“Cittadina di seconda classe” di Buchi Emecheta. Libro di oggi

Il romanzo della scrittrice nigeriana del 1974 ha una fortissima connotazione autobiografica. Romanzo femminile narra le vicende di una donna anticonvenzionale per il suo tempo

 

“Cittadina di seconda classe” di Buchi Emecheta. E’ la “forza delle donne si rivela qui, tra le pagine grondanti sofferenza di questo libro, ambientato in Nigeria, in una vita in cui non c’è altro che “pane e lacrime”.

“Cittadina di seconda classe” di Buchi Emecheta

Adah non sapeva esattamente cosa avesse dato vita al suo sogno, quando tutto fosse cominciato: una bambina che era arrivata quando tutti si aspettavano e dicevano che sarebbe arrivato un maschio. Nessuno aveva pensato di registrare la sua nascita, poiché lei era così insignificante. Adah era consapevole che l’unica via di salvezza per sfuggire alla povertà e alle malattie era l’istruzione, ma la situazione era difficile, poiché la preferenza naturalmente andava ai maschi. Nonostante tutto, con l’appoggio di suo padre, lei riuscì a frequentare la scuola metodista e imparò molto presto ad essere responsabile di sé. Si rese conto che, diversamente dalle altre ragazze, non avrebbe acconsentito a vivere con un marito da trattare come un signore. La sua profonda determinazione la portò a superare l’esame di ammissione e ad ottenere la borsa di studio. Tuttavia queste sue scelte non la resero veramente libera: fu costretta a sposarsi con Francis che però le permise di continuare a studiare. Adah cominciò a guadagnare bene e decise di raggiungere suo marito in Inghilterra, finanziandogli gli studi e accettando questo compromesso. Andarono a vivere in una casa fatiscente: riuscì a trovare lavoro in biblioteca e a sostenere anche gli studi di suo marito. La nascita dei figli rende la situazione ancora più difficile e le viene consigliato di farli adottare, perché secondo una tradizione radicata, nessuna coppia si sarebbe mai sognata di tenere i figli con sé. Adah rimane sola a combattere le ingiustizie e a fronteggiare le intimidazioni da parte del padrone di casa. E’ costretta ad affidare le due figlie a un’altra donna che le tratta male, ma non può far altro, perché il suo stipendio serviva per pagare l’affitto e gli studi del marito: nessun uomo avrebbe accettato che si limitasse la sua libertà, soprattutto se a farlo era una donna. Adah non poteva parlare a nessuno della sua infelicità e a volte si rendeva conto quanto sia difficile vivere, sentendoti una “cittadina di seconda classe”, ma non perché lei avesse fatto qualcosa di male, solo perché aveva il colore della pelle diverso. Doveva farcela, a prezzo di enormi sacrifici e rinunce, ma soprattutto subendo tanta violenza e prevaricazione, ma lei rialzava sempre la testa, perché non poteva soccombere a ciò che reputava un’ingiustizia, perché in realtà lo era. E la solidarietà che trovava in mezzo alla miseria, alla disperazione, la conservava nel suo cuore per il momento in cui nessuno la avrebbe accolta e avrebbe avuto la soddisfazione di crescere i suoi figli, da sola, lottando contro tutto e tutti, contro quell’uomo che non era altro che “un marito di facciata”, che non faceva nulla per esserlo veramente. Adah è costretta a subire anche la discriminazione di coloro che non affittavano a gente di colore e persino il rifiuto da parte dei loro connazionali, sul cui viso la parola “odio” era scolpita come “incisioni sulla pietra”. Adah e suo marito riescono a trovare un’altra casa, nonostante la diffidenza e il sospetto nei loro confronti; le numerose gravidanze la indeboliscono e si sente diversa dalle altre donne, perché quando partorisce in ospedale, nessuno va a trovarla, sente che le altre parlano male di lei. Cerca di fare qualcosa di nascosto dal marito per evitare altre gravidanze ma viene scoperta da lui e picchiata, perché per lui una donna era un essere umano inferiore e non può prendere decisioni in modo autonomo. Quando egli brucia il libro che lei ha scritto esprimendo platealmente il suo disprezzo, Adah prende finalmente la decisione di lasciarlo e di non dargli più soldi. Con molta fatica, riesce ad ottenere un alloggio popolare per sé e i suoi cinque figli: sente di aver conquistato “la sua indipendenza, la sua libertà e la pace dello spirito”, ma le enormi difficoltà non le danno tregua, rischia di toccare il fondo, ma non si rassegna e alla fine trova la forza di ricominciare.

A cura di Ilde Rampino

 

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