«Legge ammazza imprese servita», Confimprenditori: grazie Bonafede

L'ANALISI. La critica di Gerardo Santoli: sotto silenzio è passato il nuovo ‘Codice della crisi d’impresa’, tagliola pesantissima sulle piccole attività che mette a rischio 35mila negozi e, di fatto, rende impossibile aprire nuovi esercizi

Confimprenditori l’ha definito una legge «ammazza imprese» il «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza», pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2019, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n 155. Il Vicepresidente Gerardo Santoli rilancia la critica della sua organizzazione ad una regola che cancella la responsabilità limitata delle società, mettendo a rischio negozi ed esercizi. Di seguito l’analisi.


UN’ALTRA LEGGE NEMICA DELLE AZIENDE SI AGGIUNGE ALL’ISTERIA NORMATIVA CHE RENDE LA VITA IMPOSSIBILE AGLI IMPRENDITORI. È ORA DI DIRE BASTA

di Gerardo Santoli | Vicepresidente di Confimprenditori

Gerardo Santoli, Vicepresidente di Confimprenditori

Sotto silenzio, è passata la legge ammazza imprese. Il nuovo ‘Codice della crisi d’impresa’, voluto dal ministro Bonafede e già ribattezzato “codice per mettere in crisi l’impresa”, è infatti una tagliola pesantissima sulle piccole attività che mette a rischio 35mila negozi e, di fatto, rende impossibile aprire nuovi esercizi. Si aggiungono costi e adempimenti amministrativi in un contesto già molto difficile, in cui il profitto è visto come “sterco del demonio” e ogni imprenditore è penalizzato, mentre dovrebbe essere elogiato. La riforma commette due errori fondamentali. Cancella il concetto di “responsabilità limitata”, per cui chi si assume il rischio di un’iniziativa imprenditoriale rischia di rispondere con il patrimonio personale nel caso in cui le cose vadano male. E poi obbliga ad assumere un “delatore”, una sentinella che dovrebbe avvertire il titolare in caso di potenziali irregolarità.

Il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede

Ma, poiché queste pesanti responsabilità legali dovrebbero essere svolte in cambio di poche migliaia di euro, è evidente che nessuno voglia farlo. E, vista l’assurdità della legge, non è casuale nemmeno che solo un’azienda su quattro si sia messa in regola nonostante i termini siano scaduti a ottobre 2019. Ecco, sembra quasi che si voglia scoraggiare quei pochi che ancora credono nell’imprenditoria e vogliono mettersi in gioco. Tra l’altro, questi aggravi si sommano a molti altri. Secondo la Cgia le ultime norme produrranno 3,2 miliardi di maggiori costi burocratici, che si aggiungono agli oltre 57 miliardi spesi ogni anno dalle aziende per essere in regola con la pubblica amministrazione. Sono più di 60 giorni di lavoro, l’8% della ricchezza nazionale prodotta ogni anno. Insomma, se già è difficile fare impresa normalmente, come dice la parola stessa, in Italia sta diventando (un’impresa) impossibile. Eppure non si può fare a meno delle imprese, perché sono quelle che creano ricchezza, pagano stipendi, diffondono benessere. Per cui è ora di dire basta a questa concezione anti-sviluppista che criminalizza il profitto e rende la vita degli imprenditori ogni giorno più difficile, basta a questa isteria normativa che complica la vita a chi mette soldi, tempo, ed energia nelle proprie attività. A chi ancora ci crede.


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