Un tratto della Autostrada A16 Napoli-Canosa-Bari

La città di Avellino vivrà nei prossimi mesi la sua sfida decisiva, in una fase ormai lunga in cui l’Irpinia stenta a riconoscerla come riferimento.

L’ex presidente di Confindustria Sabino Basso, uno dei fondatori de L’Ulivo come Gerardo Bianco, esponenti politici del Pd e di Forza Italia come Enzo De Luca e Cosimo Sibilia concordano nel ritenere necessario ripartire da un progetto di cambiamento dell’Irpinia, del Mezzogiorno e del Paese, lasciando intendere che non bastano i tweet, le suggestioni e gli annunci, per dare una prospettiva di benessere a famiglie e imprese.

Il distacco tra cittadini e istituzioni e un crescente sentimento di sfiducia nella politica, alimentati dalla scarsa capacità di dare risposte ed esprimere una visione credibile di futuro da parte della classe dirigente cittadina, sono gli stessi mali che minano nel Paese l’autorevolezza e la solidità degli assetti istituzionali e di rappresentanza.

Di fronte ai grandi e complessi nodi economici finora irrisolti, la frustrazione del ceto politico avellinese ha prodotto una disarticolazione nei gruppi politici, talmente profonda da aver vanificato in gran parte programmi e obiettivi su cui era stato raccolto il consenso nel 2013.

In un crocevia storico delicatissimo per un Mezzogiorno provato dalla crisi economica, che ne ha impoverito famiglie e imprese, sottraendo il futuro a larghi strati della popolazione giovanile, partiti e movimenti non possono sottrarsi nelle istituzioni all’impegno responsabile e risoluto per un repentino miglioramento delle condizioni di crescita, sviluppo e benessere.

Una vista del centro urbano della città di Avellino

 

LE PRIORITÀ Al di là dei compiti prestabiliti per le amministrazioni comunali, in primo luogo erogare i servizi all’altezza degli standard europei, nell’immediato l’ente dovrà pianificare e programmare misure e interventi in grado di stimolare: 

– una ripresa dell’economia nel breve e medio periodo; 

– uno sviluppo economico e sociale basato sull’innovazione, l’eguaglianza, il rispetto della legalità, il contrasto alla corruzione, la sostenibilità ambientale e la sicurezza; 

– un riassetto dei servizi pubblici locali in grado di alleggerire gli oneri per i cittadini, migliorando la qualità e assicurando trasparenza. 

Non spetta all’ente locale creare posti di lavoro e realizzare investimenti produttivi, ma generare le condizioni utili perché dal mercato locale e globale giungano le risorse e le energie necessarie a questo scopo. Il Comune dovrà semplificare, sburocratizzare, agevolare con opportunità puntualmente stabilite nelle pianificazioni e programmazioni consentite dal quadro giuridico-economico nazionale e comunitario, rimuovere gli ostacoli, instaurando un clima di fiducia che renda appetibile investire ad Avellino, anche grazie ad un non secondario sforzo per conferire ad essa una immagine internazionale basata sull’eccellenza delle proprie risorse naturali, storiche, culturali e geografiche. Solo in un contesto basato sulle liberalizzazioni e sulla concorrenza, sulla formazione continua e la ricerca, la priorità del lavoro per i giovani e per le famiglie potrà tradursi concretamente in realtà, se si considera l’attuale scenario economico e tecnologico che sta ridefinendo i canoni stessi della produzione ad ogni livello. 

Nella lezione affidata al suo libro, ‘Il Piano inclinato’, il professor Romano Prodi ben argomenta su questa materia, indicando proprio nella formazione mirata e nel progresso tecnologico digitale le basi su cui costruire un nuovo modello di sviluppo occupazionale di qualità, in grado di contrastare le disuguaglianze senza pregiudicare la capacità competitiva. Ciò che va fatto prescinde dalle divisioni politiche, ma richiede uno sforzo di collegialità e collaborazione, partendo dalla consapevolezza che nessuno oggi può vantare un primato ideologico.

