“La canzone di Achille” di Madeline Miller

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo di esordio di Madeline Miller, premiato con l'Orange Prize nel 2012

“La canzone di Achille” di Madeline Miller. Un sentimento e un legame profondo tra due esseri consapevoli di essere in balia di un destino ineluttabile, che tuttavia si cercano e si completano, pur tra i contrasti e le difficoltà di un’unione mai accettata. E’ Patroclo che parla in prima persona, egli che nonostante il nome impostogli – “onore del padre”  – ha vissuto un’infanzia difficile, finchè è stato addirittura esiliato, reo di aver ucciso un uomo. E’ la storia di un travaglio interiore di un giovane che non si considerava “nessuno di importante”, di una lotta per affermare senza paura i propri sentimenti di affetto verso Achille, il cui padre Peleo l’aveva generosamente accolto, ma anche di invidia e di ammirazione nei suoi confronti, perché “così dovrebbe essere un principe”, in cui si avvertiva una sorta di presagio di pericolo. Patroclo vive in una perenne tensione e soffre per la disapprovazione degli altri, ma procede nel suo percorso di vita, anche se a volte si sentiva perseguitato dall’ immagine “del morto che cercava vendetta”. Achille “era come una fiamma”, sapeva di avere un destino di eroe e semidio e nessuno doveva vederlo combattere, perché era il migliore e doveva sovrastare tutti. Ma il suo cuore era quello di un mortale, capace di sentimenti profondi ed egli sceglie Patroclo come compagno di vita e di arme e lo accoglie presso di sé, attirandosi “l’ira funesta” della madre Teti, che lo considera un intralcio nel percorso di vita di suo figlio Achille e gli dice che morirà presto. Ma i suoi sforzi di spezzare il loro legame, rafforzato anche dall’emozione che Patroclo prova al suono della lira di sua madre tra le mani di Achille, si rivelano vani.

La rassegnazione di Achille di affidarsi a ciò che il destino e gli dei hanno deciso per lui riempie il suo cuore di dubbi e interrogativi e, alla domanda che Patroclo gli rivolge: ”Achille, vuoi diventare un dio?”, significativa è la sua risposta:”Non lo so”. Achille è costretto a partire,  perché gli è stato affidato come maestro Chirone e deve lasciare l’amico, ma Patroclo scappa dal castello e lo raggiunge, nonostante il veto di Teti, che li scopre e minaccia Patroclo, che tuttavia viene rassicurato dal centauro Chirone, che protegge il loro rapporto. Achille, forte della sua passione, è consapevole che egli sarà il primo eroe ad essere felice, perché decide di fare una scelta, nonostante le conseguenze. Ma Achille viene rapito da sua madre Teti e Patroclo rimane all’oscuro di dove sia, comincia a cercarlo, disperatamente ed era come se ”il tempo si fosse ripiegato su se stesso”. Aiutato da Peleo, lo raggiunge nell’isola di Sciro, dove Teti lo ha nascosto tra le donne per evitare che vada in guerra e che si avveri la profezia e finalmente Achille e Patroclo si rincontrano. Deidomia tenta di sedurlo e aspetta un figlio da Achille, che viene scoperto da Odisseo , anche se agghindato da donna, perché afferra la spada, quando avverte il pericolo ed egli gli chiede di combattere per guadagnare l’immortalità. Il confronto con il re Agamennone a cui Achille concede la propria schiava Briseide crea contrasto tra Achille e Patroclo che lo accusa di utilizzarla allo scopo di poterlo sconfiggere e di essere preda di “hubris”, l’orgoglio e l’arroganza del potere. Viene tratteggiata dall’autrice una sorta di senso di protezione di Patroclo nei confronti di Achille e di dolcezza nei confronti delle schiave, sui cui visi aleggiavano “macchie di dolore”, anche quando aiuta Briseide ad insegnar loro il greco.

Il destino di Achille sta per compiersi e sua madre Teti, durante i loro incontri all’alba, cerca di dissuaderlo nel prendere parte alla guerra. Patroclo si rende conto che Achille si è smarrito tra le doppiezze di Agamennone e Odisseo, tra le menzogne e i giochi di potere: egli non ha mai dovuto affrontare una sconfitta ed è deciso a non combattere mai. Patroclo gli chiede di combattere al suo posto, utilizzando  le sue armi, in modo che “avrebbe salvato gli uomini e lui da se stesso”. Achille gli chiede di non combattere, ma Patroclo ormai ha preso la sua decisione; quando viene colpito, l’ultimo pensiero è per Achille, che alla notizia della sua morte, cade in uno stato di profonda sofferenza e decide di combattere, sperando che il suo nemico, Ettore, lo uccida. Egli dispone che le loro ceneri dovranno essere mescolate tra di loro, come segno del loro grande amore. Bellissimo e struggente è il finale, attraverso il colloquio tra la dea Teti, disperata nel suo dolore di madre e Patroclo, quando egli le trasmette, rivivendoli,  i suoi ricordi con lui, una sorta di riconciliazione tra loro che l’hanno amato.

A cura di Ilde Rampino

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