Matteo Renzi

Rispunta Renzi nel dibattito interno al campo riformista mentre la metà degli italiani disertava i ballottaggi nelle città. Mentre Salvini si consola con Ferrara ma perde a Cremona, Rovigo, Livorno, Prato e Reggio Emilia, il campo riformista si interroga su come tornare ad essere alternativa oltre il buon risultato maturato nei due turni nelle città. Non si può parlare di sconfitta per la Lega, ma certo di segnali e avvisaglie sì. Il passo falso di Cremona arriva a due settimane dalla lezione impartita da Giorgio Gori a Bergamo e il giubilo amplificato sui social media per aver espugnato Ferrara non può far dimenticare che a pochi passi da lì il Carroccio ha perso Rovigo. Altri segnali giungono da Toscana ed Emilia, dove nell’ordine Livorno, Prato e Reggio non vanno al Centrodestra, sempre meno puntellato dagli Azzurri di Forza Italia. Salvini prende Vercelli e Forlì, conferma al Centrodestra Foggia, ma deve registrare lo stop a Campobasso imposto dai Cinque Stelle, ottenendo Potenza di un soffio.

Questi segnali arrivano a tre mesi dalla Legge di Bilancio, in un contesto di progressivo isolamento italiano in europeo, con la quasi certezza che non si voterà in autunno. Il Quotidiano La Repubblica ha offerto nella giornata dedicata ai 16 ballottaggi in altrettante città italiane capoluogo di provincia, luoghi di dibattito e discussione al campo riformista. Nelle ultime ore a Bologna ha offerto la ribalta ai principali protagonisti del Centrosinistra di non solo di oggi, alternando sul palco di RepIdee uno dopo l’altro Nicola Zingaretti, Matteo Renzi e Romano Prodi, tra gli altri. Non solo ha fatto lanciare ai tre protagonisti del dibattito in quel campo politico messaggi sostanzialmente complementari di rivalsa in chiave anti leghista, ma ha permesso di far capire che il prossimo ritorno di Matteo Renzi sulla scena avverrà nel Pd. Rispunta Renzi in una fase particolare del confronto interno al campo riformista, quello nel quale serve un leader proiettato verso Palazzo Chigi, per conquistare il quale in primavera si potrebbe votare.

Romano Prodi a Repidee

L’esito di questo voto potrebbe indurre il Carroccio a non indugiare. Tra pochi mesi la spinta culminata nel trionfo alle europee potrebbe essersi esaurita, come è accaduto ai Cinque Stelle. Se il secondo turno ha confermato il tradizionale astensionismo, con una affluenza sul piano nazionale ferma al 52%, determinando in alcuni casi anche il risultato finale, sul piano politico le prime dichiarazioni hanno visto esultare tanto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, quanto il segretario dem Nicola Zingaretti per ragioni diverse. Il primo per un risultato simbolico, la vittoria nella Ferrara storicamente roccaforte di sinistra da prima della Repubblica, l’altro per la riconoscibilità della coalizione. L’impressione è che se c’è una ripresa del campo riformista, al momento la fetta di astensionismo non consente a nessuno di cantare vittoria.

La politica italiana, a prescindere da chi la guidi, continua ad essere punita dall’elettorato quando dimostra di avere responsabilità di governo e di poter decidere. I nuovi spazi dell’opposizione richiedono per trasformarsi in alternativa realistica di governo di uscire dallo schema dello schieramento tradizionale, per offrire un messaggio in grado di parlare all’intera società, offrendo una opportunità di tornare ai seggi i milioni di cittadini che non votano più.

Tra i passaggi dell’intervista di Matteo Renzi a RepIdee, uno è parso significativo. La lotta interna al campo che esprimeva il governo del Paese ha indicato all’elettorato la strada per votare opposizioni fino ad allora minoritarie nel Paese. Senza coesione, serietà e sobrietà, il modello spagnolo e quello scandinavo del rilancio riformista in Italia difficilmente potranno trovare terreno fertile.

Se è vera la profezia di Romano Prodi, “…da ora perderà voti”, guadagnarli non sarà facile per nessuno, se non si proietterà nella società italiana una immagine dinamica di un modello di governo in grado di dare risposte allo stesso momento tanto a chi siede nelle stanze direttive delle imprese, a chi ogni giorno lavora in uno studio professionale, tanto a chi vive di una precarietà che gli consuma il tempo della vita in cui si fanno le scelte.

 

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