Alto Calore, Ciarcia: l’ingresso di soci esterni aiuterebbe i Comuni. Assemblea il 14 per decidere

Tra pochi giorni i sindaci saranno chiamati a scegliere il futuro dell'azienda. Si fa avanti l'ipotesi di un'apertura a nuovi investitori. Il presidente dell'azienda idrica illustra le tappe del percorso.

Michelangelo Ciarcia, amministratore unico dell'Alto Calore Servizi, gestore idrico in Irpinia e gran parte del Sannio

«L’eventuale ingresso di soci esterni nell’Alto Calore, renderebbe l’aumento di capitale più sostenibile per i Comuni, aprendo nuovi scenari per l’azienda». L’amministratore unico della società idrica irpina, Michelangelo Ciarcia, si prepara per l’appuntamento con l’assemblea dei sindaci, previsto per il 14 dicembre, che dovrà dare il via libera al piano di risanamento proposto.

Dopo il faccia a faccia con il presidente della Provincia, Domenico Biancardi, tenuto ieri a Palazzo Caracciolo, insieme agli amministratori del territorio, l’obiettivo appare più alla portata. Ciarcia ha infatti incassato il sostegno dell’ente di Piazza Libertà, principale socio dell’Acs, che si è dichiarato anche favorevole ad un’apertura a nuovi investitori.

Presidente, al suo lungo giro di consultazioni si è aggiunta un’altra tappa, in attesa della verifica. Pensa che la strategia di risanamento, con relativo aumento di capitale, sarà approvata?

«Sono decisamente più fiducioso. L’operazione sta andando per il verso giusto. L’indicazione venuta dalla Provincia, sul coinvolgimento di soci terzi nella compagine, permetterebbe – con l’assenso dell’assemblea – una via d’uscita per gli enti non in grado di sottoscrivere nuove quote».

Quale sarà, dunque, il percorso?

«Lo stesso di prima, ma con una molteplicità di opzioni sul tavolo. Il punto centrale resta la ricapitalizzazione. Senza la quale non si può uscire dalla condizione di indebitamento. Se però si decide di aprire a nuovi investitori, i Comuni in difficoltà economiche non saranno costretti a farsi carico dell’operazione, ma dovranno dare lo stesso il proprio assenso. Le quote non sottoscritte verrebbero collocate sul mercato. Ma è una scelta che soltanto i soci dell’Alto Calore possono compiere, perché muta gli assetti dell’azienda. Per questa ragione, non spettava a me proporla».

Ci illustri nei dettagli i passaggi…

«Alla prossima assemblea i sindaci soci dovranno votare l’aumento di capitale, senza obbligo di sottoscrizione, e la modifica dello statuto della società, che da pubblica, diventerebbe mista, anche se il controllo resta pubblico e nelle mani dei soci attuali. Successivamente ci sarà un tempo, tra i 90 e i 120 giorni, per esprimere l’opzione di acquisto delle nuove quote di capitale. Su quelle inoptate, i Comuni sottoscrittori potranno avvalersi del diritto di prelazione previsto per legge. Dopo di che inizierà la fase di vendita, attraverso una gara ad evidenza pubblica. Tutti i passaggi saranno supportati da una perizia del professor Cozzoli».

I nuovi investitori non dovranno essere necessariamente dei privati, ma anche gestori pubblici. Non è così?

«Sì, certamente. Potranno essere operatori privati, pubblici o misti, ma anche investitori di altri settori che decidono di entrare nella gestione del servizio idrico».

Quali sono le cifre dell’operazione?

«L’attuale capitale sociale è di 27 milioni di euro. L’aumento sarà di altri 25 milioni, equivalente al 48% del totale del capitale programmato. Le quote avranno un costo nominale di un euro. Soltanto una parte delle quote verrebbero immesse sul mercato, ma in quel caso si applicherebbe un sovraprezzo che potrebbe portarle ad un costo di 1,2 euro. Le sottoscrizioni di nuovi investitori apporteranno risorse fresche, mentre i soci attuali compenseranno con i crediti vantati e rimasti inesatti».

La partita dell’affidamento della gestione, invece, come andrà avanti?

«Ci sono diverse soluzioni praticabili. Dovremo approfondirle e sottoporle al giudizio dell’assemblea. Tra queste c’è anche lo sdoppiamento delle società, con una dedicata in maniera specifica alla gestione del servizio ed un’altra alla rete».

La presenza di un socio privato potrebbe condizionare le scelte che si andranno a compiere?

«Ogni socio esterno avrebbe ovviamente diritto a dire la sua su qualunque scelta. Il suo potere decisionale sarebbe proporzionale alla quota sottoscritta. Se l’intero portafoglio di quote messe in vendita andasse nelle mani di un unico investitore privato, diventerebbe probabilmente il principale azionista della società e non possiamo nasconderci che sarebbe determinante, nonostante il controllo pubblico. Molto dipenderà, quindi, da ciò che i Comuni decideranno di fare. L’unica certezza ineludibile, lo ripeto, è che senza aumento di capitale non ci sarebbe futuro per l’azienda, ma solo il fallimento, con le conseguenze che ne deriverebbero».

 

 

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