“Il grembo paterno” di Chiara Gamberale

I Senzaniente: un appellativo che racchiude tutto un mondo di emarginazione e in un certo senso di disprezzo, di mancata fiducia nelle possibilità che la vita può offrire: essi erano sempre considerati “poveri con i soldi” e nasce così in loro un profondo senso di rivalsa, essi dovevano essere sempre i migliori in tutto

“Il grembo paterno” di Chiara Gamberale. I Senzaniente: un appellativo che racchiude tutto un mondo di emarginazione e in un certo senso di disprezzo, di mancata fiducia nelle possibilità che la vita può offrire: essi erano sempre considerati “poveri con i soldi” e nasce così in loro un profondo senso di rivalsa, essi dovevano essere sempre i migliori in tutto.
Un ricordo straziante influenzerà per sempre la vita di Rocco, il padre della protagonista: il latte che non avevano voluto dare a sua madre per nutrire il suo bambino e aveva portato alla sua morte aveva lasciato una traccia dolorosa indelebile nella sua anima. Da piccolo, Rocco aveva subito un grave incidente e per sette mesi era stato costretto a rimanere in ospedale, da solo: il baratro emotivo di solitudine che lo faceva soffrire e il profondo senso di impotenza che ne derivava si trasformava in celata aggressività come se volesse rifarsi di qualcosa.

Adele percepiva il profondo contrasto tra i suoi genitori: sua madre aveva timore
e rispetto esagerato nei confronti del marito, che manteneva sempre il suo atteggiamento burbero e non sorrideva mai, tra di loro aleggiavano silenzi e “brandelli di risposte”. Denso di tenerezza e di rimpianto era, tuttavia, il racconto di lei dell’incontro a sedici anni con quel giovane, che aveva tanto sofferto e il sentimento che non veniva accettato dalla famiglia di lei. Il rapporto di Adele con suo padre era pieno di sfaccettature, egli la rimproverava sempre e lei si sentiva come su un’altalena impazzita ed era consapevole che se suo padre l’avesse lasciata una volta per tutte, avrebbe smesso di “passare la vita ad avere paura che
mi lasciasse”.

Straniante è la sensazione della protagonista di avere due facce e due corpi, quelli di “Adele Magra” e di “Adele Grassa” e di sentirsi imprigionata in quell’ambivalenza, in quei “sacchetti per i ricordi di cui dovremmo riuscire a liberarci”: vi era in lei un’esigenza di libertà, ma a volte si sentiva stretta in una morsa, anche se vedeva le sue compagne di scuola che erano diverse da lei, vivevano in modo naturale, anche se con le incertezze e i dubbi della loro età, mentre la loro professoressa diceva loro di andare via, per poter realizzare i propri sogni. Adele lavorava come giornalista: l’argomento dei suoi articoli era ”Adelescenza”, un ponte tra le sue sensazioni personali e le opinioni discordanti scaturite dall’ incontro con i ragazzi e le ragazze per parlare con loro di ciò di cui lei, quando aveva la loro età, non poteva esprimere, perché non si sentiva accettata né valorizzata, perché non riusciva ad essere se stessa.

Grande importanza rivestivano le “presenze” che l’accompagnavano in tutti i luoghi che visitava e che sembravano essere in difficoltà quando avvertivano il suo disagio emotivo.
Il sentimento che prova per Nicola che era lì per ”aiutare i bambini a pensare e a pensarsi, aiutare i genitori ad aiutarli” passa attraverso varie fasi, è un rapporto ambivalente e Adele riflette sul fatto che “gli uomini come lui riempiono di parole le donne, mentre quelli, come suo padre non facevano promesse”, ma presenti erano quelle voci che lo chiamavano “Papà”, l’amore primitivo, “la voce che si infilava tra le nostre per reclamare la sua attenzione”. La decisione di dare vita a un nuovo essere, scegliendo il donatore, che è nato il suo stesso giorno dello stesso anno, come una sorta di unione immaginaria tra loro due le fa vivere una crisi profonda e, al contempo una profonda felicità: la presenza di Frida nel suo mondo sconvolge la sua intera esistenza e lei ha paura che la sua bambina possa avvertire lo stesso senso di solitudine che ha provato lei.

Il momento più difficile per Adele è quando sua madre la fa sentire avviluppata in una rete di menzogne che non riesce a gestire, non concepisce la rassegnazione di sua madre al tradimento del marito, ma era consapevole tuttavia che non era mai stato tutto loro, “intero non sarebbe potuto essere di nessuno”. Il suo tormento interiore la portano ad avere un difficile rapporto col cibo, ma decide di curarsi e ha un confronto con suo padre, di cui ha sempre percepito l’anaffettività, ma che, attraverso la presenza della bambina,
aveva cominciato a riscoprire l’amore per un altro essere umano. Il difficile rapporto con Nicola la fa sentire in gabbia e decide di lasciarlo, ma si rende conto che quel distacco si rinnovava in lei “ogni volta che tornando a casa sua la chiamava, ma lei non poteva rispondere perché si doveva occupare di Frida o quando se perdeva la sua telefonata, poi lei non poteva richiamarlo”.

”Ce la inventeremo insieme questa nostra vita” sono le parole che alla fine del libro Adele dice alla sua piccola Frida, le promette che staranno sempre insieme e le chiede perdono di non essere riuscita a darle che si sedesse a tavola insieme a loro, “ma se avesse aspettato di incontrarlo, loro non si sarebbero mai conosciute”: una dichiarazione di amore incommensurabile, come una zattera a cui lei si è aggrappata per poter sopravvivere alla tempesta della sua esistenza.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI