Nicola Zingaretti alla convenzione nazionale del Partito Democratico

L’unità del partito va preparata rispettando le differenze, ma il Pd non potrà continuare ad essere quello ridotto al minimo storico alle ultime elezioni politiche.

Senza polemica ma con nettezza Nicola Zingaretti alla Convenzione nazionale che prepara le primarie tra un mese ha chiarito che in gioco non c’è il destino di un leader, ma quello dell’alternativa all’attuale maggioranza (che in futuro si presenterà al voto separata cercando di stabilire connessioni al di fuori del perimetro dell’attuale governo).

Nicola Zingaretti a Roma ha ottenuto applausi e consensi, replicati sui social media, che hanno decretato una vittoria nettissima nel confronto con gli altri candidati alla segreteria. Ufficializzati i dati del suo consenso tra gli iscritti, al di là dei sondaggi che lo danno chiaramente favoritissimo, nonostante il taglio di voti in molte regioni del Sud, è comunque a pochi punti dalla maggioranza assoluta.

La Convenzione dei Democratici a Roma, presso l’Hotel Ergife

Apprezzando il tentativo di Carlo Calenda e del suo listone per le europee, il suo discorso lascia intendere che non cederà al classico abbraccio mortale dello sconfitto. Nessuna commistione per tirare a campare. Chi vuole l’unità la prepari, sapendo che dovrà sostenere la linea che prevarrà nel confronto democratico di fronte al popolo dei Democratici. Del resto, quello che viene considerato il potenziale significativo del listone, sondaggi alla mano sarebbe il terzo dopo Lega e M5s. La linea Calenda non servirebbe a ritrovare il governo del Paese.

L’obiettivo è invece riprendere la responsabilità d governare l’Italia, ha spiegato Zingaretti, che ha indicato nei Cinque Stelle l’avversario da svuotare di consensi, altro che farci degli accordi. Occorre riprendere i voti del Pd fuggiti nell’area di una protesta che ha indicato ora come populista.

Per questo, chi ha portato il partito al 18 per cento deve cedere quel posto che ha clamorosamente abbandonato dopo il referendum del dicembre 2016. Nel Paese ci sono offerte politiche precise, quelle proposte dalla Lega da un lato, dal Movimento Cinque Stelle dall’altro, entrambe euroscettiche e unite sullo scacchiere internazionale, benché diverse e divise sui temi di politica economica interna. Per poter dare agli italiani una proposta in grado di competere nella coerenza dei valori del Pd, occorrerà cambiare il partito nella sua linea, non negli assetti interni.

Si deve «voltare pagina», ha spiegato, «mettendosi al servizio di una missione unitaria di tutto il Paese». Zingaretti propone una forza politica che sappia rinnovare, nel senso di riproporre, la sfida democratica di un Paese che oggi diffida della politica e la rifugge. Per riconquistare i cittadini bisogna farli entrare nelle stanze che contano, esattamente all’opposto di quello che si è visto con il tesseramento in molte regioni del Sud. Il partito che propone Zingaretti somiglia molto a quello di Aldo Moro, con porte e finestre spalancate alla società che cambia. Quando lo statista democristiano si mescolava ai giovani delle università per comprenderne il linguaggio, oltre che gli obiettivi, si poneva in ascolto delle generazioni attraversate dalla contestazione del 1968 e del ’77, mentre il Paese era preda di tensioni internazionali che in Italia scaricavano i contraccolpi. Come allora, mentre è in gioco il destino d’Europa, Zingaretti vuole che «nei nuovi organismi dirigenti vengano invitati in forma permanente esponenti delle associazioni del volontariato, del mondo studentesco».

Matteo Renzi nel 2015. Allora era segretario nazionale Pd e Premier

Chiarendo che non chiede abiure a chi ha ricoperto responsabilità commettendo errori che sono di tutti, spiega che voltare pagina è «mettere insieme ai successi anche i nostri limiti e la rottura del nostri rapporti con milioni di italiani, per la nostra difficoltà a leggere il dramma profondo che stavano vivendo milioni di persone». Agli elettori e ai cittadini va offerta una scelta politica che guardi avanti, in sostanza, non indietro.

«Apriremo una fase costituente, ma non sul piano organizzativo: quello che dobbiamo cambiare è la nostra cultura politica, troppo fondata sul sospetto e troppo poco sul rispetto». Nella conclusione, il messaggio chiaro a chi ha sperato di tarparne le ali tentando di arginare l’avanzata sotto il 50 per cento. «Mi candido per proiettarci nel futuro e ritrovare l’entusiasmo per il quale siamo nati».

Un segnale chiaro inviato in particolare a chi ha creduto di poter gestire con equidistanza la sfida sul cambiamento. Zingaretti sente la vittoria vicina al punto da sfidare i competitori, i governatori, il popolo dei Democratici a scegliere il 3 marzo da che parte stare. In questo d’accordo con Giachetti, conterà quello che diranno i gazebo.

Maurizio Martina, al Viva Hotel in occasione della campagna elettorale per le amministrative di primavera a sostegno del candidato del Comune di Avellino, Nello Pizza

Ad Avellino, come dimostrano le parole pronunciate dall’ex segretario Carmine De Blasio a Nuova Irpinia, si è esaurita la fase che aveva portato ad un frettoloso congresso, dopo due anni di attesa. La base del partito, gli iscritti, sono già da un’altra parte. Candidature, ambizioni, ruoli, non possono più considerarsi scontati o precostituiti. Per il Pd le primarie segneranno l’anno zero (o il declino definitivo). Da oggi scatta la corsa ai voti (e alla partecipazione) per la consultazione ai gazebo.


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