Franco Dragone: indignarsi non basta, agite per un mondo nuovo

Conversazione col regista internazionale irpino originario di Cairano. Dopo aver conquistato Parigi con i suoi spettacoli teatrali progetta il rinascimento della nuova Cina globale

Franco Dragone è uno dei figli più celebri dell’Alta Irpinia nel mondo. La sua vita rappresenta l’ideale approdo sognato da tanti giovani della sua terra
d’origine. É visto come un modello da chi anela raggiungere la fama e il successo dando fondo alla propria creatività.
Regista e impresario noto nei cinque continenti, trionfatore nei teatri più rappresentativi d’Europa, degli Stati Uniti e del ricco mondo arabo fino all’Estremo Oriente, non dimentica il suo rapporto con il borgo da dove i suoi genitori partirono per fare fortuna in Belgio. Cairano, questo singolare e suggestivo reticolo di pietre, cielo e terra rappresenta il palcoscenico spirituale per l’artista globale Dragone. Innamorato delle sue radici, esibisce con orgoglio il suo retaggio irpino ad ogni latitudine, pur riconoscendo di aver fatto del mondo la sua vera residenza.

L’impresario Franco Dragone

In questa conversazione, Franco Dragone consegna una testimonianza della sua modernità: irpino nel cuore, artista universale nella vita e nell’opera, vive senza confini. In questo senso, autentica tempra della cultura italica, destinata a lasciare la sua traccia profonda lontano dai confini nazionali. In queste settimane a Parigi per il colossal romantico che sta mettendo in scena al Lido dei Campi Elisi, Franco Dragone è impegnato nelle prove del suo fortunato show, ‘Paris Merveilles’ (lo show), per questo suo dialogo con l’Irpinia. A Parigi Dragone sta reinventando il Lido dei Campi Elisi, scrivono i critici, forgiando un nuovo archetipo dello spettacolo. Il connubio tra tecnologie innovative e prodezze artistiche esalta la figura umana, libera la passione in una esplosione vitale che coinvolge il pubblico. Luce artificiale e calda umanità si combinano in uno strumento che canalizza una fantasia irrefrenabile. Un tempo si sarebbe parlato di quest’uomo come di un artista in stato di grazia, se non fosse che il suo talento produce e cresce da un trentennio.

«La mia è solo una versione chic e sensuale di quel tipo di cabaret berlinese, che in questo periodo trova nuova vita», spiega, minimizzando l’impatto che questa iniziativa ha avuto in Francia. «Ho inteso aggiornare al XXI secolo uno spettacolo che, pur rappresentando un divertimento, resta un elaborato e sofi- sticato modo di comunicare valori al pubblico». La dignità della donna, l’indignazione, ma soprattutto l’umanità sopra ogni cosa. «Abbiamo il dovere di esprimere qualcosa con uno show che non è solo intrattenimento: nel parlare con il pubblico attraverso prodezze, coreografie, emozioni, si affermano principi, che restano nella mente e nella coscienza dello spettatore». La conferma si è avuta al termine della prova generale, racconta Dragone. «Una giornalista francese mi ha raggiunto dietro le quinte per complimentarsi: nella mia versione la donna non è più un oggetto, ma la vera forza della natura…».

In Cina costruisce teatri e programma il nuovo corso culturale di Pechino E intanto si prepara per Matera Capitale Europea della Cultura 2019

IMPRESARIO DI UN NUOVO MONDO. Nel millennio della comunicazione istantanea, la cultura è virale, si trasmette oltre i confini del tempo attraverso la luce, reiterata dalla rete, imposta dagli accordi commerciali internazionali. La Cina ha scelto Franco Dragone per dare forma al suo messaggio. Alla Repubblica Popolare di Pechino non basta aver assoggettato sotto il profilo economico, industriale e finanziario l’Occidente. Come gli Stati Uniti dopo la Seconda Guerrra Mondiale e, solo in parte il Giappone negli anni ‘70, mira alle coscienze. «Il Wuhan Project ha aperto la strada ad un programma ambizioso, per una Cina che mira ad egemonizzare la cultura globale, dopo aver conseguito la leadership economica», spiega. «Mi hanno incaricato di progettare i teatri, ideare e produrre i contenuti senza limitazioni ed è ciò che sto facendo».

