Cosa abbiamo scoperto sul Coronavirus

Donatella Malanga ricercatrice del laboratorio di oncologia molecolare del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale della Università Magna Grecia di Catanzaro condivide uno studio sul Covid-19 per fare il punto sul lavoro della ricerca medica

Cosa abbiamo scoperto sul nuovo Coronavirus.Donatella Malanga, ricercatrice del laboratorio di oncologia molecolare del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale della Università Magna Grecia di Catanzaro inquadra il covid-19 da un punto di vista scientifico, compendiando autorevoli fonti: Nature, Lancet, Science, The New England Journal of Medicine, The Journal of Hospital Infection. Ecco la sua analisi.


Cosa abbiamo scoperto sul Coronavirus

Cosa abbiamo scoperto sul Coronavirus

di Donatella Malanga | Ricercatrice del laboratorio di oncologia molecolare del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale della Università Magna Grecia di Catanzaro*

Un nuovo coronavirus, indicato come 2019-nCoV, è emerso nella regione di Wuhan in Cina alla fine 2019. Al 24 gennaio 2020 almeno 830 casi erano stati diagnosticati in nove paesi: China, Tailandia, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Vietnam, Taiwan, Nepal e Stati Uniti. In passato abbiamo avuto altre epidemie causate da coronavirus. Ci riferiamo all’epidemia nel 2002 di coronavirus responsabile della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV) e all’epidemia di coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV) nel 2012. 2019-nCoV è il terzo coronavirus emerso nell’uomo negli ultimi due decenni mettendo in grave crisi la Sanità Pubblica. Le domande principali a cui si cerca di rispondere sono diverse. Quelle che avrebbero bisogno di avere una risposta più urgente riguardano il rapporto tra trasmissibilità e patogenicità di questo nuovo virus respiratorio. Dalla modalità di diffusione sappiamo che il virus si trasmette in modo efficiente, quindi sebbene la sua patogenicità risulti apparentemente inferiore rispetto alla SARS, se eventualmente combinata con eventi di super-diffusione in casi specifici, consente  una diffusione su larga scala. In questo modo anche se il virus presenta apparentemente una bassa minaccia per la salute dell’individuo può comportare un rischio elevato a livello di popolazione, con gli effetti sul sistema sanitario pubblico globali e le conseguenti perdite economiche. Questa possibilità è alla base delle attuale misure adottate in Italia volte a rintracciare e diagnosticare ogni paziente infetto, ridurre i contagi e quindi a rompere la catena di trasmissione del 2019-nCoV. La rapida diffusione e condivisione di informazioni durante l’epidemia del 2019-nCoV ha superato quella che si è avuta per il MERS-CoV o il SARS-CoV, quest’ultimo virus è stato identificato solo dopo diversi mesi e con un genoma disponibile un mese dopo. Il 2019-nCoV è stato identificato e la sua sequenza genetica è stata resa disponibile entro un mese I dati della sequenza sono stati molto istruttivi all’inizio, in quanto attraverso l’identificazione della prima sequenza, risalente all’inizio di gennaio, gli scienziati e i medici hanno potuto rispondere alla domanda più elementare: quale agente patogeno sta causando la malattia? La seconda informazione riguarda il passaggio dall’animale all’uomo. Le sequenze del genoma virale ottenute  suggeriscono fortemente che c’è stato un solo passaggio da un animale nella popolazione umana. Se il virus avesse superato la barriera delle specie più volte, gli scienziati avrebbero identificato una maggiore varietà nel genoma nei primi casi identificati. I ricercatori finora hanno dimostrato che l’identità tra 2019-nCoV e SARS-CoV, riscontrata in una regione del virus importante per l’infezione, è del 76%. Sebbene molte proprietà epidemiologiche di 2019-nCoV devono ancora essere risolte, ci sono molte caratteristiche di trasmissione che si allineano più con il MERS-CoV che con il SARS-CoV. Le successive informazioni che abbiamo ottenuto riguardanti la sequenza genetica e le analisi strutturali che si sono succedute ci permettono di conoscere le molecole chiave di 2019-nCoV vale a dire la proteina sulla sua superficie apparentemente responsabile dell’entrata del virus