L'ingresso alla amministrazione provinciale di Avellino

«Conclusa la ricognizione sul territorio, adesso si entra nella fase operativa per la stesura del Piano d’ambito. La priorità è chiudere il ciclo integrato, con il potenziamento degli impianti». Il presidente dell’Ato rifiuti e sindaco di Montefredane, Valentino Tropeano, traccia il percorso per la riorganizzazione dell’ente e del servizio.

Valentino Tropeano, si daco di Montefredane e presidente dell’ente d’ambito irpino per i rifiuti

Come è andato il confronto con i sindaci irpini?

«Il 7 marzo abbiamo tenuto l’ultimo incontro, che ha visto la partecipazione delle amministrazioni di Avellino, della Valle del Sabato e del Montorese. Il clima che ho incontrato è stato in generale improntato alla collaborazione. Ormai rispetto al tema dei rifiuti è cambiato l’atteggiamento. C’è una maggiore consapevolezza e sensibilità riguardo alle azioni da mettere in campo».

Adesso come procederete?

«Si entra nella fase operativa ed imprimeremo un’accelerata al percorso. Già dalla prossima settimana lavoreremo al Piano finanziario e quindi allo strumento di programmazione».

Quali sono le indicazioni venute dal territorio e quali le priorità individuate?

«Il punto centrale è quello dell’impiantistica. Da parte dei sindaci è venuto il via libera al potenziamento delle strutture esistenti e alle integrazioni necessarie a raggiungere l’autosufficienza della provincia di Avellino. C’è poi il nodo della gestione del servizio. L’indicazione prevalente è a favore del pubblico. Ma entreremo nel merito della questione successivamente».

Nessuna levata di scudi, dunque, sull’ipotesi di nuovi impianti?

«Fortunatamente no. La discussione è stata affrontata con grande lucidità e senso di responsabilità. La legge pone in testa ai sindaci il compito di assumere decisioni. Gli amministratori debbono farsi carico dei problemi, individuando le soluzioni più idonee, e non creare ostacoli. E’ un dato di fatto che la strada più avanzata da seguire, ormai una strada obbligata, sia quella della raccolta differenziata spinta, che non può essere effettuata senza gli impianti necessari. Ed è in questa direzione che intendiamo muoverci. Altrimenti saranno altri a compiere le scelte per noi».

Attualmente come è strutturata la filiera e di quali interventi ulteriori c’è bisogno?

«L’Irpinia dispone già quasi di tutti gli impianti necessari. Parliamo di strutture a basso impatto: lo Stir di Pianodardine ad Avellino, l’impianto di compostaggio di Teora, quello di selezione del secco di Montella e la discarica di Savignano, oltre ad una serie di piazzole di trasferenza minori. C’è invece bisogno di potenziare alcuni degli impianti, come quello di Teora, per il quale abbiamo un finanziamento di 7 milioni di euro per passare da 4 mila tonnellate di rifiuti trattati a 16mila, riuscendo così a soddisfare quasi il 40% del fabbisogno dell’intera provincia di Avellino, che attualmente produce circa 36 mila tonnellate di umido all’anno. Infine c’è il nodo del biodigestore di Chianche da risolvere, per il quale è pronto uno stanziamento di 14 milioni più altri 6». (Leggi l’articolo)

Come pensa si chiuderà la vertenza di Chianche?

«In Consiglio di Stato pende il ricorso presentato da alcuni sindaci del comprensorio avverso alla decisione del Comune di Chianche di ospitare l’impianto. Vedremo come andrà a finire e quali soluzioni individuare. L’obiettivo che dobbiamo raggiungere tutti insieme è il miglioramento della filiera esistente, con impianti flessibili e dinamici».

Non teme ulteriori barricate, da parte di residenti e comitati civici?

«Ogni scelta finora è stata condivisa con i territori. Teniamo conto delle preoccupazioni dei cittadini e siamo pronti al confronto, ma poi bisogna decidere e risolvere i problemi. La tutela dell’ambiente e della salute delle persone per noi è una priorità, garantita da una serie di normative specifiche. Ci siamo inoltre confrontati anche con le parti sociali».

Dica pure…

«Sul funzionamento e sulla gestione degli impianti abbiamo raccolto le indicazioni dei sindacati e dei lavoratori. Nessuno più di chi opera nel servizio può conoscere criticità e potenzialità delle strutture. Soltanto con una programmazione attenta si possono evitare gli imprevisti».

ARTICOLI CORRELATI