“Le luci nelle case degli altri” di Chiara Gamberale

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il capolavoro letterario di Chiara Gamberale

“Le luci nelle case degli altri” di Chiara Gamberale. La morte improvvisa di una giovane donna, Maria, crea un turbinio di sensazioni contrastanti nel condominio di Grotta Perfetta, che lei amministrava, un microcosmo chiuso al mondo esterno, in cui si annidavano segreti e spesso rapporti di pura apparenza. La vicenda gravita attorno al destino di sua figlia, la piccola Mandorla, di appena sei anni, rimasta sola, che si trova a dover fronteggiare una situazione molto difficile. Il segreto che ruota attorno alla sorte della bambina è inconfessabile, perché riguarda il nome di suo padre, uno dei membri del palazzo. Maria ha sempre serbato il suo segreto, tenendo tutti all’oscuro e solo alla sua morte, Tina, che abitava lì, ha appreso tutto da una lettera che lei le aveva affidato. La conoscevano tutti, Maria e la apprezzavano, perché aveva un carattere particolare, era molto comunicativa, anche troppo, come azzardava qualcuno tra sé, e trasformava le riunioni condominiali in una sorta di terapia di gruppo in cui venivano fuori le varie dinamiche familiari.

Mandorla si trova improvvisamente catapultata in una situazione paradossale, sballottata tra i vari piani e affidata alle diverse famiglie, mentre la parola ”Mamma” è quella che scandisce le sue giornate e le sue notti insonni, soprattutto durante la sua infanzia e le tiene compagnia come una cantilena che culla la sua tristezza. Il racconto si snoda attraverso i vari piani, che vengono analizzati come se fossero un mondo a sé, dove ferve la vita delle diverse famiglie e si annidano i contrasti celati.

Tratteggiato dall’autrice con sprazzi di struggente malinconia è il personaggio di Tina, una donna avanti negli anni che non si è mai sposata e che, sin da quando era ragazza, si era sentita sempre inferiore alle altre e non pensava di meritarsi nulla di buono, spesso veniva presa in giro. Lei si rifugiava nel suo mondo fatto di piccole cose, mentre gli anni passavano senza che nessun cambiamento avvenisse nella sua vita. Quella lettera che Maria le aveva affidato la rende tutta ad un tratto protagonista nel prendere una decisione riguardo a Mandorla, che prima la considerava quasi una sorta di strega e poi aveva cominciato a chiamarla “mamma” e tutto ciò aveva reso felice Tina, anche se acuiva il suo senso di responsabilità. Sentiva il dovere di proteggere la bambina, le vietava di uscire di casa, terrorizzandola con i racconti delle violenze che venivano perpetrate nelle strade, soprattutto con la figura di Porcomondo, una persona pericolosa che faceva uso di droga e da cui bisognava assolutamente tenersi lontano. Tina, che non era riuscita a crearsi una propria vita e colmava il suo senso di solitudine attraverso colloqui con persone immaginarie, che per lei erano vere,fa una proposta incredibile, cioè affidare la piccola Mandorla a tutte le famiglie del condominio che si sarebbero occupate di lei, dividendosi i compiti. La prima reazione di sorpresa si trasforma poi  in un sentimento di accoglienza nei confronti della bambina, pur con opinioni e atteggiamenti diversi talvolta in contrasto tra loro. Mandorla aveva reso tutti loro una famiglia e si preoccupavano di fare in modo che la bambina non scoprisse mai la Verità inconfessabile, nascosta in realtà a tutti, di chi fosse il suo vero padre. I misteri, come ci fa capire l’autrice, fanno parte della vita di molti di noi, spesso ci circonda una realtà inafferrabile e ”viviamo tutti all’oscuro di qualcosa che ci riguarda” e a volte immaginiamo vite diverse, percependo solo ciò che vediamo, come ”le luci nelle case degli altri”.

Mandorla si trova al centro di una situazione che a volte non riesce a gestire, avverte dentro di sé qualcosa che la spaventava e allora chiudeva le saracinesche della sua anima, inventava filastrocche con ciò che la faceva soffrire, come per esorcizzare la paura, avrebbe voluto essere uguale agli altri della sua età, si chiede continuamente chi sia suo padre, forse un astronauta, il “buco” di tristezza e solitudine nel suo stomaco si allarga sempre più e comincia a reagire anche con aggressività ai consigli degli altri, anche attraverso una vendetta sentimentale nei confronti di Matteo, che ama e da cui non si sente riamata. Mandorla sente il bisogno di ritagliarsi un ruolo anche e soprattutto ribellandosi alla sua instabile situazione in cui erano gli altri a decidere per lei. Inizia una storia con Palomo, un ragazzo difficile, ma la sua ingenuità la pone in una situazione pericolosa, spera che egli non le faccia del male e si affida totalmente a lui, mentre gli altri, preoccupati per lei, cercano di accettare la sua storia e vogliono proteggerla in tutti i modi. L’ultima possibilità che coloro che si sentono la sua famiglia le prospettano è il test del DNA, la prova definitiva che stabilirà la reale paternità. Struggente è il colloquio immaginario che Mandorla ha con sua madre, che con dolcezza le suggerisce che i genitori fanno quello che possono, non possiamo sempre colpevolizzarli e cercare delle risposte. L ’unico perdono possibile che possiamo concedere ai nostri papà e alle nostre mamme è quello di lasciarli andare ad un certo punto e ricominciare a vivere, una grande lezione di vita per tutti.

A cura di Ilde Rampino

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