“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito

Un’inquietudine latente che lascia le sue tracce tra le pagine di questo libro, duro e intenso, che a volte lacera l’animo del lettore e gli tende la mano per districarsi attraverso i rivoli di tristezza e il desiderio di vivere pienamente, senza mai abbandonarsi allo sconforto e alla disperazione

“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito. Un’inquietudine latente che lascia le sue tracce tra le pagine di questo libro, duro e intenso, che a volte lacera l’animo del lettore e gli tende la mano per districarsi attraverso i rivoli di tristezza e il desiderio di vivere pienamente, senza mai abbandonarsi allo sconforto e alla disperazione. Particolare è che si ignori il nome della protagonista, che verrà rivelato solo verso la fine, nella lettera che ella scriverà alla sua amica Iris, ormai morta e che rappresenta una sorta di ponte che unisce due mondi diversi, dal selciato costellato di rimpianti. Gaia ha come punto di riferimento importante, ma contro cui si oppone e combatte, sua madre Antonia, il cui percorso di vita si dipana tra delusioni e ingiustizie, sorretta sempre dall’impegno per lottare per i propri diritti, quasi sempre disattesi. La sua difficoltà di donna sola con quattro figli che deve mantenere la famiglia, a causa dell’impossibilità di suo marito di lavorare, costretto sulla sedia a rotelle, in seguito a un incidente, era “una preghiera perpetua” per avere una casa.  Sua madre era sempre affaccendata, non cedeva mai alla stanchezza: all’inizio era una ragazza madre e con il figlio Mariano rappresentavano “un unico corpo da sopravvivere” . Riescono a trasferirsi in un’altra casa al centro che avranno in custodia per anni, molto diversa dalla prima casa,  fatiscente e nel cui piccolo giardino Antonia non aveva voluto piantare fiori, perché avrebbe significato per lei rimanere in quel posto. Nella nuova casa fanno molta fatica ad adattarsi alla vita degli altri, perché nessuno dava loro retta. Il suo impegno contro le ingiustizie trova voce nell’opporsi alla discriminazione nei confronti di Roberta, una ragazza disabile, a cui si impedisce di stare al sole in cortile: lei aveva chiaro il senso di giustizia ed era convinta che bisognava insistere, fino ad ottenere qualcosa che spettava a lei o agli altri.

“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito

Antonia non si ferma mai e, per guadagnare qualcosa, pulisce le case degli altri: è consapevole che “per crescere bisogna faticare” e trasmette questa sua convinzione ai figli, soprattutto nei confronti della sua unica figlia femmina che deve eccellere negli studi. Gaia si sveglia alle sette del mattino e va a prendere il treno alla stazione, stringe amicizia con due ragazze, Agata e Carlotta, ma tra loro non nasce un rapporto stretto, perché è diversa da loro, non ha vestiti da prestare e non parla della sua vita a casa, condividono tuttavia “la tragedia di essere piccole in un mondo gigante”. Il loro unico divertimento erano le giostre e l’ autoscontro, dove Gaia vince il primo premio, un orso rosa al tiro a segno, elemento che rimanda alla sua abilità nello sparare, per far uscire la rabbia che aveva dentro, mentre si sentiva una “testa vuota di un futuro che non conosco” . A scuola Gaia non riesce a farsi molte amicizie, si sente isolata, le affibbiano il soprannome “Orecchie” ed è trattata male soprattutto da Alessandro e lei reagisce con inaudita violenza, alzando in aria la racchetta e colpendolo ripetutamente, fino a fargli male. E’ un istinto che spesso non riesce a frenare: “il suo agire è guerra”.

Il rapporto tra Antonia e suo figlio Mariano è difficile e pieno di risentimento, lei lo accusa di “essere un bambino” perché non si rende conto del proprio atteggiamento spavaldo e non si assume le responsabilità della sua condotta ed egli reagisce, definendola “una fallita”. Quando scappa di casa e Antonia va a riprenderlo, si crea una frattura irreparabile tra di loro, ma Gaia rimane sola, senza suo fratello, non c’è nessuno che sappia qualcosa di lei e le mancano i loro discorsi, quando dormivano, l’uno accanto all’altra, separati da una tenda, ma ciò non diminuiva la forza del loro affetto. Antonia è una donna forte, determinata, prende decisioni su qualsiasi argomento e vuole influenzare anche il futuro dei suoi figli, scegliendo per Gaia un liceo per ricchi, per farla allontanare dal suo ambiente, ma lei non si sente a suo agio e la frase:” Sei una spina al piede” che le rivolge, è la cifra di un disagio che avverte nei confronti di sua figlia che vorrebbe sottrarsi alla sua perenne ingerenza.