nelle cellule polmonari. Diversi gruppi di ricerca stanno concentrando i loro studi nell’identificazione della “porta” attraverso la quale il virus entra nelle nostre cellule dando una prima risposta riguardante la capacità di 2019-nCoV di diffondersi nella popolazione. I ricercatori riportano di avere identificato il recettore sulle nostre cellule che presumibilmente insieme alla proteina di superficie del virus potrebbero rappresentare entrambi un potenziale bersaglio farmacologico. Uno studio recente ha valutato sperimentalmente la persistenza del coronavirus su superfici di materiale diverso e le modalità per la sua inattivazione. Cosa si può apprendere e recepire nel comportamento quotidiano da assumere? Le trasmissioni da uomo a uomo sono state descritte con tempi di incubazione tra 2-10 giorni, facilitando la sua diffusione attraverso goccioline (droplet), le mani o superfici contaminate. I ricercatori hanno valutato ed esaminato la letteratura scientifica e raccogliendo tutte le informazioni disponibili sulla persistenza dei coronavirus umani e animali su superfici inanimate, nonché sulle strategie di inattivazione con agenti utilizzati per la disinfezione chimica, ad es. nelle strutture sanitarie. L’analisi di 22 studi diversi ha rivelato che i coronavirus umani possono persistere su superfici inanimate come metallo, vetro o plastica fino a 9 giorni, ma possono essere inattivati ​​in modo efficiente entro 1 minuto mediante procedure di disinfezione delle superfici con etanolo al 62–71%, perossido di idrogeno (acqua ossigenata) allo 0,5% o ipoclorito di sodio (comune candeggina) allo 0,1%. Poiché ad oggi ancora non sono disponibili terapie specifiche per il 2019-nCoV, il contenimento precoce e la prevenzione di un’ulteriore diffusione sono cruciali per fermare la pandemia in corso. Quali sono i trattamenti farmacologici usati per il trattamento dei pazienti, ricordando che ad oggi  NON ci sono trattamenti specifici approvati per le malattie causate da coronavirus. Tra i farmaci che vengono rapidamente testati contro il nuovo coronavirus ci sono sia quelli usati per trattare l’HIV sai un farmaco antivirale sperimentale sviluppato per combattere il virus Ebola. Sono in programma o in corso centinaia di studi clinici su candidati farmacologici, per esempio remdesivir, un farmaco candidato originariamente sviluppato per trattare il virus Ebola. Questo farmaco non è ancora approvato per uso terapeutico e viene fornito per studi clinici. Al di fuori di questi può essere utilizzato per uso compassionevole, in questo caso per il trattamento in emergenza di singoli pazienti con Covid-19 in gravi condizioni e senza valide alternative terapeutiche. Nei casi di infezione avanzata non è facile determinare il grado di efficacia di questo farmaco, quindi sarà estremamente importante disporre di dati dei protocolli di sperimentazione clinica che si stanno avviando in queste ore e si stanno identificando gli ospedali in regioni con alta incidenza dell’infezione da coronavirus. La risposta del nostro organismo all’infezione da coronavirus è una reazione infiammatoria molto potente a livello polmonare, una delle possibili strategie per migliorare la sintomatologia è rappresentata dall’utilizzo di molecole antinfiammatorie. Una di esse è tocilizumab, una molecola già in commercio per il trattamento dell’artrite reumatoide e utilizzato anche per spegnere l’infiammazione nei malati di cancro. Sperimentato a partire da inizio febbraio su 188 pazienti cinesi, in oltre 20 casi si sono ottenuti miglioramenti. La sperimentazione non è ancora terminata quindi i risultati sono ancora parziali. Anche in Italia, anche se ancora prematuro dirlo,  ci sono indicazioni positive rispetto all’utilizzo di questo farmaco.  Sebbene il tocilizumab  non curi la malattia, contribuisce a migliorare la ripresa funzionale del polmone con un impatto positivo anche sull’emergenza sanitaria delle terapie intensive. Ciascuno di noi  deve fare la sua parte, stare in casa, limitare al massimo i contatti interpersonali e seguire le indicazioni date dagli esperti. #restiamoacasa.

(*): Fonti:Nature, Lancet, Science, The New England Journal of Medicine, The Journal of Hospital Infection


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