Un momento di una intervista internazionale a Franco Dragone

Dragone opera nel solco di una linea nazionale cinese sancita al livello più alto. «Al XVII congresso del Partito Comunista Cinese si è decisa una nuova fase di espansione, stavolta nel campo della cultura, con un programma ventennale che prevede le grandi privatizzazioni necessarie». Sotto il profilo finanziario, non a caso, ci sono nomi autorevoli del mondo produttivo di Pechino, ora chiamati a fare da sostenitori di una nascente industria cinese dell’entertainment. «Sette teatri da realizzare di qui ai prossimi vent’anni affidati a chi produce i contenuti fin dalla ideazione degli spazi», aggiunge il regista irpino, che ha già consegnato elaborati ed avviato grandi produzioni, come il progetto nel Han Show Theatre. I creativi come Dragone stanno pro- gettando i contenuti e i contenitori, seguendo il solco che l’avvento del cinema industriale realizzò nei primi decenni del ‘900, quando pionieri come Charles Chaplin fondarono la United Artists, estromettendo burocrati e speculatori dal ciclo produttivo dei film. Ma «…i cinesi non baderanno a spese», spiega Dragone, per il quale la forza delle nuove economie emergenti non sono soltanto i soldi da investire, quanto la semplificazione decisio- nale, «l’agire…» semplicemente.

«La bellezza e l’ingegnosità dell’Alta Irpinia fanno di Cairano poesia per gli occhi: può essere questa la capitale del buon vivere…»

DALLA CINA A CAIRANO. Imperatore dell’intrattenimento nell’Estremo Oriente, Dragone è l’impresario di una Cairano capitale culturale europea. Contesti diversi, l’impegno è il medesimo. Il suo progetto in Irpinia, ‘Cairano 7x’, ha proiettato il piccolo borgo ofantino sulle prime pagine nazionali proprio per sua iniziativa. Ma Franco, come affettuosamente in Alta Irpinia i suoi amici si onorano di chiamarlo, per la sua terra vorrebbe di più. «La differenza che c’è tra le poche centinaia di abitanti che conta Cairano e il miliardo e 300 milioni di cinesi è la capacità di coesione», sospira quando si apre il capitolo della sua esperienza in Irpinia. «In un solo spettacolo cinese gestisco 500 persone, di cui 100 artisti. A Cairano occorre mettere d’accordo pochi interlocutori, eppure non è facile…». Ma per il regista e impresario irpino, che ha dedicato al paese delle sue origini un progetto culturale globale, «purtroppo in dieci anni non è stato pos- sibile concretizzare le potenzialità che tutte insieme hanno le 300 persone che lì vivono». E chiarisce: «L’organizzazione di grandi o piccoli eventi ha successo solo se si è uniti tutti nella stessa direzione», tuttavia, «se i pettegolezzi fanno parte della vita, le divisioni ostacolano i progetti, mettendoli in pericolo».

«Cairano e Altirpinia, distretto naturale del benessere per un nuovo Mezzogiorno Ma solo se la gente inizierà finalmente a non accontentarsi di cavarsela…»

