“Una vita incerta” di Peter Stamm

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo dell'autore svizzero, ambientato in un piccolo villaggio della Norvegia del Sud

“Una vita incerta” di Peter Stamm. E’ l’alternarsi di luci e ombre, alla ricerca di una vita diversa, forse “incerta”, raffigurata dall’immagine di un paesaggio nuovo, che non copre con la neve il dolore, l’angoscia e soprattutto la solitudine. Vivere in un paesaggio in cui il sole era scomparso da settimane, col trascorrere del tempo e degli anni, l’oscurità e il freddo erano sempre più difficili da sopportare e allora si sentiva il bisogno disperato e spesso vano di scaldarsi il cuore attraverso rapporti occasionali e “notti in un altro letto”. Il bisogno di amore della protagonista Kathrine è profondo, si affida ad illusioni, a piccoli gesti, come le e- mail che le manda Christian, l’amicizia sincera di Alexander, che però un giorno scompare improvvisamente o gli sguardi degli avventori di un locale: ella decide di accettare la proposta di matrimonio di Thomas, anche se si conoscevano solo da sei mesi, forse perché inconsciamente voleva una vita senza preoccupazioni e perché suo figlio gli si era affezionato. Kathrine aveva bisogno di stabilità, anche se non gli aveva mai detto di amarlo, si era affidata a lui, perché Thomas sapeva quello che voleva,ma sentiva che c’era qualcosa di strano; attraverso Morten, che Kathrin conosceva da tempo e a cui era molto legata, era venuta a conoscenza di tutte le menzogne di Thomas. Un giorno l’aveva seguito e l’aveva visto rifugiarsi in una casa in cui era rimasto per ore a fumare e forse a riflettere sulla sua vita, ma quando era tornato a casa, le aveva detto di aver corso, attraversando gran parte della città. I contrasti con la sua famiglia avevano irrimediabilmente minato alla base il loro rapporto, finchè ella aveva ricevuto una loro lettera, in cui la accusavano di averlo tradito e le manifestavano tutto il loro disprezzo. Al ritorno dal lavoro nella dogana, Kathrine aveva trovato l’appartamento quasi vuoto: Thomas si era ripreso tutte le sue cose e l’aveva lasciata senza una parola.

Kathrine decise di dare una svolta alla propria vita e si imbarcò su una nave, per fare un viaggio, così senza meta, ma improvvisamente provò la sensazione di essere diventata un’estranea, come se “fosse uscita dalla sua vita come da una casa e ora la vedesse dall’esterno”. Si era illusa che Thomas l’amasse, ma in realtà egli l’aveva inglobata nel suo mondo e “la vita di lui era come una linea che attraversava il paesaggio indefinito della sua esistenza”. Kathrine intraprende un viaggio al circolo polare, un luogo lontano, quasi magico, si era immaginata mondi meravigliosi e variopinti in cui tutto era diverso, avvertiva il bisogno di luce, perché non riusciva mai a vedere il sole; incontrò varie persone nei suoi viaggi in treno, andò a trovare Christian, come se dalla loro vicinanza potesse scaturire qualcosa, di indefinibile, ma che la facesse sentire viva, ma aveva provato un senso di vergogna anche fisica davanti a lui e si era sentita inadeguata. L’elemento peculiare che traspare dalle pagine di questo libro è un sentimento velato di malinconia, il tentativo di cercare se ci sia un’esistenza diversa da qualche altra parte, l’essere perennennemente “in viaggio”, provando un profondo desiderio di affetto e considerazione.  Viaggiare, portando con sé i ricordi di uomini amati e odiati, di rimpianti e di illusioni perdute. E quelle nuove città, piene di sole, in contrasto con il buio e il silenzio della neve, come Parigi, fanno da contraltare a ricordi sopiti, a illusioni cresciute con la lontananza, alla ricerca di nuovi rapporti che spezzano la monotonia di giorni sempre uguali. E anche Parigi diventa solo una tappa nel fluire dell’esistenza, un modo per ricominciare, per chiudere una porta e tentare di aprirne un’altra, più vera, scegliere di vivere nella serenità, anche se è difficile, con la consapevolezza che tutto resta uguale e la vita continua: “divenne buio e divenne chiaro”.

A cura di Ilde Rampino


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