Questo è il punto centrale di un programma che deve aprire Avellino ai mercati, proiettando la città come polo attrattore sulla scena europea e internazionale, attraverso la valorizzazione di risorse interne e strumenti disponibili, quali: l’identità storica, le bellezze naturali; lo spazio vitale per attività produttive, ludiche e il buon vivere; la favorevole posizione strategica geografica, accanto a Napoli e tra i due mari; il potenziale enogastronomico in chiave di formazione e produzione; la ricchezza di risorse naturali; gli asset presenti a livello comprensoriale (industria e agricoltura); le eccellenze pubbliche e private (la sanità, l’informatica, l’energia, l’automotive e la ricerca); 

In questo quadro: la connettività (industry 4.0), l’innovazione in campo energetico (green economy), le infrastrutture della mobilità (autostrade e ferrovie), la predisposizione ad implementare la formazione superiore su scala nazionale, offrono gli strumenti per veder restituita dalla globalizzazione dei capitali un’economia reale in grado di produrre lavoro e reddito. La modernizzazione è un processo evolutivo irreversibile.

LA COMUNITÀ In una fase chiave per la riorganizzazione dei grandi servizi pubblici locali, nei prossimi dieci anni il Capoluogo dovrà guidare con decisione, in un contesto di ordinato e trasparente dialogo tra istituzioni e territorio, il riassetto in campo ambientale (rifiuti, acqua, energia), nei trasporti (logistica e collegamenti), nell’urbanistica e in ambito strategico-economico, elaborando i nuovi modelli a partire da una necessaria e inderogabile apertura alla concorrenza e al mercato, concepita e sviluppata entro i rigidi argini dell’interesse pubblico e della massima legalità, sotto l’egida delle autorità competenti. 

La città deve integrare le risorse pubbliche, garantite dall’Europa attraverso lo Stato e la Regione, con capitali privati finalizzati alla trasformazione, alla produzione, alla logistica e ai servizi, proponendo nel contempo un polo culturale (e archeologico) su scala provinciale, che riveli ed esalti le radici sannitiche e romane, valorizzi la storia medievale, recuperi il patrimonio identitario familiare locale che nei secoli qui si è sviluppato per influenzare la vicenda meridionale e nazionale. Avellino deve ritrovare l’orgoglio della propria storia, valorizzando le proprie antichissime radici, che ne fanno uno dei crocevia campani e meridionali fin dalla tarda età repubblicana di Roma. Avellino deve riprendere ed attualizzare le tante felici intuizioni espresse nelle amministrazioni del passato, accumulate a partire dagli anni ’70, rielaborate alla luce della ricostruzione post-sisma negli anni ’80 e ’90, culminate in una visione strategica della città europea che agli inizi del nuovo millennio fu distillata nel primo Puc del Capoluogo, matrice da cui occorre ripartire per dare forma alle nuove sfide imposte dalla economia globale e dalla connettività, in un contesto sociale finalmente riunificato e definito sul piano identitario. 

L’IDENTITÀ Ostacolata da troppi invisibili muri e barriere in questi anni, questa dovrà affermarsi come la città delle possibilità, il luogo più avanzato e moderno di un Mezzogiorno finalmente in grado di rilanciare con il resto del Paese e con l’Europa la sfida su una modernità che si traduca in civiltà e innovazione.

La posizione geografica favorevole, l’ampio comprensorio che offre spazio vitale a ogni ambito della competizione industriale e produttiva, possono permettere al Capoluogo e alla sua provincia di catalizzare in Irpinia gli investimenti che contano ai fini dell’occupazione, quelli realizzati dal mercato. Una Avellino aperta, accogliente, dove poter crescere, evolvere e lavorare, deve diventare ordinata e sicura, solidale e, soprattutto, coesa. 

