Primo presidio infermieristico di comunità rurale. De Angelis: “Ecco la medicina territoriale”

Si inaugura questa mattina a Chiusano San Domenico il primo ambulatorio infermieristico comunale per lenire il carico dei pronto soccorsi ospedalieri e fornire un servizio di welfare sanitario alla popolazione

Nasce a Chiusano San Domenico l’ambulatorio infermieristico comunale “Non più soli”, il primo presidio infermieristico di comunità rurale. Sarà presentato oggi alle 9.00 a Palazzo De Francesco a seguito del convegno su “Il Diritto alla Salute: un bene per le comunità rurali” a cui renderanno parte Carlo Sibilia sottosegretario al Ministero degli Interni, Ugo Grassi Presidente della Commissione Affari Costituzionali al Senato, Generoso Maraia Deputato del Movimento 5 Stelle, Enzo Alaia, vice presidente della Commissione Sanità della Regione Campania, Carmela Vella, direttore della scuola di infermieri del polo didattico di Grottaminarda, Antonio Forgione presidente della Cooperativa Sid e tante altre autorità locali. Modera i lavori Giovanni Savignano, medico radiologo presso l’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino. Soddisfatto il sindaco di Chiusano San Domenico Carmine De Angelis, promotore dell’iniziativa realizzata in collaborazione con Sid e il Progetto Preveniamoci.

Sindaco De Angelis, l’inaugurazione di un presidio infermieristico di comunità rurale è una novità assoluta in provincia di Avellino.

“Abbiamo ritenuto opportuno costruire una rete comunale rurale che garantisca interventi di primo soccorso, sia con consulenza gratuite che convenzionate.

Il progetto nasce dalla collaborazione fra il Comune e la Cooperativa Sid.

“Il Comune di Chiusano ha messo a disposizione gratuitamente l’immobile, ovvero Palazzo De Francesco, che è stato adibito ad una funzione alternativa per sperimentare una gestione della sanità dal basso; e la cooperativa garantirà la gestione dei servizi offerti con la dotazione strumentale necessaria”.

Si tratta di una strategia tesa ad implementare la medicina territoriale.

“Conosciamo bene le problematiche di cui soffrono gli ospedali territoriali, le attese nei pronto soccorso magari per un codice bianco. Con questa struttura invece vogliamo offrire un servizio a portata del cittadino, e a misura di reali esigenze, e per fornire risposte immediate all’utenza”.

Il modello in via di sperimentazione presenta caratteristiche simili a quelle previste per le Unità complesse di cure primarie previste dal Piano sanitario regionale elencate alla voce ‘medicina territoriale’.

“Ci sono elementi vicini alle Uccp, ma il sostegno economico e finanziario è stato ricavato dalle misure del Psr sui servizi socio assistenziali, che peraltro sono già stati individuati per candidare il progetto del centro antiviolenza- in fase di istruttoria- a servizio delle attività territoriali. Il canale è completamente differente dal comparto sanitario, ma la funzione è rivolta a sostenere un servizio pubblico in quel settore”.

Quindi il Comune di Chiusano ha adottato una sua particolare strategia di richiesta dei fondi da utilizzare a valere sul Piano di Sviluppo Rurale.

“Invece di spendere soldi per manifestazioni culturali che non hanno nessuna ricaduta positiva sul territorio, abbiamo preferito guardare ai servizi davvero rilevanti per la società, e l’ambulatorio è uno di questi”.

Il presidio infermieristico di comunità rurale punta a colmare le lacune dell’assistenza sanitaria locale e del welfare?

“Può essere senza dubbio un modello di welfare sanitario da esportare, in quanto nasce con l’intento di interpretare i bisogni delle persone dal basso. Potremmo immaginare di allargare la rete anche a livello regionale, e questa proposta sarà formulata proprio al vicepresidente della Commissione Sanità Vincenzo Alaia. Bisgona ammettere che la capacità strutturale è variabile per le prestazioni sanitarie, e possono essere disciplinate da consorzi”.

Lei pensa che la Regione Campania potrebbe considerare sostenibile questo nuovo modello di welfare sanitario?

“Io personalmente abolirei le strutture e gli enti strumentali che rappresentano soltanto dei costi per le Regioni, a partire dagli Ato che sono davvero inutili, e trasferirei gli investimenti su strutture che realmente offrono servizi. Razionalizzerei la spesa che hanno i Comuni per sostenere grandi apparati, e destinerei tutti agli interventi dal basso, per le funzioni fondamentali”.

Questo implica un rovescio della piramide.

“Sono le funzioni che devono essere garantite, non gli Enti. L’obiettivo della politica e delle istituzioni deve essere quello di garantire l’organizzazione e la fruibilità dei servizi”.

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