“Un mondo nascosto” di Sue Miller

“Un mondo nascosto” di Sue Miller. E’ come il riprendersi una storia in mano, attraverso i racconti o meglio i diari della nonna, che rivivono in parole o in gesti nascosti una verità mai detta. Rivedere la casa di sua nonna, dove ha trascorso l’infanzia, è per Catherine, un attraversare le stanze piene di vecchi oggetti, forse per ritrovarsi e pian piano scoprire una donna diversa da quella che ricordava e che aveva immaginato. Nella casa della nonna Catherine va alla ricerca di tracce dell’esistenza che aveva vissuto laggiù, comincia a disporre le cose che aveva scelto per prendere possesso simbolicamente della casa.

La prima volta che aveva trascorso un periodo da sua nonna era stata quando aveva sette anni e con suo fratello Lawrence, di poco più grande, era stata accolta da Georgia per allontanarla dal peso ingiusto che la malattia di sua madre comportava, per il linguaggio rude e minaccioso, che lei talvolta utilizzava durante le sue crisi: essi avevano uno strano atteggiamento verso la sua malattia, la amavano molto e sembrava come se lei avesse l’ esigenza di essere al centro della loro attenzione. Catherine idealizzava il mondo in cui i nonni vivevano, con il loro ordine, le loro certezze, la loro fedeltà coniugale e la devozione profonda, era come se essi rappresentassero la più pura forma di amore. Il nonno era sempre premuroso e protettivo nei confronti della nonna.  A volte i suoi ricordi erano immagini sbiadite e quando andava a trovare i nonni era come compiere un viaggio nel tempo: in un baule pieno di biancheria, trova le lettere di sua nonna e per lei quel gesto rappresenta un modo per comprendere quali fossero i suoi pensieri più reconditi. Catherine ricordava che sua nonna le aveva regalato un diario, per annotare le proprie sensazioni e le proprie paure. Attraverso le parole scritte da lei, Catherine  comprese che Giorgia poche volte era stata realmente se stessa, perché sempre costretta da scelte che le venivano imposte o che si era imposta lei stessa, perché aveva l’abitudine di ascoltare ciò che le scaturiva dal cuore. Georgia si era sentita abbandonata dopo la morte della madre anche se era più libera, era come se ”la sua infanzia se ne fosse andata senza che lei avesse potuta viverla”, si sentiva gratificata quando poteva prendersi cura degli altri e soprattutto del padre, anche se si sentiva a disagio con la sua nuova donna, lo avvertiva come un tradimento, perché la faceva sentire inutile.

L’esperienza che l’aveva irrimediabilmente segnata era stato il periodo che aveva trascorso in sanatorio, a causa dei suoi problemi di respirazione; la vita là dentro diventava il rovescio della vera vita o a volte, l’unica vita possibile, la reazione al dolore o la ricerca di “eventi” che diano una scossa ad un’esistenza di solitudine. Era come entrare in un mondo nuovo e sconosciuto che avrebbe cambiato il suo futuro e il suo destino. Le lunghe ore trascorse al sole sul terrazzo all’aperto, in cui era immersa in un flusso costante di emozioni, le dava la strana sensazione che la vita non fosse sua e che avesse fallito in tutto e si sentiva esclusa da tutto ciò che amava, soprattutto dai suoi fratelli e da suo padre. Era ossessionata dalle regole ad ogni ora del giorno e al contempo aveva “un’avidità di vita”, una curiosa energia, mentre osservava gli adulti che si comportavano in modo infantile. Si sforzava di comprendere quell’universo che non le era familiare, il senso di vergogna e fascino che circondavano quel luogo, lontano dal mondo.

Il suo primo amore era stato Seward: lei era consapevole del disperato bisogno che aveva di lei, mentre il giovane provava una coraggiosa e tenace capacità di ignorare il fatto che stava morendo, anche se spesso diceva di voler partire con lei per andare in Colorado: era il suo sogno, la sua speranza di guarigione. Georgia non aveva avuto il coraggio di seguirlo nel suo sogno e si era affidato all’amore tranquillo e pacato di John, il suo medico. Avrebbe voluto voltare le spalle a tutto ciò che era stato difficile, come una madre che non sapeva parlare con lei e quel sentimento la rendeva serena e in seguito lo sposerà. La notizia della morte di Seward le giungerà anni dopo e quando lo rivela a John, ascolta parole che le fanno molto male: “Dovevo fare quel che ritenevo meglio per te”, confessandole che le aveva consigliato il sanatorio per liberarla dalle tensioni che viveva in famiglia. Georgia rimpiangeva la vita come era una volta e comincia a piangere disperatamente per il disastro che era diventata la sua vita a causa delle menzogne, per la sua casa e la sua famiglia. In lei nasce il desiderio di ricominciare tutto in un posto diverso e quando decide di far riportare il corpo di Seward a casa, deve scontrarsi con l’incredulità di John, che tuttavia ancora una volta le è vicina perché la considera “onesta fino allo scrupolo”. L’ essersi allontanata da Seward, il suo primo e disperato amore, il suo mancato coraggio ad operare delle scelte, lasciandolo andare al suo destino viene rivissuto e in un certo senso riequilibrato alla fine, quando lo accompagna nell’ultimo viaggio, incinta del figlio di John. E’ come un riconciliarsi di un’anima divisa e, solo allora, quando la febbre e i ricordi del passato si sono placati, riesce ad avere un rapporto vero, senza finzioni, né rimorsi e a lasciare a sua nipote l’immagine di una donna vera.

A cura di Ilde Rampino

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