“L’ultima leonessa” di Costanza Afan Rivera

Costanza Afan de Rivera Costaguti ha narrato la figura forte ma schiva, di sua made Giulia Florio, ultima discendente della leggendaria famiglia che ha dominato la scena siciliana e quella nazionale tra il XIX e il XX Secolo

“L’ultima leonessa” di Costanza Afan Rivera. Andare indietro nel tempo per recuperare gli scorci di un passato che rimane sempre vivo nel cuore, attraverso i ricordi  della sua famiglia, dei suoi nonni, Ignazio e Franca, che tornarono a Messina dopo il terremoto, un ritorno alle origini del viaggio della dinastia Florio, perché ”non bisogna mai dimenticare ciò che si è stati”.  La bellezza di Donna Franca che affascinava tutti, passava in secondo piano rispetto all’impegno, profuso aiutando gli altri, serbando nel cuore il dolore per sua figlia Giovannina, colpita dalla tisi: lei si sentiva vicina alla sofferenza delle altre madri per la morte dei loro bambini, anche per quello che, portato da Ignazio, le era morto tra le braccia. Franca, chiamata in famiglia “Grenny” (nonna) viveva un profondo tormento interiore, perché non riusciva ad avere un erede maschio, si sentiva considerata dal marito soltanto “un brillante oggetto prezioso da esibire” e, nonostante i suoi tradimenti ,  non si sarebbe mai arresa, perché in lei vi era un concetto forte della famiglia, al di là degli scandali. Era molto generosa e esprimeva, con gesti concreti, la sua solidarietà nei confronti dei bisognosi, come verso il piccolo orfano Natalio, di cui si prenderà cura per sempre, perché era convinta che “i bambini hanno tutti uguali diritti di essere bambini”. Il sentimento forte di invidia e le maldicenze verso la dinastia Florio, che si era creata dal nulla e aveva investito i proventi delle proprie attività, aprendosi sempre a nuove esperienze, come la promozione delle corse automobilistiche attraverso la creazione della “Targa Florio”, avevano preso il sopravvento alla notizia delle difficoltà economiche in cui versavano. Essi si erano sempre “rimboccati le maniche” sperando in un aiuto dall’alto, da un governo che non teneva conto delle necessità e dei bisogni del Sud, ma invano: essi erano andati per la loro strada, ma rischiavano il tracollo finanziario.

Stridente è il contrasto nella descrizione di un’ esistenza vissuta nella ricchezza, che tuttavia non era mai ostentata, ma rifletteva il loro amore per il bello,  in ville e residenze altolocate, segnate tuttavia dal dolore e dal lutto per la morte, in tenera età dei suoi figli: Franca spesso sedeva accanto alla finestra e le sue guance si rigavano di lacrime al ricordo dei “fantasmi dei suoi figli rimasti bambini per sempre”. Attraverso le pagine del libro, riviviamo la magia delle note dolcissime delle musiche suonate da Puccini, che riempivano di emozioni il cuore di Giulia, le vacanze all’Abetone, luogo dell’incontro con Achille, che poi diventerà suo marito, gli sguardi languidi e innamorati. Giulia, sin da piccola, sapeva già cosa voleva, era determinata, ma sapeva arrendersi quando era il caso. Profondo era il legame con sua sorella Igiea e sentì molto la sua mancanza quando si sposerà e andrà a vivere lontano, ma rappresenterà per lei sempre un faro e un porto sicuro. Giulia era consapevole del fatto che la loro  ricchezza si stava esaurendo, nonostante sua madre continuasse a organizzare ricevimenti e a vivere nel lusso. Donna Franca Florio era la dama di compagnia della regina Elena del Montenegro: possedeva una carrozza e decise di fare della propria immagine di donna bella e seducente una sorta di forma di auto sostentamento: in realtà il suo era un modo per celare la propria insoddisfazione, dovuta al profondo senso di solitudine e mancanza di amore da parte del marito. I gioielli, posti quasi con noncuranza sul letto e che agli occhi di Giulia rappresentavano una realtà luminosa e affascinante, erano in realtà il velo che copriva il suo disperato tentativo di essere amata, ma che celava dietro l’orgoglio e la sua irrequietezza. Giulia ricordava con nostalgia i momenti di spensieratezza dell’infanzia, con il costante desiderio che il padre le raccontasse la storia della sua famiglia e il segreto piacere mentre rimirava gli affreschi della villa, che si trasformò improvvisamente in un senso di paura quando ascoltò, dalla porta socchiusa, la notizia del fallimento. Cominciò a rinchiudersi in se stessa, lasciandosi andare ad “un pianto che nessuno avrebbe consolato”. Giulia condivideva i sogni e le speranze con l’amica Renèe e cominciava a valutare le proprie scelte da sola, poiché voleva “intessere una propria trama del mondo”, opponendosi all’irresponsabilità degli adulti nel gestire i loro amori dissennati. A contatto con l’istitutrice Martina,  cominciò a riprendere vita, nonostante l’assenza della madre, travolta dalla passione per il gioco e del padre, che viveva una relazione adultera di cui tutti erano a conoscenza, come nel giorno della festa di Santa Rosalia in cui si fece notare la sua assenza, nonostante lo sguardo altero di Grenny. Giulia si rendeva conto della fragilità nascosta di sua madre e dell’impossibilità di ricostruire quello che si era frantumato e rivelava una profonda sensibilità, attraverso il forte legame che aveva con le sue nipotine a cui era molto affezionata.

