Inquinamento di Calore e Sabato nel Sannio, sospesi due funzionari della Gesesa

L'INDAGINE DELLA PROCURA DI BENEVENTO SULLA DEPURAZIONE NEL SANNIO. I Carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Napoli hanno eseguito due misure interdittive disposte dal Tribunale del Riesame di Napoli

Questa mattina i Carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Napoli hanno eseguito due misure interdittive disposte dal Tribunale del Riesame di Napoli nei confronti di dipendenti, con ruolo di rilevo, della Gestione Servizi Sannio Spa – GE.SE.SA., nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento dei fiumi Calore e Sabato nel Sannio. I provvedimenti cautelari interdittivi sono stati eseguiti nei confronti del responsabile della conduzione operativa degli impianti di depurazione e dell’assistente pianificatore della GE.SE.SA. s.p.a. Secondo quanto riferisce la Procura, hanno riconosciuto a carico degli indagati la gravità indiziaria in ordine ai reati di inquinamento ambientale, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, gestione illecita di rifiuti, scarichi di acque reflue senza autorizzazione e falsità in atti.

Carabinieri del Noe

LE MISURE CAUTELARI ORA ESECUTIVE SEGUONO L’AVVENUTO SEQUESTRO DI 12 DEPURATORI NEL MAGGIO 2020. Eseguiti su delega della Procura della Repubblica di Benevento, i provvedimenti restrittivi si inseriscono nella articolata indagine, coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento e condotta dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Napoli, relativa al grave inquinamento dei fiumi Calore e Sabato che attraversano la provincia di Benevento, che nel maggio dello scorso anno, aveva già portato al sequestro preventivo, disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Benevento di 12 impianti di depurazione gestiti dalla stessa società. All’epoca il GIP aveva respinto la richiesta di misure cautelari, poi accolte, in seguito ad appello del PM, dal Riesame di Napoli e divenute esecutive dopo il rigetto da parte della Suprema Corte di Cassazione dei ricorsi presentati dagli indagati

INQUINAMENTO DI CALORE E SABATO NEL SANNIO, L’INDAGINE SULLA DEPURAZIONE. Le pregresse indagini della Procura, si ricorda, avevano consentito di riscontrare una presenza diffusa e massiva di scarichi diretti dalle fogne dei Comuni di Benevento città e della Provincia nei fiumi Calore e Sabato dovuta, in alcuni casi, all’assenza di depuratori, con immissione di reflui inquinanti direttamente nei corsi d’acqua, in altri al non corretto funzionamento dei depuratori esistenti. I dati tecnici, raccolti nel corso delle indagini, con l’efficace tempestivo ausilio dell’ARPA Campania, avevano confermato il notevole deterioramento dei fiumi, a causa degli scarichi dai depuratori di acque gravemente inquinate da solidi sospesi, alluminio e piombo, elevate concentrazioni di azoto ammoniacale e azoto nitrico e perfino di “Escherichia Coli” ben oltre i limiti previsti dalla normativa vigente e tali da determinare un inquinamento significativo e misurabile dei predetti corsi d’acqua, così determinando la modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale dei fiumi del bacino idrografico sannita e uno squilibrio strutturale caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità ecologico.

Gli uffici della Procura di Benevento

L’ACCUSA. La Procura di Benevento ha precisato i termini delle sue accuse. Il deterioramento è, secondo la Procura e allo stato degli atti, «il risultato di una cattiva e fraudolenta gestione operativa degli impianti da parte degli indagati, personale della GE.SE.SA. s.p.a., società che ha in gestione i depuratori, con la corresponsabilità, in taluni casi, dei titolari di un laboratorio privato utilizzato per far apparire solo documentalmente “conformi” ai parametri di legge i campioni delle acque di scarico degli impianti a cui la predetta società affidava le analisi, e così occultare le gravi situazioni di “ecotossicità”, cagionate dalla cattiva gestione».

IL TRIBUNALE DEL RIESAME HA RITENUTO LA SUSSISTENZA DELLE ESIGENZE CAUTELARI. Il Tribunale del riesame ha ritenuto, si riferisce, «oltre ai gravi indizi di colpevolezza, anche la sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti dei dipendenti della Ge.Se.Sa. i quali hanno posto in essere, ha precisato, con allarmante continuità e con una gamma piuttosto ampia e articolata di condotte e stratagemmi e nonostante la loro piena consapevolezza dell’esistenza di indagini in relazione alla gestione dei vari depuratori a loro affidati, una serie piuttosto consistente di illeciti», si legge nella nota. «Anche per tali ragioni – sostiene il Tribunale del Riesame – con riferimento all’attualità delle esigenze cautelari, non può certo farsi riferimento al fatto che, relativamente agli impianti per cui oggi si procede, le medesime condotte illecite non possano più essere reiterate in quanto i depuratori sono stati sequestrati, stavolta, senza facoltà d ‘uso, ma ovviamente all’evenienza che, attualmente, gli indagati si trovino in contesti in cui analoghi comportamenti delittuosi possano, alla bisogna, essere realizzati anche in adempimento di politiche aziendali quale quella messa in luce dalle indagini».

LE CONCLUSIONI CONFERMATE DALLA CASSAZIONE. Tali conclusioni sono state confermate dalla Suprema Corte di Cassazione la quale, di converso, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata dall’Amministratore Delegato dell’epoca, limitatamente alle esigenze cautelari. Le misure interdittive applicate vietano agli indagati, per la durata di anni uno, l’esercizio di qualsiasi attività imprenditoriale o professionale nei settori della depurazione di acque, nella gestione dei rifiuti di qualsivoglia tipo e natura e nella distribuzione di acque per il pubblico consumo.

 

 

 

 

 

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