GLI IMPEGNI PER L’IRPINIA. Nonostante le sue imprese internazionali, man- tiene l’entusiasmo, la determinazione e la passione per Cairano, ma anche per l’intera provincia di Avellino. «La bellezza di questi luoghi, l’ingegnosità della gente, le risorse naturali fanno di Cairano, poesia per gli occhi, un riferimento per il buon vivere». Non più ‘dolce vita’, ma buona vita, piacevolezza e benessere nel ritrovare un contatto armonico con l’ambiente, è la visione su cui Dragone sente di poter scommettere per il futuro di questi luoghi, ma ad una condizione. «Va trovato un punto di equilibrio tra industrie ed ecosistema: nel Sud dell’Italia e in Irpinia possiamo ammettere unicamente quelle attività compatibili con l’ambiente, le risorse naturali, le tradizioni e le vocazioni rurali». E ammonisce: «Non dobbiamo inseguire le mode del momento, ma preservare la nostra identità con determinazione». Il riferimento è alla esperienza. «I paesi muoiono per la rassegnazione intesa come inerzia: sul piano individuale ci si accontenta di ciò che si ha, contenti di essersela cavata, dimenticando la responsabilità che come cittadini abbiamo per il contesto intorno a noi». É la sindrome del ‘…meno male’, come la definisce. «Quando i miei genitori lasciarono l’Irpinia in cerca di lavoro in Belgio, furono sollevati e appagati dall’aver trovato una soluzione per la sopravvivenza. ‘Meno male che ce l’abbiamo fatta’, dicevano…». Ma non basta. «Cairano e tanti altri luoghi rischiano di scomparire perché non si guarda avanti in prospettiva, si teme ogni cambiamento, cullandosi nell’illusione che le conquiste fatte in passato, un diritto o una comodità, sono permanenti e irrevocabili, ma non è per niente così». L’esempio è l’acqua nelle case: «Siamo cresciuti accanto a fiumi e sorgenti, nell’abbondanza di un’acqua che ora comincia a scarseggiare anche in Irpinia: quando faremo qualcosa per difenderne il futuro, per garantire alle nostre discendenze il diritto ad una vita naturale, sana ed armonica?», osserva, esprimendo un giudizio durissimo sulla ipotesi di una industria petrolifera nel Cratere. Il grande impresario internazionale guarda con preoccupazione al disfattismo e al qualunquismo che serpeggiano per mancanza di fiducia, ideali e obiettivi. In questo senso, pur amando intimamente Cairano, invita tutti a non restringere il proprio orizzonte. «Occorre andare oltre il borgo, pensare al com-prensorio: Cairano è uno stomaco che può digerire il giusto, non dobbiamo sovralimentarlo». I suoi impegni irpini riguardano un progetto del “buon vivere” in otto paesi dell’Alta Irpinia, ma sta già lavorando per Matera Capitale europea della cultura nel 2019. La conversazione finisce, lo aspettano gli applausi parigini…

Il Cirque du Soleil

LA CARRIERA DI FRANCO DRAGONE | DAL 1982 UNA SCALATA AL MONDO. Nel 1982 lascia il Belgio per tenere nel canadese Quebec seminari e corsi di im- provvisazione teatrale presso la ‘Scuola Nazionale di Circo di Montreal’. Primi trionfi con il Cirque du Soleil tre anni dopo, nel 1985. A partire dal 1994 (e fino al 2013) mette in scena e dirige ‘Alegría’, spettacolo nato nel decennale del Cirque du Soleil, opera cardine ed emblematica della sua visione della vita. Il potere (transitorio) nulla può di fronte al consumarsi del tempo, che con la vec- chiaia annienta la vanità, la supponenza, ma non l’umanità. Nessun dialogo, ma una capacità evocativa pari a quella del cinema muto delle origini. Non a caso, nel 1999 Dragone ne fa un film. Nel 2000 a La Louviere, in Belgio, fonda la sua azienda e viene chiamato per la ce- rimonia di Euro 2000. Tre anni dopo con Celine Dion entra nella storia dello spettacolo, grazie a ‘A New Day’. Nel 2005 a Las Vegas con ‘Dream’ e poi in Cina col ‘Wuhan progetto’, si globalizza.

Info: IL MONDO DI FRANCO DRAGONE

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