La giovane Giulia era affascinata dal mondo automobilistico frequentato dalla sua famiglia e dalla conoscenza di molte persone famose e famiglie nobili che le gravitavano intorno, come la stilista Coco Chanel, amica di sua zia, che la introdusse in un mondo nuovo. Il matrimonio con Achille fu sereno, anche se all’inizio si crearono delle tensioni nel confronto con sua suocera, che non aveva stima della sua famiglia, poiché versavano in condizioni economiche precarie, ma poi si risolse positivamente e creò tra loro un forte legame. Significativo fu l’impegno umano e sociale di Giulia e di suo marito che accolsero e aiutarono molti ebrei, facendoli passare attraverso il loro palazzo. Giulia si impegnò a far arrivare generi di prima necessità e scorte alimentari, preoccupandosi per i loro bisogni – “tutti furono suoi figli”. I tedeschi fecero irruzione anche nel loro palazzo e saccheggiarono tante case, portando via vecchi, donne e bambini. Vincenzo Florio venne arrestato dalle SS assieme a sua moglie e Giulia riuscì con coraggio ad avere un colloquio con il comandante Kappler per chiedere la scarcerazione di suo zio: la fama e la buona reputazione di Vincenzo fece in modo che fosse liberato.

Giulia aveva sempre minimizzato il suo eroismo per aver salvato tante famiglie, ogni gesto era dettato dal cuore, riuscirono a salvare tante famiglie – “ma per mia madre erano solo Ester, Ruth, Miriam”e il loro impegno fu riconosciuto dal premio  “Giusto tra le nazioni” che ottennero il 24 ottobre 2002. La personalità di Giulia era densa di sfaccettature: l’”indomita leonessa”, come la chiamava suo marito, si impegnava a favore delle donne, per promuovere in loro una coscienza critica, ma, la sera, inventava  favole per cullare il sogno dei suoi figli. Bellissimo è il primo ricordo, appena nata, di Costanza, l’autrice del libro: l’affresco del Guercino di Armida e Rinaldo sulla volta del palazzo in cui venne alla luce. Il racconto della storia della famiglia è stato fondamentale per lei, per recuperare il ricordo delle sue radici forti, custodite anche nella statua del “Leo bibens”, simbolo di famiglia e l’eredità morale che Giulia le ha lasciato si racchiude in una semplice frase: “ricordarci di ricordare”, per non perdere mai il contatto con il proprio passato.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI