Settore del vino in crescita da 25 anni. Serve una governance

Intervista al presidente del Gal Irpinia Giovanni Chieffo che oggi interviene in un Focus promosso a Taurasi: "Il comparto enologico può diventare una realtà industriale, ma servono necessarie scelte coraggiose"

Settore del vino in crescita da 25 anni, crea lavoro. Serve una governance. “Il vino è un’industria e può creare posti di lavoro, ma il complesso percorso di valorizzazione non può essere ceduto alle sagre, nè ad iniziative spot, che sul territorio dovrebbero avere il ruolo di conservazione della cultura contadina”. Alla vigilia del focus su “Vino, terra e turismo” promosso dal Comune di Taurasi nella cornice di Palazzo Marchionale, il presidente del Gal Irpinia Vanni Chieffo anticipa la risposta del convegno a cui è stato invitato in qualità di relatore insieme al Presidente della Camera di Commercio di Avellino Oreste La Stella, e Francesco Todisco consigliere regionale con delega alle aree interne. Il Gal Irpinia infatti, così come la Camera di Commercio di Avellino rappresentano due attori di primo piano nel percorso di promozione e valorizzazione del vino irpino, ed entrambi si sono rivelati nel tempo, supporter- con strumenti e mezzi differenti- della campagna di brandizzazione del vino “made in Irpinia” soprattutto nelle fiere internazionali.

“Terra, vino e turismo: si continua o si ricomincia?” è l’interrogativo provocatorio lanciato dai promotori della manifestazione, che al tavolo saranno rappresentati dal sindaco di Taurasi Antonio Tranfaglia. “Certamente si continua” risponde Chieffo, anticipando le argomentazioni del convegno. “E’ stato realizzato un grande lavoro negli ultimi 25 anni e chi si affaccia oggi sulla scena non ha nessuna idea di come fosse l’economia rurale. L’incremento delle cantine e il grane lavoro che è stato fatto in questi anni, consente oggi di celebrare i vini irpini e di pretendere che calchino scene internazionali. Certo, l’Irpinia non è Montalcino, nè è paragonabile al Chianti, dove è possibile annoverare una tradizione secolare” continua.

Negli ultimi due decenni, l’irpinia ha già recuperato la sua vera vocazione agricola rispetto al post terremoto, e alla corsa frenetica all’industrializzazione, che aveva sacrificato la terra e la forza lavoro nei campi per rincorrere il sogno della modernità trascinato dall’industria pesante. Prima della politica e degli indirizzi di governo, gli agricoltori e soprattutto i “nuovi agricoltori” hanno saputo cogliere le nuove opportunità di crescita derivanti dalla terra, investendo sulle risorse endogene locali. “Da una economia rurale di consociazione, case coloniche con addetti all’agricoltura, orto e alberi da frutta si è passati ad un ridisegno generale, che ha visto il proliferare di filari di vini pregiati, oliveti di altissimo livello dal Sele all’Ufita. Il Gal è stato determinante in questo cambio di passo: dal 1990 l’Europa finanzia la nascita di nuove cantine ed esperienze” chiarisce Chieffo.

Da un bilancio del Gal Irpinia è emerso che ogni agenda programmatica quinquennale ha finanziato 60 nuove aziende, gestite da personale con un età media di 30 anni, e il 50 per cento è rappresentata da donne. Il 70 per cento dei fondi sono stati destinati a professionalità lontane dal mondo dell’agricoltura, e che fino a quel momento avevano svolto tutt’altra professione nella loro vita. “Cantine, agriturismi e indotto di varia natura creati dalla filiera agroalimentare hanno ricostruito l’originaria impalcatura socio economica di questo territorio, e questo ha amplificato molto il risultato; ma produce anche un proliferare di presunti esperti che non giova al dibattito teso alla crescita” polemizza.

Su uno dei grandi pilastri dell’economia irpina, a detta del presidente del Gal sarebbe opportuno un coordinamento, “ma non una regia unica perchè non sono un sovranista. Sarebbe opportuno fare il punto su quanto è stato realizzato fino ad ora e stabilire le azioni future per completare o integrare questo percorso, senza disperdersi in iniziative inutili. Le sagre per esempio, sono interessanti se caratterizzate sulla divulgazione e conservazione della vecchia cultura contadina di 100 anni fa. Andrebbe fatta una selezione a monte, per costruire un apposito cartellone e caratterizzarlo come attrattore culturale itinerante; diversamente ogni sagra si tradurrà in consumo di prodotti di massa, che conclusa la festa, non avranno prodotto risultati”.

In questo scenario sono chiamati a pronunciarsi le Pro Loco, ma anche la Provincia di Avellino e l’esecutivo Biancardi, impegnata nella promozione turistica, e infine il Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia. “La Provincia ha altre mansioni, mentre le Pro Loco in provincia di Avellino hanno un ottimo coordinamento regionale e rappresentano un braccio operativo del turismo. Il Consorzio di tutela invece- e conclude- da quando è nato, è sempre stato connotato da uno scontro politico interno: mentre il Consorzio di Benevento portava a casa importanti risultati, quello di Avellino non riusciva a decollare. Mi auguro che questa pax generale possa emulare l’esempio dei sanniti, che sul vino hanno ottenuto importanti riconoscimenti”.

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