Mattarella: 2021 anno della sconfitta del virus e della (ri)costruzione

Il messaggio di fine anno pronunciato dal Capo dello Stato con i migliori auguri agli Italiani di superare la pandemia e le conseguenze della crisi provocata dal virus. Monito alla coesione istituzionale e vicinanza per il Pontefice Francesco

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha formulato i suoi migliori auguri agli italiani per il nuovo anno spiegando che il 2021 porterà la sconfitta del virus e, nello stesso tempo, la costruzione della nuova prospettiva italiana. Sottolineando il ruolo dell’Unione Europea quale casa dei popoli e dei cittadini, baluardo per la difesa del futuro continentale oltre gli egoismi e i particolarismi nazionali, Mattarella ha lanciato due ammonimenti. Il primo alla politica e alle componenti sociali e culturali del Paese, alla vigilia dei 160 anni dell’Unità d’Italia e all’85esimo della Repubblica, perché facciano fronte comune nell’interesse esclusivo della Nazione. Il secondo al Paese, annunciando che si accinge all’ultimo anno del suo mandato settennale, chiarendo che c’è un anno di tempo per individuare quello dovrà essere il suo successore al Quirinale. Mattarella ha elogiato la forza e la tempra degli italiani di fronte alla tragedia pandemica e alle decine di morti innocenti provocate dal virus, ma ha evocato sobrietà e spirito di servizio in chi dovrà lavorare con tenacia per non disperdere la grande opportunità che con l’Unione Europea si apre nei prossimi mesi per la ricostruzione dell’economia italiana. Di seguito il testo del messaggio di fine anno, pronunciato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella oggi, 31 dicembre 2020.


Mattarella: «Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa»

Messaggio di fine anno agli Italiani di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana

Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del messaggio di fine anno, oggi 31 dicembre 2020.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

«Care concittadine e cari concittadini, avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere a ciascuno di voi un pensiero augurale. Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza. La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere. Vorremmo tornare a essere immersi in realtà e in esperienze che ci sono consuete. Ad avere ospedali non investiti dall’emergenza. Scuole e Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più isolati per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti con i Paesi a noi vicini e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni in tutti questi anni. Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita. Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità dei contagi, delle morti. Le immagini delle strade e delle piazze deserte. Le tante solitudini. Il pensiero straziante di chi moriva senza avere accanto i propri cari. L’arrivo dell’estate ha portato con sé l’illusione dello scampato pericolo, un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima, di porre tra parentesi questo incubo. Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei Paesi vicini a noi, e poi qui, in Italia. Ancora contagi – siamo oltre due milioni – ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua l’impegno generoso di medici e operatori sanitari. Il mondo è stato colpito duramente. Ovunque. Anche l’Italia ha pagato un prezzo molto alto.

L’interno del Palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica

Rivolgendomi a voi parto proprio da qui: dalla necessità di dare insieme memoria di quello che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà. La pandemia ha scavato solchi profondi nelle nostre vite, nella nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze e ne ha generate di nuove. Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze sociali ed economiche. Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani sono stati particolarmente penalizzati. Lo sono le persone con disabilità. Tante imprese temono per il loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi e di precari ha visto azzerare o bruscamente calare il proprio reddito. Nella comune difficoltà alcuni settori hanno sofferto più di altri. La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella nostra comunità. È questa la realtà, che bisogna riconoscere e affrontare. Nello stesso tempo sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire, per ripartire. Nella prima fase, quando ancora erano pochi gli strumenti a disposizione per contrastare il virus, la reazione alla pandemia si è fondata anzitutto sul senso di comunità. Adesso stiamo mettendo in atto strategie più complesse, a partire dal piano di vaccinazione, iniziato nel medesimo giorno in tutta Europa. Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche sono in campo interventi europei innovativi e di straordinaria importanza.

