Il Museo etnografico di Aquilonia sulle rotte turistiche svizzere

Domani 6 agosto rappresentanti della Federazione e Sportello Basilicata in Svizzera e del Comitato dei Sanfelesi in Svizzera Giuseppe Ticchio e Antonio Carlucci, incontreranno la Consulente Nuovi Turismi e Vice Console Touring Club Italiano Fernanda Ruggiero, per visitare il Museo e inserirlo tra i viaggi emozionali dedicati al Turismo di ritorno per italo-svizzeri nell'Estate 2020

Il Museo etnografico di Aquilonia sulle rotte turistiche svizzere. L’istituzione culturale ideata e realizzata da Mimì Tartaglia sarà un ponte tra Aquilonia e la Svizzera. Martedì 6 agosto rappresentanti della Federazione e Sportello Basilicata in Svizzera e del Comitato dei Sanfelesi in Svizzera Giuseppe Ticchio e Antonio Carlucci, si recheranno ad Aquilonia con la Consulente Nuovi Turismi e Vice Console Touring Club Italiano Fernanda Ruggiero, per visitare il Museo Etnografico Beniamino Tartaglia.

Giuseppe Ticchio

«La volontà è di inserire tale Museo in una proposta di viaggi emozionali dedicati al Turismo di ritorno per italo-svizzeri, da realizzarsi per la prossima Estate 2020», fanno sapere i promotori in una nota. «Alla base di questa scelta rientra il fatto che si tratta di uno dei musei etnografici più grandi in Italia, sapientemente allestito e caratterizzato dalla presenza di decine di botteghe ricostruite in maniera certosina a partire dai ricordi degli anziani». Il museo viene inteso come una teca identitaria di un popolo che oggi stenta a ricordare le proprie origini e la civiltà contadina. «Poiché la memoria della vita e della cultura di un comune irpino come Aquilonia può rappresentare un ponte con altre persone e realtà, i visitatori si fermeranno anche a degustare pietanze irpine con l’auspicio di creare un ponte e spazi di confronto tra l’Irpinia e la Svizzera, tra Aquilonia e italo-svizzeri e tra irpini e lucani visti i territori confinanti e spesso poco conosciuti dai vacanzieri delle rispettive regioni Campania e Basilicata», concludono i promotori.

IL MUSEO. Scaturito dalla passione del professore aquiloniese Beniamino Tartaglia nel 1997, il museo oggi si espande su 1500 metri quadri di superficie, suddivisi in due piani, che espongono 14mila oggetti in 130 spazi tematici, oltre ad una biblioteca specialistica ad indirizzo “demo-etno-antropologico”, e con una sala polifunzionale attrezzata per convegni e proiezioni. Si tratta di un museo privato e gestito da volontari, che occupa un edificio di proprietà comunale ceduto in comodato d’uso gratuito per i prossimi 29 anni. Le esposizioni sono filologiche ricostruzioni di ambienti di vita e di lavoro offerte ai visitatori in una sorta di viaggio tra i vicoli di un ideale centro storico, dove si affacciano botteghe artigiane e spazi di vita vissuta. Dal barbiere, passando per l’ombrellaio e il banditore, ogni sezione espone e racconta in maniera analitica e dettagliata i mestieri e l’artigianato di un tempo, quelle attività che hanno articolato la catena produttiva e l’economia rurale. Tutto strettamente legato al lavoro nei campi e ai ritmi della terra. Grande impulso allo sviluppo del Museo lo ha dato l’architetto Donato Tartaglia, direttore di questa istituzione scomparso prematuramente nel 2015.

