo legavano alla famiglia Faber, il sentimento all’inizio nascosto ma poi rivelato in tutta la sua passione per Elena, con cui condivideva di nascosto l’incisione dei francobolli nel laboratorio di suo padre e la “Notte dei cristalli”che aveva determinato la fuga di Frederick per non mettere in pericolo la sua famiglia. ”Voglio che restiamo sempre insieme, io e te”le aveva detto Kristoff, un giorno, mostrandole il “loro” francobollo, quello che avevano creato insieme, che rappresentava la “prova di singolare audacia”, la dimostrazione del suo amore . Katie rende onore a Elena e a suo padre, facendoli incontrare: una forma di amore, come quella di lui che l’aveva seguita in America, cambiando nome e creandosi un futuro, i cui fili attorcigliati finalmente si erano riuniti.

A cura di Ilde Rampino

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