Antonia aveva sempre provato un profondo desiderio di imparare e i libri erano la sua grande ossessione: trasmetterà la sua passione per la cultura anche a sua figlia: il dizionario si rivelerà per la ragazza un compagno fedele che le aprirà un mondo nuovo e aprirà le ali verso la realizzazione di se stessa. Gaia aveva “fame di apprezzamento”, sentiva il bisogno di trasformarsi in donna da poter amare, notava la differenza con le altre ragazze che si potevano permettere tutto, mentre lei è l’unica figlia di poveri in quella classe, ma sua madre le aveva insegnato l’onestà, “quello che non è tuo non lo puoi prendere” e lei aveva seguito i suoi consigli. Ma c’è un’altra “fame” che riempie la sua anima: i libri che legge per sostenere gli esami, doveva concentrarsi nello studio, fare il vuoto intorno a sé, fino a sdoppiarsi e a provare a diventare interessante e misteriosa, studia in modo meticoloso e quasi ossessivo, per distinguersi dagli altri e conquistare un proprio posto nel mondo. Le liste di libri “quelli senza i quali non sei nessuno, i libri da svago o da studio” rappresentano proprio un desiderio di ordine, l’esigenza di fissare in una sorta di scomparti, la volubilità della sua esistenza  che si manifesta nell’entrare in contatto con ragazzi particolari, che fanno dell’aggressività la loro cifra distintiva, come Samuele e Cristiano che riflette anche in fondo se stessa, che reagisce in modo violento ai soprusi.

Il rapporto con le sue amiche è denso di contrasti e incertezze, si rendeva conto che non sapeva fare ciò che facevano le altre ragazze, non era disinvolta, non seduceva. Lei viveva nel limbo tra le sue cadute e le imprevedibili rivincite e l’autrice riesce a scandagliare in modo profondo questa interiorità sommersa, legata soprattutto al senso di perdita: la morte improvvisa e volontaria di Carlotta crea in lei una sorta di buio interiore, non l’accetta, motivandola con il fatto che lei ha tradito la sua amicizia, avendo avuto una storia con il suo ragazzo Andrea. Ma in realtà Gaia si sente come se fosse in un baratro, spezzata e ferita, come se si fosse improvvisamente chiusa una porta e Carlotta avesse “inghiottito i segreti” e l’avesse spogliata di qualcosa, che era forse il legame che la univa a lei.

Gaia voleva salvare il Natale per la prima volta nella sua vita, per non far risuonare la “sinfonia della sua rabbia” e in qualche modo ci riesce, ma sarà uno dei pochi momenti di apparente serenità. Voleva tutto, per sentirsi felice, ma la sua era una continua sfida pericolosa, come spegnere i fari in motorino, graffiarsi le dita con i vetri rotti di una bottiglia lasciata in spiaggia, per proteggere la ”grotta dei nostri cristalli”, la voglia di essere apprezzate e di non deludere. Si sente una donna spezzata, avrebbe voluto esplodere, si sentiva occupata a “creare trincea ai suoi confini”: i tanti lutti che avevano segnato la sua giovane vita l’hanno distrutta e non riesce ad accettare di aver perso anche Iris, di non esserle stata vicina nella sua malattia, lei che le aveva rinfacciato soprattutto l’indifferenza verso la loro amicizia che aveva voluto condividere con le altre, ma ora avvertiva la sua mancanza come un tormento e un rimpianto, mentre le persone la guardano con pietà. Il ritorno nella loro vecchia casa fa rivivere le proprie ferite: trovano tutto distrutto ed è come se i loro ricordi fossero stati spezzati, ma si intravede una luce, quando si ricrea il rapporto tra Massimo e  Mariano, tra il non padre e il non figlio: il ragazzo è cambiato e si rende conto che ha il compito di tenere unita la sua famiglia, con cui in passato ha avuto un rapporto difficile. Sullo sfondo della vicenda vi è il lago che “è una parola magica”, di cui Gaia avverte il rumore dell’acqua che le dà pace e lei si sente un “cigno” che non è fatto per seguire le regole e si rende conto di aver scacciato tutti, anche chi si avvicinava con la sua “elemosina di amore”.

A cura di Ilde Rampino  

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