Ecco, è la coesione una delle precondizioni per realizzare la nuova città. Lo spettacolo indecoroso offerto dal consiglio comunale in questi anni ne ha messo a repentaglio il senso di comunità, estraniando soprattutto le giovani generazioni. Per questo, l’altra decisiva precondizione è la partecipazione, strumento necessario per realizzare una città inclusiva, aperta alla collaborazione e al contributo, fondata sul consenso e la corresponsabilità. Toccherà agli avellinesi far crescere la propria città. Compito della politica sarà agevolarne l’iniziativa, il protagonismo, la buona volontà. In questo senso, prima ancora di ottenere con il voto il diritto-dovere a guidare una nuova fase amministrativa, la elaborazione del programma sarà l’occasione per sperimentare un modello di governo dei processi amministrativi, politici, economici e sociali, che richiedono condivisione, compartecipazione e dialogo, nel solco europeo. Non solo tavoli tematici e focus nei quartieri per approfondire con l’ascolto la condizione di chi vive i disagi delle periferie, ma veri e propri progetti da mettere in cantiere al cospetto dell’elettorato, che con il proprio consenso dovrà legittimarne la necessità e sostenerne la realizzazione. Uno spazio particolarmente qualificante dovranno avere le politiche sociali, dalla famiglia e dalle giovani coppie all’infanzia, dagli adolescenti agli studenti e ai giovanissimi lavoratori, dal disagio economico a quello sociale, quindi le politiche per la salute e l’integrazione.

L’INCLUSIONE La povertà è un tema fondamentale di questi anni a livello continentale. Avellino dovrà essere la città dell’accoglienza e delle opportunità, una porta sul mondo, tra i due Mari, il Mediterraneo e l’Europa, ma non dovrà dimenticare chi soffre ogni giorno per sopravvivere. Servono nuove politiche sociali per l’accesso alla casa.

Nel Capoluogo abitare dovrà diventare un diritto, fondato sulla sicurezza sismica, sulla qualità architettonica, ma anche sulla offerta in grado di corrispondere a tutte le esigenze e le tasche. Efficienza energetica, funzionalità, sicurezza, alti standard, quindi bellezza. 

LA CRESCITA Aprendosi, Avellino dovrà crescere anche demograficamente, insediando giovani famiglie attratte dalle nuove opportunità di lavoro e benessere che la trasformazione offrirà. Dopo quasi vent’anni dedicati alla riqualificazione urbana (iniziata idealmente alla fine del 1998 con il primo pioneristico ‘Contratto di Quartiere’ proposto dal compianto Domenico Fraternali e da Nuccio Di Pietro), è tempo che Avellino qualifichi il proprio patrimonio edilizio privato, generando contemporaneamente quelle economie che potranno dare in termini di crescita e modernità un contributo fondamentale al futuro degli avellinesi nel prossimo ventennio. 

Connettività e industria 4.0 saranno il perno della politica economica. Cruciale per le sorti economiche dell’intero Occidente, la connettività rappresenta la base dell’intero sistema produttivo nel prossimo decennio, consentendo relazioni, transazioni e produzioni simultanee nel mondo. Annullando il tempo e lo spazio, la connettività impone l’istante come la misura dei rapporti economici, consente di leggere in tempo reale la domanda, unisce funzionalmente fabbriche e città, cancellando i confini. La connettività è il mattone con cui costruire i nuovi ambienti del lavoro, della formazione e della ricerca. La connettività per Avellino potrà rappresentare la porta per entrare in un mondo dove dovrà permettere ai propri figli di affermarsi ed eccellere.

LA FORMAZIONE La nuova economia globale connessa non camminerà solo sulle stringhe alfanumeriche, ma sulle gambe di dirigenti in grado di guidare i processi di crescita e sviluppo, di progettare il futuro amministrando il presente. Il tempo di dare corpo e sostanza ad una intuizione del compianto sindaco Antonio Di Nunno, che a lungo si è speso per portare ad Avellino, capitalizzandone la centralità geografica e la vicinanza con Napoli, una università internazionale in scienze economiche e una alta scuola manageriale. Un campus dove formare i manager per un Mediterraneo dello sviluppo, del benessere, della democrazia e della crescita, dopo i decenni bui dell’esodo tragico, del terrorismo fondamentalista e della disperazione diffusa.

Con la connettività, il sapere è il motore di ogni sviluppo economico moderno. 

Un programma siffatto non avrà solo il merito di restituire una speranza agli avellinesi, ma contribuirà a ridare centralità ad una politica che deve tornare il faro della nostra società, all’alba di una nuova fase costituente per un’Europa che si prepara a sconfiggere nella culla i nascenti populismi. 

Il dovere di ciascuno oggi è creare le condizioni politiche perché questa prospettiva possa concretizzarsi in azioni reali.

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