Unione Europea

Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo. Mai l’Unione Europea si è assunta un compito così rilevante per i propri cittadini. Per il vaccino si è formata, anche con il contributo dei ricercatori italiani, un’alleanza mondiale della scienza e della ricerca, sorretta da un imponente sostegno politico e finanziario che ne ha moltiplicato la velocità di individuazione. La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la sicurezza comune. Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili. Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi. Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza. Il vaccino e le iniziative dell’Unione Europea sono due vettori decisivi della nostra rinascita. L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso l’Europa dei valori comuni e dei cittadini. Non era scontato. Alla crisi finanziaria di un decennio or sono l’Europa rispose senza solidarietà e senza una visione chiara del proprio futuro. Gli interessi egoistici prevalsero. Vecchi canoni politici ed economici mostrarono tutta la loro inadeguatezza. Ora le scelte dell’Unione Europea poggiano su basi nuove. L’Italia è stata protagonista in questo cambiamento. Ci accingiamo – sul versante della salute e su quello economico – a un grande compito. Tutto questo richiama e sollecita ancor di più la responsabilità delle istituzioni anzitutto, delle forze economiche, dei corpi sociali, di ciascuno di noi. Serietà, collaborazione, e anche senso del dovere, sono necessari per proteggerci e per ripartire. Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale – che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse – possono permetterci di superare fragilità strutturali che hanno impedito all’Italia di crescere come avrebbe potuto. Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle giovani generazioni.

La bandiera della Repubblica italiana sventola sul Palazzo del Quirinale in Roma, sede della Presidenza della Repubblica, la massima istituzionale nazionale. Accanto i vessilli con i colori e i segni del Quirinale e dell’Unione Europea

Ognuno faccia la propria parte. La pandemia ci ha fatto riscoprire e comprendere quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società. Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità. Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra, come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari. Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità che si nutre non di parole bensì di umanità, che prescinde dall’origine di ognuno di noi, dalla cultura di ognuno e dalla sua condizione sociale. È lo spirito autentico della Repubblica. La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone. La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta. Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato neppure quanto di positivo è stato realizzato e ha consentito la tenuta del Paese grazie all’impegno dispiegato da tante parti. Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine che ringrazio.

Una suggestiva immagine del Palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica Italiana

Abbiamo avuto la capacità di reagire. La società ha dovuto rallentare ma non si è fermata. Non siamo in balìa degli eventi. Ora dobbiamo preparare il futuro. Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono. La sfida che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà.

Il Palazzo del Quirinale

L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa. Ho ricevuto in questi mesi attestazioni di apprezzamento e di fiducia nei confronti del nostro Paese da parte di tanti Capi di Stato di Paesi amici. Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo l’agenda delle priorità, si modificano le strategie di sviluppo ed emergono nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale. In questa prospettiva sarà molto importante, nel prossimo anno, il G20, che l’Italia presiede per la prima volta: un’occasione preziosa per affrontare le grandi sfide globali e un’opportunità per rafforzare il prestigio del nostro Paese. L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti. Tappe della nostra storia, anniversari che raccontano il cammino che ci ha condotto ad una unità che non è soltanto di territorio. Ricorderemo il settimo centenario della morte di Dante.

Le bandiere italiana ed europea sventolano sul Palazzo del Quirinale a Roma

Celebreremo poi il centosessantesimo dell’Unità d’Italia, il centenario della collocazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria. E ancora i settantacinque anni della Repubblica. Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro. Esprimo un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero e per l’affetto che trasmette al popolo italiano, facendosi testimone di speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero per l’anno che inizia. Complimenti e auguri ai goriziani per la designazione di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si tratta di un segnale che rende onore a Italia e Slovenia per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune.

Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del messaggio di fine anno, oggi 31 dicembre 2020.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa, in cui vi sono scontri spesso aspri e talvolta guerre anziché la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse. Vorrei infine dare atto a tutti voi – con un ringraziamento particolarmente intenso – dei sacrifici fatti in questi mesi con senso di responsabilità. E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni raccomandate fintanto che la campagna vaccinale non avrà definitivamente sconfitto la pandemia. Care concittadine e cari concittadini, quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro Paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato. Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela.
Auguri di buon anno a tutti voi!».


LEGGI ANCHE:

Mattarella all’Uncem (enti locali e montani): coesione dovere delle istituzioni

Messaggio di Mattarella sul Coronavirus: l’Italia supererà la prova

 

ARTICOLI CORRELATI