Futuro dell’IIA, gli operai chiedono certezze ai deputati M5s

Autoconvocazione dei lavoratori in forza allo stabilimento di Valle Ufita che chiedono lumi sul riassetto societario al Governo per il tramite dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle eletti in provincia di Avellino. Ad Ariano Irpino confronto oggi pomeriggio dalle ore 18 nella sala consiliare

Sul futuro dell’IIA gli operai chiedono certezze ai deputati M5s, come tramite con il Ministero dello Sviluppo Economico. A oltre due mesi dal via libera al piano industriale, presentato al Mise dall’azienda, la IIA di Flumeri non ha fatto progressi. Bloccato il Contratto di Sviluppo da 18 milioni, tutti gli impegni sono a rischio. La tabella di consegna dei pullman che dovrebbero essere realizzati in Valle Ufita è in forte ritardo. Ma senza l’attivazione del Contratto di Sviluppo la fabbrica non avrà futuro, in quanto senza un intervento di ammodernamento e riassetto, non sarà in grado di produrre.

Lavoratori e sindacato chiedono di conoscere a che punto il completamento del piano di ricapitalizzazione, che il 29 gennaio ha lasciata aperta una quota pari a 9 milioni di euro, destinata ad un soggetto non ancora individuato allora, né oggi. Per conoscere «la verità sul futuro della IIA», ad Ariano Irpino gli operai dell’ex Irisbus hanno convocato una assemblea alla quale parteciperanno i deputati M5s. Oggi alle 18, presso il Palazzo degli Uffici di Ariano Irpino gli operai chiederanno di sapere se e in che misura gli impegni assunti dal Vicepresidente Luigi Di Maio il 30 gennaio scorso saranno mantenuti.

«Industria italiana autobus potrà ora implementare il nuovo piano industriale di recente elaborato e condiviso dagli attuali soci che differentemente da quanto riferiscono gli interpellanti è così costituito: il 50 per cento è una partecipazione statale, di cui il 20 per cento Leonardo-Finmeccanica e il 29,95 per cento di Invitalia, il 20 per cento è di Karsan e il 29,95 per cento del nuovo socio industriale», aveva affermato rispondendo ad una interpellanza rivoltagli alla Camera dai gruppi di opposizione. «Industria italiana autobus non è fallita e lo Stato ha acquisito più del 50 per cento delle quote per accompagnarla nel suo rilancio. Le due promesse che avevamo fatto ai lavoratori sono state mantenute; ora, andiamo avanti per far sviluppare l’azienda con l’obiettivo di far tornare a fabbricare gli autobus in Italia».

Quegli impegni non hanno ancora ottenuto un seguito. Il Contratto di programma non è stato rilanciato né attuato, manca ancora il socio operativo, ci sono ritardi sulla consegna dei pullman, lo stabilimento di Flumeri non è ancora in condizione di produrre realmente. Nella sostanza, gli interrogativi che saranno posti oggi riguardano i punti toccati dal Vicepremier oltre due mesi fa nella sua risposta alla interpellanza presentata dalle Opposizioni alla Camera dei Deputati. Gli operai partiranno da questi impegni, rivolgendo alla deputazione pentastellata le richieste di chiarimenti sull’iter.


La risposta del Ministro Luigi Di Maio all’interpellanza rivolta al Mise dalle Opposizioni (integrale)

di Luigi Di Maio Ministro dello Sviluppo Economico (31 gennaio)

Questa interpellanza mi dà l’opportunità di ripercorrere la storia della crisi della società Industria italiana autobus, la storia del calvario dei lavoratori e delle loro famiglie. L’azienda è nata nel 2015 quando l’allora Viceministro dello sviluppo economico De Vincenti fuse l’ex Bredamenarini di Bologna con l’Irisbus di Avellino e le mise in mano all’imprenditore Stefano Del Rosso.

Il Vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio

Grazie alla sua storia e alla capacità dei suoi dipendenti, l’azienda è stata in grado di aggiudicarsi diversi appalti pubblici per fornire migliaia di pullman a comuni e regioni italiani. Ma Del Rosso, scelta sbagliata, non è riuscito a far rispettare le commesse e ha fatto entrare in società l’azienda turca Karsan. Morale della favola gli autobus non sono mai stati fatti né ad Avellino né a Bologna: una follia che si fatica anche solo a raccontare. Di conseguenza l’azienda non è mai decollata, la produzione di autobus in Italia si è azzerata ed i comuni e le regioni compravano mezzi prodotti in Turchia.

Questa è la situazione che ci siamo trovati a dover gestire in condizioni di emergenza, perché i lavoratori venivano da anni di esasperazione e senza alcuna certezza sul proprio futuro. La prima cosa che abbiamo fatto come Ministero è stato incontrarli e parlare con loro per ascoltare le loro richieste. Con loro abbiamo preso due impegni: non far fallire l’azienda, cioè non portare i libri in tribunale, e fare entrare lo Stato con una partecipazione e ci siamo subito messi all’opera. In una riunione del 10 settembre 2018 i miei diretti collaboratori hanno chiesto alle società garanzie in merito al pagamento degli stipendi arretrati e dei contributi dei dipendenti, nonché al pagamento delle utenze. Invitalia, presente alla riunione, ha proposto di valutare l’acquisizione di una partecipazione di minoranza. Successivamente, l’8 ottobre scorso, la società Leonardo ha fatto sapere di voler acquistare altre quote della società. A fine gennaio ho firmato il decreto autorizzativo dell’accordo di programma tra il Ministero dello Sviluppo economico e la regione Campania e ho dato mandato ad Invitalia di entrare nella compagine societaria dell’azienda al fine di implementare il rilancio produttivo dei due siti di Bologna e Avellino.

Il 29 gennaio scorso l’assemblea straordinaria di Industria italiana autobus ha pareggiato le perdite e ha deliberato l’aumento di capitale di 30 milioni di euro, già sottoscritto per complessivi 21 milioni di euro da Leonardo. L’aumento di capitale è stato in parte riservato ad un nuovo socio industriale che dovrà sottoscrivere la propria quota entro i prossimi sei mesi.

Quindi, Industria italiana autobus potrà ora implementare il nuovo piano industriale di recente elaborato e condiviso dagli attuali soci che differentemente da quanto riferiscono gli interpellanti è così costituito: il 50 per cento è una partecipazione statale, di cui il 20 per cento Leonardo-Finmeccanica e il 29,95 per cento di Invitalia, il 20 per cento è di Karsan e il 29,95 per cento del nuovo socio industriale. Industria italiana autobus non è fallita e lo Stato ha acquisito più del 50 per cento delle quote per accompagnarla nel suo rilancio. Le due promesse che avevamo fatto ai lavoratori sono state mantenute; ora, andiamo avanti per far sviluppare l’azienda con l’obiettivo di far tornare a fabbricare gli autobus in Italia”.


 

 

 

 

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