AQUILONIA SCRIGNO DELLA MEMORIA ITALIANA. Aquilonia custodisce il più grande patrimonio etnografico ed antropologico d’Europa. È stato raccolto a partire dalla fine degli anni ‘90 dallo studioso che ha dato poi il nome al museo, Beniamino Tartaglia, scomparso nel 2006. Nei due livelli della sua funzionale ed elegante struttura, allestita a pochi passi dal centro del paese nuovo, migliaia di oggetti, reperti e documenti ricostruiscono la vita contadina, che lungo l’Ofanto si è sviluppata negli ultimi duemila anni, attraverso varie evoluzioni storiche. In vista dall’ingresso, a valle si ammirano i resti dell’antica Aquilonia, già Carbonara, centro irrimiediabilmente distrutto dal sisma del 23 luglio 1930 e per questo abbandonato. Il nuovo insediamento sorge sulle più solide e protette alture circostanti, che all’orizzonte stagliano il celebrato borgo di Monteverde ed il suggestivo lago artificiale di San Pietro. In questa cornice fuori dal tempo, il museo ha cristallizzato il tessuto socio-economico del Secolo Breve. Le scene di vita, di disperazione, di guerra e di stenti, che a valle hanno avuto luogo dall’epoca sannitica, evolvendo fino al ‘900, sono ricomposte e fermate nell’attimo. Il Museo ‘Beniamino Tartaglia’ testimonia la vocazione rurale le potenzialità di un popolo che ha strappato alla terra il suo diritto alla sopravvivenza. Questo museo è un contenitore di identità e radici, rappresentate nella quotidianità di un mondo contadino, che nei secoli ha acquisito consapevolezza e saperi, dando impulso al progresso civile e culturale. La borsa del medico, i banchi della scuola, lo scaffale del farmacista, gli strumenti delle botteghe artigiane, i libri e gli apparecchi fotografici, declinano la modernità di gente, che non ha vissuto solo di pastorizia e colture, ma ha lottato per difendere i propri principi, ora contro i Romani, ora in opposizione ai rossi vessilli garibaldini.

Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

«LA BELLA IRPINIA» SCRIVEVA IL CORRIERE DELLA SERA NEL 1930. Tra i documenti custoditi nella biblioteca, ricca di oltre quattromila volumi, un articolo scritto da un inviato del Corriere della Sera ad Aquilonia nell’estate del 1930, dopo il terremoto del 23 luglio. ‘Elogio dell’Irpinia’, pubblicato sulla rivista mensile allegata al quotidiano, racconta l’Ofanto di oggi: “Eppure l’Irpinia, poco conosciuta forse per colpa dei suoi stessi uomini, è davvero una provincia che più delle altre meriterebbe una sorte migliore e che dovrebbe vedere le sue vallate, i suoi monti e le sue pianure popolati di turisti assetati di bellezza e di tranquillità”. Questa bellezza è stata concentrata negli spazi del museo etnografico, che racconta su piccola scala le testimonianze descritte dall’ecomuseo, fruibile già dalla balconata della struttura, e che trova a poche centinaia di metri uno dei siti archeologici abbandonati più significativi dell’Italia meridionale.

Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

MUSEO ETNOGRAFICO DI AQUILONIA, LA POMPEI DEL CONTADO OFANTINO. Aquilonia-Carbonara, ripudiata dai suoi stessi abitanti nel nome, per essersi opposta all’Unità nazionale a favore dello stato borbonico, rifondata fuori sito in seguito al terremoto del 23 luglio 1930, è una delle 15 ‘Città Itineranti d’italia’. Sono definite così le aree urbane costruite lontano dal luogo di origine. Da queste alture tappezzate di manti verdissimi ondeggiati dal vento, i resti del paese vecchio costituiscono il completamento del museo, offrendo un concreto palcoscenico dove proiettare il dolore, le gesta e l’opera delle generazioni, di cui resta traccia negli ambienti ricostruiti nel museo. Nello sguardo reciproco, museo e rovine completano, dando vigore e profondità alla vicenda storica, come lo stesso ex Ministro Fabrizio Barca ha ammesso, visitando Aquilonia. Se Matera ha conquistato il ruolo di capitale europea della cultura, mettendo in luce il più grande borgo abbandonato del Mezzogiorno, Carbonara si candida a diventare un polo culturale dedicato all’Appennino.

Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

QUANDO L’ANTICA CARBONIA SI OPPOSE A GARIBALDI. Antica cittadina osca, Aquilonia divenne uno dei centri del Sannio secoli prima dell’arrivo dei romani, che la distrussero nel 293 avanti Cristo. Devastata anche dai barbari e riedificata dai Longobardi, subí nel 1078 una nuova distruzione da parte dei Normanni. La popolazione, oltre che nel centro di Carbonara, visse, fino al XV secolo, distribuita in vari casali, dei quali rimangono i toponimi Casalvetere, Pietrapalomba, e Pesco di Rago. Il feudo di Carbonara appartenne ai Del Balzo, ai Caracciolo e agli Imperiale. Nel 1860, una violenta sommossa antiliberale provocò nove vittime. Ne seguí una sanguinosa repressione ed il ripristino del nome di Aquilonia. L’antico centro urbano fu danneggiato da periodici terremoti, l’ultimo dei quali, nel 1930, risultò catastrofico. Il nuovo abitato fu delocalizzato a circa 2 chilometri dal vecchio: la divisione in piccole insulae, le strade larghe e rettilinee ne fanno una moderna cittadina. Il vecchio centro di Carbonara-Aquilonia, riscoperto dopo settanta anni di abbandono e saccheggio, attraverso mirati interventi di recupero-ricomposizione, si è trasformato in un suggestivo Parco Archeologico.

La bandiera della Repubblica italiana sventola sul Palazzo del Quirinale in Roma, sede della Presidenza della Repubblica, la massima istituzionale nazionale. Accanto i vessilli con i colori e i segni del Quirinale e dell’Unione Europea

L’EPOPEA DI UNA TERRA NEL MEZZOGIORNO PROFONDO DELL’ITALIA UNITA. Il sisma del 1930 ha prodotto il definitivo svuotamento del vecchio abitato, un tempo popoloso e compatto, dove le stagioni e le ore della giornata scandivano la vita, ordinando le attività del villaggio. Un patto di implicita condivisione e comunanza aggregava gli abitanti, tra solidarietà, vicinato più o meno buono, umane miserie e sofferenze, condite dalla fame, dagli stenti, dalla povertà. In questo universo-mondo, superstizione e fattucchiere hanno degnamente sostituito l’assistenza sanitaria, mentre una stretta di mano valeva più di un atto notarile, e l’unico cerimoniale concepibile era quello legato alla raccolta dei frutti che solo il duro lavoro nei campi produceva. I ritmi biologici erano strettamente legati alla fertilità della terra, grande madre e matrigna, intorno a cui si concentravano la quotidianità. Prima del rintocco delle campane, il tempo era stato scandito dal movimento del sole. Il 1930 rappresenta lo spartiacque tra un passato antico e un futuro giovane e incerto. Il terremoto rase a suolo Carbonara e le viscere della terra restituirono alla luce il parco archeologico, mentre sulla collina fu edificata la cittadina di Aquilonia, che con la delocalizzazione fu costretta a riempire bauli di terra e a costruirsi una nuova identità ancora attesa.

Fabrizio Barca ai tempi in cui era Ministro della Coesione. Ha promosso la Strategia Nazionale delle Aree Interne come strumento di sviluppo dell’entroterra, in particolare ungo la dorsale appenninica

LA VISITA DEL MINISTRO BARCA NEL 2012: IL MUSEO ETNOGRAFICO DI AQUILONIA È  N ESEMPIO PER L’EUROPA. Il Museo etnografico codifica il futuro distretto rurale dell’Alta Irpinia. Proprio visitando questi luoghi, il ‘Comitato Strategico Nazionale per le aree interne’ guidato da Fabrizio Barca, ha deciso di sperimentare nelle terre dell’Ofanto e del Calore un modello avanzato e industriale di sviluppo agricolo. La ‘civiltà contadina’, con l’aiuto della tecnologia applicata all’agricoltura, potrà creare in Irpinia una piccola America del grano e delle eccellenze enogastronomiche. La struttura museale di Aquilonia custodisce le radici della cultura da cui trae ispirazione il Progetto Pilota.


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