In Calabria 500 irpini e sanniti: senza Sud non c’è Italia

Sindacati in piazza in Calabria per il Sud: unire il Paese dal Mezzogiorno, il monito delle sigle sindacali confederali. La marcia è stata aperta dai segretari generali della Cgil, della Cisl e della Uil: Landini, Furlan e Barbagallo

Mario Melchionna con la folta delegazione di lavoratori irpini e sanniti. In 500 da Irpinia e Sannio a Reggio Calabria: «Senza il Sud non c'è l'Italia»

In 500 da Irpinia e Sannio a Reggio Calabria per manifestare l’orgoglio della cittadinanza italiana contro le politiche divisive sulle risorse e i diritti, a partire dalla cosiddetta autonomia differenziata. «Oltre cinquecento lavoratori e pensionati sono giunti a Reggio Calabria dall’Irpinia e dal Sannio per rivendicare la centralità del Sud nel Paese: senza il Mezzogiorno non c’è l’Italia», hanno urlato, marciando accanto ai segretari generali Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Mario Melchionna, segretario della Cisl Irpinia Sannio era tra loro, mescolati ai lavoratori e ai pensionati giunti anche dal Nord del Paese. Non c’erano solo cittadini campani, siciliani, pugliesi, ma anche piemontesi e veneti, torinesi e calabresi provenienti da ogni angolo della regione ospitante.

I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil in testa al corteo marciano per il Sud. Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo portano avanti il cartello che rivendica per il Mezzogiorno il diritto al lavoro
Annamaria Furlan intervistata dall’inviato di una emittente calabrese. Sullo sfondo Mario Melchionna
Il segretario della Cisl, Mario Melchionna, al termine della marcia per le strade di Reggio Calabria

IN 500 DA IRPINIA E SANNIO A REGGIO CALABRIA PER RIVENDICARE L’APPARTENENZA ALL’ITALIA INSIEME A PUGLIESI, SICILIANI, MA ANCHE VENETI E PIEMONTESI. Tra la gente la sensazione che l’Italia si stia dividendo è palpabile. Il modo scelto per rivendicare uno spazio del Mezzogiorno in una agenda del Governo percepita come ostile è quello di richiedere risorse, investimenti, far sentire la rabbia dei precari, dei disoccupati, ma anche di chi lavora per non riuscire a condurre un livello di vita dignitosa, all’altezza di un Paese tra i primi d’Europa per risparmio privato e sistema industriale. Il corteo è stato aperto dallo striscione con la scritta «#futuroalLavoro. Ripartiamo dal Sud per unire il Paese», retto dai segretari generali Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, che hanno ritrovato unità e unitarietà forse troppo tardi. Ma tra chi è venuto a marciare per le strade di Reggio Calabria la speranza è ancora viva, a patto di rendere la mobilitazione nazionale unitaria uno strumento stabile. La parola d’ordine qui è lavoro, l’unico strumento utile a sanare le profonde disuguaglianze sociali e economiche che scavano solchi profondi tra i territori, tra le famiglie.

Il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, accanto a Mario Melchionna, segretario della Cisl Irpinia Sannio

Chi marcia a Reggio Calabria boccia la flat tax, chiede investimenti pubblici nelle opere, ma anche nei servizi, nei diritti, in un welfare che aiuti le famiglie a riprendere la propria dignità, erosa dalla caduta del potere di acquisto. L’inflazione una volta riguardava la moneta, la Lira, ora si pratica sui salari, sul praticantato. Il Paese visto a Reggio Calabria si sta impoverendo, governato male da chi utilizza i dissidi politici e le crociate contro gli immigrati come “armi di distrazione di massa”. Il Mezzogiorno chiede spazio. Il sabato di Reggio Calabria potrebbe la prima di una lunga serie di manifestazioni.

Le bandiere della Cisl e delle altre sigle confederali presenti alla manifestazione di Reggio Calabria, la Uil e la Cgil
Delegati Cisl di Irpinia e Sannio a Reggio Calabria

 

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