“Chi m’ha accecato” di Duilio Peremme a cura di Fricchione e Pavarese

Un altro sguardo sul mondo, in cui la narrazione è caratterizzata da una sorta di metalinguaggio con connotazioni apparentemente strane, eppure dotate di un valore intrinseco importante e rimanda talvolta ad impulsi ossessivi

“Chi m’ha accecato” di Duilio Peremme a cura di Fricchione e Pavarese. Un altro sguardo sul mondo, in cui la narrazione è caratterizzata da una sorta di metalinguaggio con connotazioni apparentemente strane, eppure dotate di un valore intrinseco importante e rimanda talvolta ad impulsi ossessivi. Una vicenda che percorre il sentiero del sogno, immergendosi in una realtà particolare che ha come protagonista Diogenio – la cui vita, sin dall’inizio, richiama un elemento particolare: quello del nome, legato ad un errore, in cui si aggiunge una lettera – che possedeva una sorta di carisma tra gli amici: era dotato di una forza straordinaria, come il potere eccezionale di piegare i metalli, ma al contempo pieno di insicurezze. Si dedica alla viticoltura: suggestivo è il valore e l’importanza data agli odori che si diffondono e permeano tutto il suo mondo.

Diogenio vive una sorta di smarrimento e crea una realtà altra, parallela, che si delinea e allo stesso tempo diventa evanescente, frantumandosi attraverso le immagini grottesche del suoi sogni; egli avrebbe voluto “svegliarsi nei suoi sogni”, esserne padrone e creatore. Avverte il vano desiderio di scoprire l’”arte di fare sogni lucidi”, che implicherebbe una sorta di possibilità di controllo su di esse: le immagini oniriche si incarnano in figure di animali e in frutti succulenti che gli fanno vivere esperienze particolari, utilizzando la propria immaginazione. Talvolta ha la sensazione di cadere nel vuoto del sogno e si abbandona alle
sensazioni di profumi e suoni, attraverso echi e richiami di voci sommesse.

La disabilità diventa un punto di forza per Gaspare, un uomo in carrozzella, sempre presente, che riesce a scoprire i traffici illeciti e per Aquilino, che riesce ad intervenire con prontezza nell’incidente e a chiamare tempestivamente il 118. Pieno di amarezza è il clima di sospetti e pregiudizi che lo circonda e la grettezza d’animo del commesso che lo controlla, pensando che sia un falso cieco. ”Me ne accorgo ad occhi chiusi” è l’affermazione che definisce le sensazioni dell’enologo Aquilino, i cui discorsi vagheggiano tra alcool e
autoironia mentre la frequenza dei suoni e dei ritmi erano per le orecchie come colori e forme per gli occhi, perché ”la vista è nella mente”. Nel momento in cui Aquilino scopre un cunicolo, si comincia a sentire sospeso nel buio, procede attraverso di esso, con l’oscurità che l’accoglieva morbido: qualcosa gli raccontava il mondo con vari elementi da
scoprire, attraverso elementi immaginifici e fantasiosi. Il cunicolo rappresenta così la metafora di un passaggio interiore per scoprire potenzialità diverse e acquista una sorta di sacralità, attraverso una realtà parallela.

Aquilino è entrato in un’altra dimensione: era diventato colui che riusciva a guidare nel buio, perché ci vedeva meglio degli altri, ha imparato ad ampliare la propria visione del mondo, attraverso un ”universo di percezioni uniche” e non ha più bisogno del cane guida.
Diogenio comincia a rendersi conto che è fondamentale essere capace di sentire lo spazio anche con la pelle e gli altri sensi, tranne la vista: ognuno è abilitato a vivere la vita e a percepire il mondo in modi diversi, anche se il proprio sguardo è rivolto a tener d’occhio ciò che appare, privandosi in questo modo di elementi importanti, non visibili, come ”gli odori che sono un viaggio nel tempo” e lasciano tracce, perché “se vedi solo ciò che vedi, non meriti di vedere ciò che vuoi”. Il suo incontro con una ragazza, Giada, in cui nome rimanda al significato della luce, lo attrae e si sente coinvolto in un viaggio interiore che lei avrebbe
colorato con nuove percezioni e caratteristiche, con pennellate di nuovi sapori e odori: il sentiero era illuminato dall’olfatto, attraverso tracce di sessualità fremente e intenso desiderio voluttuoso, fino a giungere all’unione di corpi.

A cura di Ilde Rampino

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